55.Riparare

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Dopo cena Harry seguì Ron che era andato fuori a fumare. Gli si avvicinò di soppiatto ed esclamò dietro alla sua schiena: "Fragole, Ron?" Lui sobbalzò e per poco non gli cadde la sigaretta.
"Oh, santo Merlino, Harry! A momenti mi prende un colpo!" Harry ridacchiò. "Stai troppo tempo con George" continuò il rosso.
"Quindi non hai niente da dire sulle fragole?"
Harry era contento. Lo era da quando Ginny lo aveva abbracciato improvvisamente, dopo tanto tempo. Ron aspirò e aspettò a parlare. "Era sciroppo di fragole" spiegò.
Harry lo guardò corrugando la fronte. "Davvero? Io e George pensavamo che fosse un profumo o una crema... cosa ci avete fatto con lo sciroppo di... oh..." disse, guardando da un'altra parte. "Non controllerò se hai succhiotti, in questo caso".
"Non ho succhiotti!"

Harry rise e Ron lo guardò: sembrava contento. Buon per lui. Ginny si affacciò alla porta d'ingresso gridando: "Chi vuole giocare a Spara Schiocco?" e Harry si affrettò subito verso la porta (troppo presto, secondo Ron).
"Giochi?" chiese al rosso, mentre si incamminava all'indietro verso casa. Ron sbuffò il fumo e fece sparire ciò che rimaneva della sigaretta. Avrebbe voluto andarsene subito, ma annuì e si incamminò.
Quando entrò in casa sentì la sorella dire: "Il primo che gli scoppia una carta in mano paga 5 falci!"
"Facciamo anche gli altri" disse George.
Sarebbe stata una serata interessante.

***

Ron si materializzò nel salotto di Pansy, ma non c'era nessuno. Merlino, era tardi? Controllò l'orologio. No, non era tardi.
Sentì un rumore e la voce della Serpeverde venire da una delle porte del soggiorno, che era socchiusa. L'aprì un po' di più e si ritrovò in un corridoio con altre porte: una settimana che andava lì tutte le sere e non era ancora uscito dal salotto.
Si incamminò accendendo le lanterne del corridoio. Quando arrivò alla porta, spalancata, da dove veniva la sua voce, si sentì un rumore e la voce dell'elfo che diceva: "Signorina Pansy lasci che ci pensi Quircky".
Lei aveva la voce affannata mentre replicava: "Oh, per Salazar, taci Quircky e aiutami. Questo coso non si regge da solo!"
Quando Ron entrò nella stanza (un'altra stanza grande quanto il soggiorno) vide l'elfo guardare in alto con le mani rivolte al piano superiore e Pansy con la bacchetta sguainata, che cercavano di far levitare un grosso tubo che si staccava dal soffitto. No, non lo volevano far levitare, volevano tirarlo giù.
"Posso aiutarvi?" chiese, avvicinandosi.
Sia la strega che l'elfo ebbero un sussulto: nessuno si era accorto di lui. Quando si voltarono insieme verso di lui, il grosso tubo si inclinò pericolosamente. Dal condotto inclinato uscì una cascata di acqua direttamente in testa alla Serpeverde, che si spaventò ancora di più, abbassando la bacchetta.
Quando la bacchetta puntò il pavimento, il tubo si ruppe del tutto e cadde verso il pavimento. Pansy alzò gli occhi, ma prima che riuscisse tirar su la bacchetta, Ron tirò fuori la sua, fece tre passi e fermò il tubo in aria gridando: "Wingardium Leviosa", e accompagnandolo verso il pavimento. Poi si girò verso di lei e chiese: "Tutto bene?"
La ragazza annuì ma, mentre muoveva la testa, un grosso calcinaccio si staccò dal soffitto. Questa volta anche Ron fu preso alla sprovvista e non riuscì ad alzare la bacchetta ma, essendo vicino alla Serpeverde, la spinse con la mano libera, mentre Quircky puntava una mano e faceva esplodere il calcinaccio con un Depulso.

Una pioggia di polvere bianca finì sopra al rosso e un po' anche su Pansy. Quando si rese conto che non si erano fatti niente, Pansy scoppiò a ridere, vedendo la faccia del Grifondoro tutta bianca.
Lui fece una smorfia strana, si avvicinò a lei e scosse la testa, mandandole addosso una gran quantità di polvere. La ragazza urlò, ridacchiando e cercando di spostarsi, ma lui continuò ad avvicinarsi, così si spostò ancora, venendo rincorsa.
Stavano ancora ridacchiando quando l'elfo tossì.
Loro si girarono verso di lui (che era l'unico a non aver subito danni) e, quando ebbe la loro attenzione, l'elfo parlò: "Mi scusi, signorina Pansy, ma forse sarebbe il caso che lei si facesse un bagno caldo".
"Ha ragione" disse il rosso "Potresti ammalarti". Lei gli fece una linguaccia. Poi si rivolse verso l'elfo dicendo: "Dai, Quircky, aiutami a sistemare il tubo, prima".
L'elfo però replicò: "Se il signor Weasley avesse voglia di aiutarmi, possiamo farlo io e lui", si girò verso il Grifondoro prima di continuare. "Le dispiacerebbe aiutare Quircky con il tubo, se Quircky andasse a prendere un tubo nuovo e il necessario per rattoppare il soffitto?"
"È casa mia, Quircky, ti aiuto io" disse Pansy.
"Io, però, l'ho già fatto."

Lei si girò verso Ron che annuì all'elfo che si smaterializzò. "Cosa vuol dire che l'hai già fatto?"
"Ho aiutato mio padre diverse volte, con la manutenzione della casa. Tubi e cose varie. Dubito che tu sappia come usare la bacchetta" dichiarò, un po' saccentemente. Ma era vero: lo aveva fatto più volte.

Pansy si imbronciò e si girò verso il buco del soffitto. Era vero, non ci capiva niente. Ma doveva pure iniziare da qualche parte. Per fortuna che c'era Quircky, uno degli elfi che aveva trovato ad abitare nella casa: sua madre aveva abbandonato gli elfi, quando aveva abbandonato la casa e lui era rimasto solo per quindici anni, infatti non aveva più il tipico comportamento da elfo. Sì, ubbidiva e tutto il resto, ma non si picchiava quando sbagliava (il che era un bene, era una tale seccatura quando lo facevano) e aveva un certo atteggiamento altezzoso anche se sempre nel limite.

Quando l'elfo si materializzò, con il tubo, dei secchi, dei sacchi e altre cose, Ron guardò il soffitto e il tubo caduto. "Bisognerà togliere tutto il tubo marcio e sostituirlo. E assicurarsi che non ci siano altre parti marce". Quircky annuì.
"È marcio solo in questo punto. Lo avevo detto alla signorina Pansy che era da cambiare" dichiarò l'elfo un po' risentito.
Lei sbuffò e stette a guardarli quando segarono un'altra parte del tubo che era ancora sul soffitto e montarono il tubo nuovo. Quircky sostenne di non aver più bisogno di loro, che avrebbe chiuso il buco nel soffitto da solo, a quel punto.
Ron guardò la mora, a cui gocciolavano i capelli, che sbadigliò.
"Forse dovresti fare un bagno davvero" le disse.
"Il tubo non reggerà l'acqua di scolo" constatò lei, indicando il soffitto, con espressione un po' saccente. Ron pensò che fosse un po' risentita per essere stata esclusa.
"Quel tubo viene dal bagno privato della camera della signorina Camille. Il bagno della camera padronale non scarica da questo lato della casa"  dichiarò ancora l'elfo.

"Oh. Dici?" Pansy sorrise. Avrebbe potuto fare il bagno. Guardò di sottecchi il rosso. Avrebbero fatto il bagno insieme.

Ron cercò di non mostrarsi sorpreso. Una casa così grande quanti bagni aveva? Ogni camera aveva un bagno? E cos'era una camera padronale? Si girò verso l'elfo che annuiva in risposta alla domanda della Serpeverde. Poi guardò anche lei. Aveva uno strano luccichio negli occhi.
"Fai il bagno con me?" mimò lei con le labbra senza emettere alcun suono. Ron sorrise. Oh sì. Era da quando l'aveva vista nel bagno dei prefetti che la sognava fra vasche, acqua e schiuma.
Lasciarono l'elfo e, fuori dalla stanza, la mora gli prese la mano. Tornarono verso il salotto e poi lei aprì un'altra porta, che dava nell'ingresso. Qui una doppia scala portava ai piani superiori. Lei salì tirandosi dietro il rosso. Al primo piano imboccò un corridoio e poco dopo aprì la porta di una stanza. Tutte le stanze che avevano attraversato, erano imbiancate, ma tutte spoglie.
Quando aprì la porta di quella che Ron capì che fosse la camera padronale, sembrava di aver passato il passaggio per un altro mondo, o una passaporta: era piena di roba.
Un enorme letto di legno troneggiava su un piedistallo contro una delle pareti. Un camino sulla parete opposta, acceso, illuminava un poco la stanza. Era quasi tutta sui toni del grigio (o era argento, quel colore?): il tappeto che ricopriva quasi tutto il pavimento, le lenzuola e le tendine del letto, le lanterne alle pareti. I pochi mobili erano in legno, laccati di grigio, ma Ron non riuscì a vedere bene tutta la stanza, perché lei lo tirò velocemente verso un altro locale.
Aprì infatti un'altra porta che rivelò una stanza da bagno. Una signora stanza da bagno. Ron calcolò che fosse grande quanto camera sua.

Una grande vasca decorata era al centro del locale. Pansy si avvicinò alla vasca e aprì uno dei rubinetti. Dell'acqua fumante uscì e iniziò a riempire la vasca. Versò qualcosa nell'acqua che prese subito a fare schiuma. Il suo profumo riempì la stanza.

Ron si sentiva imbarazzato. Quella casa era enorme. Finché erano rimasti nel salotto, non se n'era reso conto ma, ora che avevano attraversato, sperò, più di metà costruzione, si rendeva conto di quanto fosse grande.
Lei aveva detto che erano diversi, tanto tempo prima o una vita fa, per quel che sembrava, e ora Ron riusciva a capire cosa intendesse. Due mondi diversi, due pianeti diversi, due vite diverse.
Guardò indietro, verso la porta, come se volesse scappare, ma la mora gli parlò proprio mentre pensava che sarebbe stato meglio andarsene.

Pansy notò che l'espressione di lui era cambiata. Per un attimo ebbe paura che si sarebbe smaterializzato. Cosa era successo? Era per la casa così spoglia? O perché aveva visto la sua camera? Quando era entrata, aveva notato tutte quelle cose fuori post: i vestiti gettati sulle sedie, la porta della cabina armadio aperta... aveva visto le scarpe tutte ammonticchiate?
Aveva detto a Quircky di non entrare in camera sua a riordinare, che avrebbe dovuto dare prima la precedenza alle riparazioni al resto della casa. Forse era stato un errore.
In quel momento avrebbe voluto avere un bel letto fatto, con i fiori freschi sul comò e sulla toilette, le foto sul camino, e tutte quelle altre cose che sua madre aveva tentato di insegnarle anni prima. Non le veniva in mente niente: come doveva essere la camera di una ragazza? Per un attimo ebbe paura che saltasse fuori sua madre da qualche parte, sgridandola per aver portato un ragazzo in una camera non adatta. Lei si sentì non adatta.
"Tutto bene?" gli chiese.
Non seppe neanche lei come riuscì a parlare, nonostante i pensieri nella sua testa, ma quando lui si voltò a guardarla, le sorrise e tutto tornò a posto.

Ron si voltò verso la ragazza, che aveva uno sguardo terrorizzato in viso. Lui la guardò per un breve momento, lei, ancora bagnata zuppa e così dannatamente bella. Pensò che entro poco si sarebbe spogliata. Per lui. Le sorrise e le andò vicino.
"Hai da troppo tempo i vestiti bagnati. Potrebbe venirti il raffreddore" disse, preoccupato.
Lei sbuffò bonariamente e si tolse le scarpe. Poco dopo si tolse anche il maglione. Rimase con una canottiera di pizzo viola, tutta bagnata che le aderiva alla pelle. Sotto non aveva nient'altro. Ron esultò internamente: pizzo!!!
Aveva scoperto che gli piaceva il pizzo. Su di lei. Rimase a guardarla mentre si sbottonava i jeans, ma lei si fermò e disse: "E te? Farai mica il bagno vestito?"
"Mi sto gustando il momento" dichiarò, sorridendo.

Il ragazzo la guardò con uno sguardo che avrebbe preso fuoco anche il polo nord. Pansy sentì le guance arrossire, e guardò subito da un'altra parte, ma poi riportò lo sguardo su di lui, avvicinandosi.
"Ah, no! Siamo già stati in un bagno con te completamente vestito e io no. Non vale!" Quando gli fu abbastanza vicino, lui si chinò per baciarla ma lei si ritrasse sorridendo. "No no. Prima ti spoglio".
Lui le circondò la vita con le braccia proponendo: "Un bacio per ogni cosa che mi togli?"
Lei rise. "Va bene". Ma si allontanò per non farsi baciare prima di averlo spogliato. Quando gli tolse il maglione, lui l'aiutò alzando le mani, ma essendo più alto di lei, Pansy fece fatica a sfilarglielo dalle braccia e lui ne approfittò per imprigionarla.
"No, non vale!" esclamò, ridacchiando, lei.
"Oh, sì che vale."

Ron lanciò il maglione con una mano, mentre con l'altra la teneva ferma, per ricevere il suo bacio. Andò avanti così per tutti gli indumenti e quando al ragazzo furono rimasti solo i boxer, decise di invertire i ruoli, ma lei non glielo permise.
"No no, l'ultima volta io ero proprio nuda. Ti tolgo tutto!"
E il suo sguardo era particolarmente divertito. Lui le lasciò fare tutto quello che voleva. Come al solito, pensò sorridendo.

***

"Angelina mi ha detto che parteciperai al primo allenamento, il due di gennaio" disse George scartando una carta che scoppiò quando fu sul tappeto. Harry alzò lo sguardo dalle sue carte, per guardare la rossa.
"Allenamento? Vai a fare l'allenamento con le Holyhead Harpies?" Ginny annuì, mentre mangiava una cioccorana.
"Sì, stanno cercando una cacciatrice" rispose.
Harry sorrise. "Ma è fantastico!"
Sorrise anche Ginny "Vero? Non vedo l'ora" dichiarò, scuotendo tutto il busto, come se ballasse.
"Però, se ti prendono, non mancare ai nostri, di allenamenti, ok?" Harry ammiccò.
Lei rimase di stucco per un momento, poi disse borbottando: "Se vi ricorderete di chiamarmi...", ripensando a quando non le avevano detto di aver spostato l'allenamento.
Harry mormorò ancora 'scusa' e pescò dal mazzo in centro. Quando gli scoppiò la carta in mano, sospirò e buttò 5 falci nel cestino delle monete.

"Angelina dov'è?" gli chiese Ginny, mentre giocava i suo turno, senza scoppi.
"È andata a trovare dei parenti con i suoi" rispose, sospirando,
George. Angelina gli mancava. E sarebbe tornata fra due giorni. Ne avrebbero avuti pochi per stare insieme.
"E dimmi, George... vi state scrivendo? C'è un gufo che vedo arrivare la mattina..." disse sorniona la ragazza, guardando Harry sorridendo. George sorrise mesto a nessuno in particolare.
"Sì. Mi continua a scrivere per convincermi ad andare a casa dei suoi zii, dice che si annoia e che se ci fossi io..."
Si bloccò rendendosi conto di aver parlato senza pensare.
"Cioè, lei ti ha chiesto di andare là, e tu stai giocando a Spara schiocco con noi?" gli chiese Ginny, incredula.
"E cosa faccio, ci vado da solo?"
Ginny rise. "E con chi ci dovresti andare?" Guardando la sua faccia, la rossa capì di aver fatto un errore: stava pensando a Fred.

Harry, con il suo tono calmo disse: "Non penso che Fred vorrebbe che tu non ci andassi per colpa sua". George annuì, come se per lui non fosse un ragionamento nuovo, ma rimase ancora saldo nel suo intento.

"Fred si rivolterebbe nella tomba, se lo sapesse" Ginny aveva molto meno tatto di Harry. "Se il tuo problema è questo, sei un troll. E lei si stancherà di chiedertelo" sostenne ancora. "Dici che dovrei andare?" le chiese ancora.
Ginny sbuffò. "Le hai chiesto di venire qui?"
"Qui?" ripetè George, guardandosi intorno.
Erano ancora nella camera di Ron. I maschi erano dei capoccioni, quando ci si mettevano. "In camera tua" precisò, guardandolo divertita.
Lui guardò Harry che pensò bene di controllare le sue carte e poi tornò a guardare Ginny. "Avrei dovuto invitarla?"
"Certo che voi maschi non capite proprio niente! Lei ti invita, ti dice che vorrebbe stare con te... e te... ma tu non vuoi stare con lei?" Il rosso annuì. "E quindi cosa stai aspettando? Mandale un gufo e dille di raggiungerti o dille che hai accettato il suo invito!" George guardò di nuovo Harry che gli fece la sua faccia da 'perché no?' e si alzò.
"Le scrivo subito" disse e neanche li salutò quando uscì dalla stanza. Harry sorrise a Ginny. Lei si allungò a prendere il cestino delle monete per contarle.
Aveva bisogno di tempo. Erano rimasti soli ed ebbe un attacco di panico al pensiero. Harry dovette accorgersene perché disse: "Sei stata brava. Gli hai dato la giusta spinta".
"Quanto deve pregare una ragazza per farsi notare da un ragazzo?" si chiese Ginny ad alta voce.
"A volte noi ragazzi siamo un po' ottusi, eh?" Harry sorrideva.
Ginny ricambiò il sorriso. "A volte?" Harry rise di gusto e lei si rilassò. "Non farò l'amore con te, stanotte" dichiarò.

Harry rimase un attimo stupito da quell'affermazione. "Va bene" disse subito dopo. Qualunque cosa andava bene. Lo sguardo che Ginny gli rivolse valeva mille cuori. Lei annuì, sorridendo.
"E quindi? Che facciamo?" chiese.
"Potremmo giocare a scacchi, mentre mi racconti di Malfoy" propose Harry. Avrebbe ascoltato Ginny anche se parlava di Malfoy.
Lei sorrise. "Ma lo vuoi proprio sapere? O Mi prendi in giro?"
"Dicevi che era quasi impazzito" incalzò lui.
Lei sghignazzò. "Sì, più volte..."
E iniziò a raccontare mentre gli scacchi si posizionavano ognuno al suo posto.

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