45. Hermione spiega tutto

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Gli studenti stavano cenando in sala grande quando si sentì un urlo venire dal tavolo dei Serpeverde.
"No! No! No! Non voglio!" Tutta la sala si girò. Qualcuno si alzò in piedi, per vedere meglio.
La professoressa McGranitt si alzò e si diresse verso il tavolo verde argento.

Pansy non riusciva a credere alla reazione della sorella. Quando le aveva detto che sarebbe andata con lei in Francia aveva urlato e fatto quella sceneggiata. Si sentiva in imbarazzo: tutti si erano girati verso di loro. Anche i professori.
Sua sorella aveva gli occhi fuori dalle orbite e piangeva. Le sembrava una reazione esagerata. Che fosse colpa degli ormoni?
"Dai, calmati. Che non ti fa bene."
Le appoggiò il braccio sulle spalle, ma la giovane Serpeverde la scansò e corse via dicendo: "Vuoi rovinarmi le vacanze? Non faremo come dici tu!" Pansy ci rimase malissimo. Non era stata scortese e non l'aveva obbligata a fare niente, stavolta. Le aveva solo detto che sarebbe andata con lei e Camille aveva fatto quel casino.
Non voleva rovinare le vacanze a nessuno. Era solo preoccupata. E non era preoccupata per una cosa da poco. Lo sapeva.

La Mcgranitt le andò vicino chiedendo se avesse bisogno di parlarle, ma Pansy scosse la testa. Cosa avrebbe potuto dirle? Si alzò dal tavolo e si avviò verso il portone di uscita dalla sala grande.

Hermione si alzò quando vide la Serpeverde uscire. Si alzarono anche Ron e Ginny.
Harry si guardò intorno, rendendosi conto improvvisamente di essere rimasto da solo.

Fuori faceva freddo e nessuno di loro si era portato il mantello. Improvvisamente, Ginny si trovò con il fratello e Hermione fuori in cortile, a cercare la Serpeverde. Perché erano venuti anche loro? Non si fermò a chiederlo.
Andò direttamente nel posto preferito di Pansy per fumare, ma lei non c'era. Si guardò intorno, ma stava morendo di freddo e la mora non era da nessuna parte. Probabilmente non era uscita dal castello. Magari aveva girato prima del portone del castello ed era andata nei sotterranei.
Vide Hermione tornare dentro. Pensò di seguirla quando sentì suo fratello dire: "Ma cosa è successo?"
La rossa si voltò. "Tu perché sei uscito?"

Ron sentì le orecchie andare a fuoco. Non si era accorto di essersi alzato e aver seguito la Parkinson finché il freddo non gli aveva artigliato il collo. Ora? Cosa dire?
"Bo. Ho sentito delle grida, ho visto della gente scappare, non so cosa mi è preso."
S'incamminò con la sorella verso il castello, guardandola con la coda dell'occhio. Sembrava crederci. Ma a un certo punto, Ginny si fermò davanti a lui e si girò, mettendogli una mano sul petto.
"Aspetta" disse.

Ginny non era totalmente stupita. Avrebbe dovuto arrivarci prima. C'erano stati tanti piccoli particolari che avrebbero dovuto farglielo notare. Doveva essere stata distratta. Per un attimo pensò di non dire niente. Non voleva mettersi in mezzo. Sapeva quanto fosse odioso. Ma dall'altro...
Si voltò verso il fratello e lo fermò. "Aspetta", disse e prese fiato. Era ancora più difficile dell'altra volta. "Non farlo. Lei non è così come pensi".
"Cosa?"

Ron pensava di non aver capito bene. "Non so bene perché cerchi di portartela a letto. Per Godric, sì lo so: è molto carina. Ma... davvero. Non farle questo. Lasciala stare" bisbigliò alla fine.
Lui fece finta di non capire ed escalmò: "Ma cosa dici? Io non sto facendo niente!", ma Ginny alzò un sopracciglio con un'espressione seria.
"Davvero Ronald?" Maledettamente seria. "Non dovrei dirtelo, lo so, ma ti prego, per favore, non farle questo. Lei non è... come pensavamo".

L'ultima cosa di cui aveva bisogno Pansy era di uno come suo fratello. Lui, in quella fase 'mi sento il più bello della scuola' che si scopava tutto ciò che aveva a disposizione. E lei le aveva viste. Come quell'oca di Latonya. C'erano delle ragazze a cui bastava veramente poco per infilarsi nel letto di chiunque.
Per quanto avesse odiato la Serpeverde, da quando la conosceva davvero, Ginny sapeva che era in gamba e aveva bisogno di trovarsi un ragazzo che le volesse davvero bene. Di ragazzi che volevano solo portala a letto, la scuola era piena.
"Lei si merita qualcosa di diverso" disse ancora, ma non lo guardò. Rimase un attimo zitta e riprese a parlare, anzi mentì: "E poi è fidanzata".
Che almeno servisse a qualcosa.


Se Ginny gli avesse dato uno schiaffo sarebbe stato meno colpito. E avrebbe fatto meno male. Anche sua sorella pensava che lui non valesse niente? Lui guardò verso il castello e la liquidò.
"Non so proprio di cosa stai parlando. Ho freddo, vado dentro."
La lasciò lì e non si guardò indietro mentre raggiungeva la porta d'entrata.

Anche Hermione stava tremando per il freddo, e quando tornò in Sala grande, vide la Parkinson dirigersi verso i sotterranei con Zabini. La mora si voltò e i loro sguardi s'incontrarono.
Poi la Serpeverde scosse le spalle e le sorrise mesta. Le fece cenno che avrebbero parlato alla ronda.
Hermione annuì e la lasciò andare. Tornò al tavolo dei Grifondoro e vide Harry seduto da solo che mangiava. Decise di iniziare da lui.
Dopo quello che aveva saputo la sera prima, pensava che fosse il male minore. E poi voleva un po' di spiegazioni. Ed era pronta a darne anche lei.

***

Hermione si sedette vicino a Harry, invece che sull'altra panca, e disse solamente: "Harry".
Lui alzò lo sguardo verso di lei e capì, guardandola, che stava per parlargli di qualcosa di serio. E la riccia attaccò: "Perché hai lasciato Ginny?"

Il viso di Harry si adombrò. Non voleva parlare di Ginny. Con nessuno. Anche se effettivamente, se l'avesse fatto prima, forse avrebbe avuto anche un'altra opinione.
"Non voglio dirtelo", riprese la forchetta e tornò a mangiare. Ma l'amica lo frequentava da sette anni e lo conosceva molto bene.
"Non vuoi che pensi male di lei?" Lui spalancò gli occhi senza dire niente e poi annuì. "Non penserò male di lei. Anche lei è mia amica". E gli sorrise.

Hermione vide il momento preciso in cui Harry cedette. Prima i suoi occhi e poi le sue spalle. Alla fine disse: "Pensavo mi avesse tradito".
"Pensavi?" Quella parte Hermione già la conosceva, ma voleva che fosse lui a spiegargliela. Lui annuì e guardò in basso.
"Sì. Lei dice che non l'ha fatto. E io le credo. Ma prima..."
Hermione gli appoggiò una mano sulla sua e disse semplicemente: "Ti va di raccontarmelo?"
Così lui glielo spiegò: di come si era svegliato dall'incubo di Voldemort, della mappa del malandrino, di Malfoy, del pensiero che si stessero baciando, di averli visti che andavano al settimo piano, della porta della stanza delle necessità, di loro due che entravano e anche... di lui che aspettava nascosto.
"Davvero hai aspettato dietro la statua del Cavaliere D'Argento?" Harry annuì. Non aveva idea di chi fosse il Cavaliere d'Argento, ma c'era solo una statua, quindi era proprio quella.
"Sì. Mi ha svegliato la McGranitt. Poi il giorno dopo Ginny aveva una faccia... e ha mentito a Ron. Ti ricordi? Era la mattina che ti ho chiesto il mantello. Ginny ha detto che andava tutto bene e invece non era vero."
Hermione sospirò. Era arrivato il momento. "Sì, mi ricordo. Lei aveva una brutta faccia perché non aveva dormito a causa mia e ha mentito a Ron dicendo che andava tutto bene, perché glielo avevo chiesto io".
Harry la guardò "Colpa tua?"
La riccia annuì. "Ero io nella stanza delle necessità. Ho mandato Ginny a prendere Draco nei sotterranei per portarlo al settimo piano. E l'ho mandata con il mantello dell'invisibilità. Per quello erano così vicini".
La voce di Harry si sentì a malapena quando chiese: "Perché?"
"Perché stavo male. E Draco aveva la pozione giusta per aiutarmi. Ginny ha aiutato me. E le avevo chiesto di non dirlo a nessuno. Non va neanche tanto d'accordo con Draco, bisticciano in continuazione. Come con Ron."

Harry faticava a credere alle proprie orecchie. E poi... perché Hermione chiamava Malfoy per nome?
"Draco?" chiese bisbigliando. Lei arrossì e Harry spalancò la bocca. Per Godric, Salazar e compagnia bella! Hermione? Hermione e Malfoy? Harry rise. Una risata nervosa, stridula e acida. Poi continuò, non riusciva più a smettere. La sua risata divenne più distesa, il petto gli si allargò e iniziò a emettere strani rumori dalla gola. Hermione lo guardava stranita. Nel giro di un minuto la sua risata divenne sincera, bella e contagiosa.
La riccia sorrise e cercò di fermare anche lei la risata che sentiva crescere in gola, ma non ci riuscì. Alla fine, quando finirono di ridere, Harry tornò serio.
"Sono un idiota" dichiarò.
"Mi sa proprio di sì" gli rispose lei.

"Perché stavi male?" Hermione cercò di spiegare quello che era successo in quei mesi. Della cicatrice, dei dolori, della pozione di Draco, della scoperta del "Blocco della mente" e di tutto il resto, in un lasso di tempo breve, ma fu difficile.
"Non ce l'hai detto."
"No. Mi vergognavo" ammise  lei, abbassando lo sguardo.
"Non avresti dovuto" la sgridò Harry.
"Ora lo so" Il ragazzo le circondò le spalle con il braccio e le diede un bacio sulla guancia. Quando si guardarono intorno, si resero conto di essere rimasti quasi da soli.
"Ho la ronda. Magari riesco a parlare anche con Ron" disse Hermione alzandosi e Harry annuì. Lui doveva cercare Ginny.

Quando Hermione arrivò nella stanza dei prefetti, Ron non c'era. Ma c'era Hannah, che quella sera non doveva venire.
"Ciao Hannah, tutto bene?" Lei sorrise. Era così carina.
"Sì. E Te? Ron mi ha chiesto di sostituirlo, così sono venuta."
Hermione spalancò la bocca. Perché Ron si era fatto sostituire senza dirglielo? Scambiò qualche parola con lei poi si guardò in giro cercando la Parkinson. Quando la vide, le andò vicino.
"Oh, ciao. Che è successo a cena?" le chiese.
Anthony chiamò per la ronda e Hermione decise di fare il giro con la Serpeverde.
"Ho detto a Camille che l'avrei accompagnata in Francia e lei l'ha presa malissimo" spiegò la Parkinson mentre uscivano dalla porta.
"E te? Come hai preso la sua reazione?" La mora alzò le spalle, ma la Grifondoro notò che c'era rimasta male. "E ora? Che farete?" chiese ancora.
"L'accompagnerò. Una volta là, vedrò. Tornerò indietro e ripartirò ogni tanto, giusto per assicurarmi che vada tutto bene" rispose, alzando le spalle.
Hermione pensò che sarebbero state veramente delle brutte vacanze, così. "E se non sarai là, dove andrai a Natale?"
La Serpeverde si voltò verso di lei. "A Natale?"
"Sì, sai il 25 dicembre?" La Serpeverde guardò dentro un'aula sul suo lato del corridoio, mentre Hermione guardava nell'altra.
"Ho delle cose da fare" spiegò, rimanendo sul vago.
"Tipo?" domandò Hermione. Il viso della mora si distese, mentre sorrideva. "Ah, non ti preoccupare, non andrò a casa di Draco".
"Io non intendevo..."
"Ah no?" chiese e la guardò con un sorriso strano. Hermione volse lo sguardo altrove.
"Scusa" cercò di giustificarsi.
"Oh, non preoccuparti. Io... ho trovato casa di mio padre. Quella dove vivevamo prima che morisse. È da sistemare, ma è in buone condizioni. Pensavo di andare ad abitare lì, una volta uscita da qui. Dovrei fare un sopralluogo e sistemare alcune cose..."
"Perché non andrai da Draco? Narcissa ti ha invitato."
La Parkinson era quasi triste quando spiegò: "Non posso andare da lei. Per delle cose che ho... fatto".
Lei non sapeva che Hermione conosceva già la storia. La riccia immaginò che fosse imbarazzata per aver imbrogliato Draco e la sua famiglia. Infatti la Serpeverde guardò altrove, come se si vergognasse e controllò ancora l'ultima stanza. Hermione non disse niente, mentre tornarono indietro.
Poco prima della stanza dei prefetti le disse: "Parlerò con Kingsley, comunque. Magari qualcosa si può fare e non dovrai andare avanti e inidetro".
La Serpeverde la guardò e rispose: "Ti ringrazio, ma non dire che è per me. Non siamo visti molto bene al ministero, noi figli dei mangiamorte". Detto questo entrò nella stanza e chiuse l'argomento.

***

Ron quel giorno era stato introverso e irritabile. Erano due giorni che pensava a quello che gli aveva detto Ginny. Ed era stato lontano. Dalla Parkinson, anche da Ginny, onde evitare. Harry gli aveva chiesto almeno venti volte se andasse tutto bene e lui, da gran codardo qual era, non gli aveva raccontato la verità.
Si vergognava troppo. Sua sorella non solo aveva capito quello che lui provava (e se n'era accorta a una velocità sorprendente, visto che lui ci aveva messo una vita a capirlo), ma gli aveva anche detto di lasciar stare tutto. Che la Parkinson si meritava ben altro.
Probabilmente aveva conosciuto William. Anche se sapeva pochissimo di lui, Ron se lo immaginava affascinante e alto come Bill (anche se sapeva che era biondo), simpatico e bravo come Charlie e divertente e spiritoso come Fred e George insieme.
Per quanto ci pensasse, non riusciva a trovare una somiglianza con Percy. Sarà stato che ai suoi occhi il fratello non aveva grandi qualità. Chissà. Forse lui e Percy erano simili: non avevano qualità. Che qualità aveva lui, Ron, a parte quella di essere un amico dei salvatori del mondo?
Cambiò posizione sulla poltrona e pensò anche a tutti gli altri ragazzi che aveva visto intorno alla ragazza che occupava i suoi pensieri: Burrow, il ragazzo delle burrobirre la sera della festa, Zabini, Malfoy, aveva visto anche qualcuno dei ragazzi più giovani lanciarle occhiate che per lui sarebbero state sufficienti per uno o due schiantesimi.
Ron sospirò. Chissà chi aveva baciato. Chissà con chi era stata.
Beh, di sicuro Malfoy. Ne era certo. Era anche andato a trovarla in infermeria. Si ricordava come lei ridacchiava quando c'era lui, gli anni passati. Anche quando quel troll diceva qualcosa di stupido o offensivo.
Man mano che pensava a ogni singola volta che era successo, riusciva a trovare qualche ricordo o qualche sfumatura che non aveva notato subito. Era come una scatola a sorpresa, sempre una cosa nuova. Ma era stato prima, prima della battaglia. Ora sembrava che non stessero più insieme. Chissà se ogni tanto, ancora, succedeva qualcosa fra di loro...
Si stava immaginando i due Serpeverde nell'aula di pozioni, appoggiati al muro dove era appoggiato lui quando l'aveva baciata. Poi se li immaginò in un letto con le lenzuola di seta verde argento. Li vide baciarsi, spogliarsi, e immaginò la mora allungarsi nuda sul letto. Pensò a lui che le accarezzava la schiena stendendo le sue mani sul disegno delle stelle e poi chinarsi a baciarla nel punto in cui avrebbe voluto farlo lui, lì dove c'era Sirio, la stella più luminosa.
Quando Hermione si sedette sul bracciolo della poltrona su cui era seduto in sala comune, si spaventò. "Per Godric, Hermione, mi hai spaventato!"
La strega sorrise. "Eri molto pensieroso" disse e il rosso annuì. "Vuoi parlarne?"
Lui la guardò e poi scosse la testa, senza dire niente. "Ok. Posso parlarti io di una cosa importante?"
Il Grifondoro si fece più attento. "Certo" La ragazza si alzò e si sedette sul tavolino di fronte a lui.

Hermione sorrise e spiegò: "Dovrai avere pazienza però, perché per me è una cosa imbarazzante. Ma voglio dirtela comunque".
"Ok. Più imbarazzante di quando ti ho chiesto di insegnarmi l'incantesimo Condom?"
Lei rise. "No!" Come voleva bene a Ron.
Lui si mise comodo."Ti ascolto".

La riccia tentennò. "Ti ricordi quando mi hai chiesto se avevo trovato qualcuno?"
"Il ragazzo di cui non volevi parlare?" rispose Ron e lei annuì sorpresa.
"Sì" rispose e Ron le fece cenno di continuare. "Io ho paura che tu la prenda male".
Guardò verso il camino. Ron si chiese se lui fosse veramente così intrattabile. Forse sì. S'impose di rimanere calmo.
"Lo lasceresti se io la prendessi male?" chiese.
Lei sospirò e ammise: "Preferirei non dover scegliere. Tengo molto a te, ma voglio stare con lui".
Lui annuì. Gli sembrava la risposta giusta. "Ok, chi è?"
"Ti ricordi quando mi hai detto chi non dovevo sposare?" gli chiese. Ron sbuffò. Ma come faceva a ricordarsi queste cose? Quanto tempo prima era successo? Ma chi se lo ricordava?
"Non puoi dirmelo e basta, senza interrogarmi?"
Lei si raddrizzò. "Oh, sì. Sì, posso", disse, ma poi stette zitta. Ron la guardò ancora.
"Io sto con... Beh a dir la verità, adesso abbiamo litigato, ma io penso..."
"Hermione?" la interruppe.
"Sì sì, hai ragione. Ma prima voglio rassicurarti che lui mi tratta bene, è bravo anche se non si direbbe..." Il ragazzo annuì ancora. A momenti avrebbe preferito ritornare a commiserarsi e pensare alla Parkinson che tradiva il meraviglioso William con Malfoy.

Harry si avvicinò ai due. Aveva visto poche volte Hermione così in difficoltà. Le mise una mano sulla spalla mentre diceva a Ron: "Ron, mi sa che Hermione non riesce a dirtelo".
Si voltò poi verso l'amica e le chiese: "Glielo dico io?"
Ma la riccia scosse la testa. "Voglio farlo io".
Harry sentì Ron sospirare. "Scusate. Ma chi sarà mai?" E provò a pensare alla persona che odiava di più, visto l'atteggiamento della ragazza. Chi odiava così tanto che lei non riusciva a dirglielo? "Chi è, Malfoy?" disse, con il primo nome che gli venne in mente. Gli altri due si bloccarono. Oh vhe, ci aveva preso. Come? Davvero? Malfoy? Ma cosa... "Ma davvero? Ho sparato un nome a caso!"
Hermione guardò per terra, ma poi riportò quasi subito lo sguardo su di lui, come per sfidarlo. Ma Ron guardò Harry.
"Perché tu lo sapevi già?" gli chiese e Harry alzò le spalle.
"Io l'ho saputo l'altro ieri."
Il rosso non disse niente, ma pensò. Quindi, se Malfoy stava con Hermione, non aveva avuto contatti intimi con... un momento!

"Da quanto tempo state insieme?" Hermione, che si aspettava una reazione molto più rumorosa, rimase di stucco.
"Un mesetto."
"Oh. Non di più?"
La riccia era confusa. L'aveva presa bene. Troppo bene. Forse non aveva capito. Si voltò verso Harry che, di nuovo, alzò le spalle. Non l'aveva immaginata così, la conversazione. "Non va bene?" chiese incuriosita.
"Oh, sì, va bene. Va bene. Se sei contenta tu."
Ma per un momento pensò che lui avesse la testa altrove. Poi Harry le fece cenno alla cicatrice. Giusto. Doveva parlare anche della cicatrice. "Ron, ho un'altra cosa da dirti" disse ancora.
"Questa volta mi arrabbio davvero?" chiese lui.
"Non lo so" rispose Hermione. E gli raccontò di Bellatrix, della cicatrice, del mal di testa, della pozione e di come aveva conosciuto l'altra parte di Malfoy.

Ron l'ascoltò. Fece qualche domanda, ma riuscì a rimanere calmo. Soprattutto quando lei spiegò cosa le aveva fatto la mangiamorte mentre loro erano imprigionati. Si sentiva rovistare dentro, una bestia che lo divorava dall'interno. Ma riuscì a rimanere calmo, per lei.
Hermione sembrava così calma mentre raccontava tutto, che riuscì a trasmettergli quella sensazione. Avrebbe preferito mille volte ricevere lui la maledizione, piuttosto che farla stare male e spesso sognava ancora quel momento. Impotenti nel salvarla e lei urlante che veniva torturata. E sapeva che per Harry era lo stesso. Guardò l'amico che ricambiò la sua occhiata e gli sorrise. Sorrise anche Ron.

Anche Hermione sorrise, vedendo i due amici scambiarsi occhiate per lei indecifrabili. Di nuovo loro tre. Ancora una volta. Per sempre.



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