88. L'anello con l'ametista

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Pansy arrivò in biblioteca dopo aver lasciato Camille alla porta della sala comune nei sotterranei. Sperò che non le avesse detto bugie. Era una cosa troppo importante.
Vide Draco e la Granger a uno dei tavoli a fare i compiti e bisbigliare fra di loro. Sperò di non interrompere una chiacchierata amorosa. Erano stucchevoli quando ci si mettevano. Ma avvicinandosi capì che non era una chiacchierata amorosa, ma una scaramuccia. Merlino, ancora peggio.
Arrivò davanti al loro tavolo e disse: "Granger, posso parlarti in privato?"

Quando Pansy era arrivata senza salutare nessuno, chiedendo a Hermione di parlare, Draco capì che doveva essere una cosa seria. La guardò bene. Era agitata, ma cercava di controllarsi. Lo capì da come spostava il peso da una gamba all'altra. Voleva portare altre preoccupazioni a Hermione? Assolutamente no.
Quando sentì la riccia risponderle: "Certo", si alterò.
"Possiamo parlare tutti e tre" sostenne lui. "So tutto".
Pansy si voltò verso la Grifondoro e chiese: "Lui sa di martedì?"
Quando la sua ragazza, o quella che si spacciava per la sua ragazza, scosse la testa si arrabbiò ancor di più. Cos'era che lui non sapeva? E poi, perché non lo sapeva? Digrignò i denti ed emise un suono spaventoso.
"Io non vado da nessuna parte."

Pansy sospirò. "Dra, per favore..."
Lui si protese verso di lei e il suo sguardo si fece cattivo "Non chiamarmi Dra, Parkinson. Se vuoi parlare con tutti e due, puoi sederti. Altrimenti, puoi farti un giro". Oh, si era arrabbiato. Che peccato.
"D'accordo" rispose. Lui ghignò ma il suo ghigno scomparve quando lei gli disse freddamente: "Malfoy, sparisci per un po', io e Hermione dobbiamo parlare di questioni private". Sperò di avere il tono giusto mentre dondolava la mano in aria. Non lo aveva mai usato con il biondo. Non era brava come lui. Una giornata stressante sotto molti punti di vista. Lui spalancò gli occhi. Non se lo aspettava.
"Hanno ragione gli altri. Sei diventata proprio una stronza. Anche con i tuoi amici. Frequenti gente sbagliata. Dovresti stare attenta, potresti finire da sola" continuò il biondo, senza alzarsi. Pansy si sentì male. Detto da chiunque altro, sarebbe stato diverso.
Gli rispose ancora qualcosa, ma fece molta fatica. Non aveva mai discusso con Draco così. Ci mancava poco e avrebbe vomitato quella favolosa pizza.

"Andiamo via."
Hermione non voleva assistere a quello straziante e inutile battibecco.
La Parkinson aveva una faccia da funerale. E Draco continuava a dirle cose cattive con un tono veramente cattivo. Le dispiacque per lei. Vide la faccia di Draco trasformarsi in uno sguardo ferito quando prese le parti della ragazza. Le pianse il cuore. Si sentiva tradito.
Ma se la Parkinson voleva parlarle della presunta evasione di sua madre, doveva ascoltarla. E subito. Vide la Serpeverde lanciare uno sguardo dispiaciuto a Draco, ma lui non lo ricambiò.
"Te ne vai?" le chiese. Hermione annuì. Anche perché rimanere lì a farsi dire cosa poteva o non poteva fare non era la sua idea di 'piacevole conversazione'.
Si alzò e fece cenno alla Parkinson di seguirla. Lei non la seguì subito, guardava ancora Draco. Ma poi le toccò un braccio e la ragazza si riscosse, seguendola.
Uscirono dalla biblioteca. Si guardò intorno. Dove sarebbero potute andare?

Pansy sentì un attacco di nausea salirle lo stomaco.
Prese una mano della riccia e disse solamente: "Il bagno di Mirtilla". Lei annuì e si diressero al secondo piano. Quando entrarono nel bagno, lei si fiondò velocemente verso uno dei gabinetti e vomitò. Merlino, la pizza... Quando uscì si diresse a uno dei lavandini e si sciacquò la bocca e il viso. Vide le lacrime scivolarle sulle guance da sole.
"Tutto ok?" La Grifondoro comparve nello specchio. Le appoggiò una mano sulla spalla e Pansy annuì allo specchio.
"È stata una giornata impegnativa, Granger."
"Ho appena litigato con il mio ragazzo e..."
Pansy la interruppe: "Mi sembrava che foste già a buon punto quando sono arrivata io, non è stata colpa mia".
Ma lei continuò come se non fosse stata interrotta: "... e tu hai avuto una giornata impegnativa. Possiamo chiamarci per nome, che dici?" Oh. Per Salazar. Va bene. Certo, potevano farlo. Alzò una spalla.
"Se ci tieni tanto, va bene."

Hermione quasi rise. Lo aveva detto come se volesse farle un favore.
"Vuoi dirmi cos'è successo oggi?"
Ma la Serpeverde scosse la testa. "Prima le cose più importanti. Penso che chi voglia aiutare mia mamma sia qui a Hogwarts" disse tutto di un fiato.
Come? A Hogwarts? E perché lo pensava? E perché non lo aveva detto prima?
"Come è possibile? Perché dici così?" Lei si morse il labbro e si girò verso il lavandino.
"Quando l'ho vista martedì... Lei mi ha parlato di..." Si fermò e si guardò intorno. La Parkinson, pardon, Pansy tirò fuori la bacchetta e spalancò tutti i cubicoli per assicurarsi che fossero da sole. Hermione aspettò. Merlino, aveva raccontato quello che aveva detto sua madre, quella storia di dover 'essere carina con...' e la frase che le aveva risposto lei, al ministero. Audrey l'aveva interrogata e glielo aveva fatto ripetere tantissime volte, tanto che alla fine era Hermione a essere nauseata.
"Ci hai detto quello che ha detto tua madre. Mi ricordo". Lei alzò lo sguardo sulla riccia. Aveva un brutto sguardo. Più di quello in biblioteca.
"Non ho raccontato tutto."
Ma come era possibile? Aveva preso il veritaserum.

"È impossibile! Ti aveva dato il Veritaserum. Non puoi mentire con quella pozione!"
No. Non si poteva mentire. Ma si poteva stare zitti. Se le domande venivano fatte da un'incapace, non era difficile.
"Non si può mentire e infatti non l'ho fatto. Se ti vengono fatte domande dirette, non puoi non rispondere, ma puoi non dire le altre cose, se sei ben allenato..." Vide la riccia corrugare la fronte. Sospirò. "Ok, diciamo che ho una certa esperienza con il veritaserum, mia madre me lo faceva prendere..."
La Granger spalancò gli occhi. "Ma è illegale!"

La Serpeverde fece un sorriso tirato. "Sarà anche illegale, ma la Adams l'ha usato con me, martedì scorso". Annuì. Effettivamente non faceva una piega.
"Ok. Allora spiegami tutto da capo". Si sedette sul ripiano del lavandino. Sembrava una cosa lunga.
"Quando mi ha visto, la prima cosa che ha fatto mia madre è stato guardare il mio dito" disse, alzando la mano sinistra e mostrando l'anulare. "Non avevo capito perché finché non ha iniziato a parlare di matrimonio". Hermione annuì poco convinta. Cosa c'entrava? Ma la madre di Pansy era particolare, quindi aspettò che continuasse. "Aveva paura che mi fossi fidanzata. Come se essere da sola, senza un soldo e un posto dove andare, non fossero già un problema di suo...
Mi ha raccontato del matrimonio fra lei e mio padre, di come si fossero sposati per amore, di come si amavano e di come il mondo l'è finito addosso quando lui è morto.
Del fatto che sposarsi e amare qualcuno non dovevano per nessun motivo andare di pari passo". Fece un sospiro e una lunga pausa. Ora Hermione era incuriosita. "Ora, tutte queste cose io le sapevo già. Avevamo fatto questo discorso un sacco di volte. Ti dispiace se fumo?"
Hermione scosse la testa, stupita dal cambiamento di argomento.

Pansy tirò una lunga boccata. Sua madre le aveva fatto quel discorso un sacco di volte, sì, ma non le aveva mai detto di aver sposato suo padre per amore. Pensò a Julien. Quindi lui l'aveva sposato per convenienza. E a lei sarebbe successa la stessa cosa. Per fortuna ne era fuori. Molto meglio da soli. Tirò un'altra boccata e riprese a parlare.
"Alla fine ha fatto il suo nome. Lei sapeva di lui."
"Lui chi?" La mora sbuffò. Ma non era quella sveglia, lei? La strega più brillante...  eccetera eccetera?
"Del tuo amico". La Grifondoro corrugò la fronte. Oh, Merlino!
"Di Weasley! Oh, Granger, ci sei?" Lei spalancò gli occhi. Oh, finalmente aveva capito. Santo Salazar!
"E come faceva a saperlo?" Pansy sorrise. Appunto.

"E come faceva a saperlo?"
Oh, che domanda idiota, Hermione! Lei glielo stava dicendo. "Lo può avere saputo solo da qui?" La mora alzò un sopracciglio. "Ok, ho capito, ho capito" ripensò a tutto un attimo, ma l'unica cosa che le veniva in mente era... matrimonio d'amore? Lei amava Ron? O era una paranoia di sua madre? Sospirò. Non voleva chiederlo. Così chiese: "Chi è che lo sa?" Lei la guardò con sufficienza.
"Non lo so. Tu, Draco, Ginny, Blaise, Daphne, Camille..." alzò una spalla probabilmente si fidava di tutti.
"Fuori di qui, nessuno?" Lei scosse la testa.
"Che io sappia, no. E lui dice di non averlo detto a nessuno. Neanche Camille."
"Camille?" Pansy alzò le spalle.
"Gliel'ho chiesto. Non volevo lasciare niente al caso."
"Qualcuno della scuola, quindi."
"Immagino di sì. Io ti ho detto quello che sapevo. Ora puoi dirlo tu a quella simpaticona della Adams?" E fece per andarsene.
"Aspetta!" La mora si voltò che era quasi sulla porta. "Non mi hai detto quello che è successo oggi".

La Grifondoro aveva quasi un ghigno.
"No, non te l'ho detto."
"Ma non avevamo detto che..."
Pansy la interruppe: "Non avevamo detto niente. Tu hai detto cose tipo 'chiamiamoci per nome' eccetera, ma io non ti ho detto che ti avrei raccontato i fatti miei".
"Quindi oggi ti hanno ridato la casa?" La riccia l'aveva ignorata. Faceva molto Serpeverde. Sorrise, stupita.
"Già."
"Ed eri da sola?" La Granger sorrise sorniona. No, Hermione.
Non sarebbe mai riuscita a chiamarla per nome. "Con Camille, forse?"
"E basta? Nessun altro?"
"Forse anche un idiota di nome Smith". La Grifondoro corrugò la fronte. "Sai, l'addetto del ministero?"

Oh, giusto, l'impiegato del ministero. Ma quindi Ron non c'era? Era andato veramente solo alla Gringott? Lo faceva più furbo.
"Solo voi?" La mora sbuffò, aveva spento la sigaretta e lei non se n'era neanche accorta.
"Ok, c'era anche Weasley. Contenta?"

Ora che glielo aveva detto poteva andarsene? La vide sorridere.
"Come mai non lo chiami più per nome?" Lei ripensò alla discussione avuta con lui in pizzeria. Sentì il calore salirle alle guance.
"Granger..."
"Non dovevamo chiamarci per nome, almeno noi?" Sbuffò.
"Ok, Hermione, cosa vuoi sapere? Sono un po' stanca."
"Cos'è successo?" La guardò di sottecchi ed esclamò: "Ti hanno chiesto di indagare anche su di me?"
Finalmente lei perse la sua compostezza. "NO!" Scosse la testa e spalancò gli occhi, sorpresa. Pansy rise.
"Io... hai detto di avere avuto una giornata impegnativa... Hai litigato con Draco per parlare con me... chiedevo così" disse Hermione.
"Vuoi sapere cos'è successo oggi? Eccoti accontentata: ho scoperto che il ministero non è in grado di perquisire un'abitazione senza fare danni, che la porta della mia stanza è stata fatta esplodere perché l'Alohomora non aveva funzionato, che hanno frugato fra tutte le mie cose e il tuo amico..." Fece una pausa. "Il tuo amico ha avuto un comportamento...  Merlino, non so neanche come definirlo!" Anche adesso che ci pensava, si sentiva ancora andare a fuoco. La riccia sorrise. No, ghignò. Oh. Per Salazar! Un sospetto. "Glielo hai detto tu di farlo?"
L'avrebbe uccisa. Una cosa pulita. Un Avada Kedavra lì, nel bagno di Mirtilla e l'avrebbe fatta sparire con un Evanesco. Insieme alle sigarette. Quella ragazza era più Serpeverde di quanto chiunque potesse immaginare! Non aspettò la sua risposta, anche perché era abbastanza sicura che non volesse dargliela. Sospirò e si appoggiò al muro. La riccia inclinò la testa.
"Draco ha scoperto che mi sto interessando a Nott. Non l'ha presa bene". Pansy la guardò. Certo che era strana. Oh, forse era quella tattica strana dei Grifondoro.
"Certo che non l'ha presa bene, sarà in ansia per te. Conosce anche lui Nott. Ha scoperto lui la pozione."

Era stato Draco a scoprire della pozione? E cosa voleva dire che era in ansia per lei?
"Tu lo sapevi che Nott era il padre del bambino di mia sorella?" Hermione spalancò gli occhi. No, non lo sapeva. Pansy annuì. "Già. Ma non dirglielo, perché lui non lo sa". Hermione la guardò senza dire niente. "Ascolta. Dovrai stare attenta, a qualsiasi cosa farai. E Draco sarà sempre in pensiero per te. Lui si preoccupa un sacco, per le persone a cui tiene. E a te ci tiene..." La Serpeverde si era riavvicinata a lei e la guardava con la fronte corrucciata. "Gra... Hermione, ti hanno mai detto che hai dei capelli allucinanti?"
Come? Cosa c'entrava adesso? Ridacchiò nervosamente passandosi una mano sulla coda malfatta che le legava i capelli. I suoi capelli indomabili. "Avevo sentito dire che eri diventata cattiva, ma non pensavo arrivassi a offendere i miei capelli".
Il suo sguardo cambiò e divenne freddo. "Dovrei avere una lozione per i capelli come i tuoi" disse come se non l'avesse sentita, ma prima di uscire dal bagno si voltò e continuò: "A quanto pare, non sono cattiva, sono stronza". E si rabbuiò come in biblioteca.
"Draco non intendeva..." cercò di difendere il biondo, ma la mora alzò le spalle e la interruppe: "Non mi interessa quello che intende Draco".
Fece un cenno con la testa e se ne andò, lasciandola sola nel bagno.

***

Hermione era a tavola con Harry mentre aspettavano che Ginny e Ron li raggiungessero. "Sai che sabato accompagnerò Doge in uno dei suoi giri? Finalmente Kingsley mi permette di uscire dal Ministero!" le comunicò il ragazzo.
La riccia sorrise. "Mi fa piacere per te". Sapeva che a Harry non piaceva stare in quello stanzone dove c'erano i cubicoli degli Auror in mezzo a pergamene ammuffite a ordinare vecchi verbali. Doge era un mago veramente in gamba, sicuramente gli avrebbe insegnato un sacco di cose. Forse, per lui, sarebbe stato come stare ancora vicino a Silente. Invece lei sarebbe andata nell'ufficio per la regolazione e il controllo delle creature magiche. E avrebbe incontrato Kingsley per aggiornarlo sui suoi progressi. E purtroppo non ne aveva fatti. Avrebbe fatto un giro all'ottavo livello, comunque. Avrebbe parlato con Audrey.
Sperò che non richiamasse indietro Pansy per interrogarla ancora. Pansy. Si passò una mano sui capelli, memore di quello che le aveva detto nel bagno.
"Harry, ma secondo te i miei capelli sono... allucinanti?"

Harry alzò lo sguardo verso di lei. Era una domanda trabocchetto? Cosa voleva sapere? "Eh... in che senso?"
"Tu pensi che siano strani?" Harry guardò speranzoso verso la porta d'entrata: magari sarebbero arrivati Ginny e Ron e non avrebbe dovuto rispondere. Ma non arrivò nessuno.
"Ma... guarda... io non so... forse sono un po' disordinati..." Il viso della ragazza si fece corrucciato e lei si sporse verso di lui.
"Disordinati? Che intendi?" Oh. Bo. Dove si era cacciato Ron?
"Sembra che tu non li pettini. Ma... ti stanno bene. Davvero. Sono disordinatamente..." Harry cercò disperatamente una parola positiva per descrivere i capelli di Hermione ma non gli venne in mente niente.
I capelli della ragazza erano una massa di riccioli intrecciati fra di loro che sembravano un nido di ippogrifo, nei giorni migliori. Negli altri... Vide la chioma di Ginny (i suoi capelli erano favolosi, in compenso, ma lei aveva la fortuna di non avere i ricci, ma dei capelli mossi molto molto morbidi e vaporosi) avvicinarsi a loro. Le sorrise.
Si sedette vicino a Hermione e lei le disse: "Harry dice che non mi pettino i capelli".
Ginny si voltò verso Harry con la faccia un po' scura. "Cosa le hai detto?" No, no, no. Lui non aveva detto così.
"Io non intendevo..." Alzò le mani con i palmi avanti e balbettò. Poi Hermione rise. E ridacchiò anche Ginny. Lui le guardava stranito mentre loro lo prendevano in giro. Sbuffò e cercò Ron con lo sguardo.

Ginny guardò Hermione mentre ridacchiava.
Poi lei divenne seria e si passò una mano sui capelli. "Secondo te dovrei tagliarli?" le chiese.
"NO! Non devi farlo. I tuoi capelli non hanno niente che non va, vanno solo un po' disciplinati. Potremmo fare delle prove con gli incantesimi o provare qualche crema. Ma non tagliarli assolutamente!"

Hermione sorrise all'amica. "Va bene, va bene". Ginny teneva ai suoi capelli più di lei.

***

Ron prima di cena scese nei sotterranei. Era uscito di corsa dalla camera e non aveva pensato a controllare la mappa. Ora non sapeva come trovare la piccola Serpeverde. Si fermò nel corridoio che portava alla sala grande, si appoggiò a una delle colonne, nascondendosi alla vista di chi passava, e aspettò.
Vide passare Pansy insieme alla Greengrass e alla Bulstrode. Poi passarono Zabini e Malfoy. Vide anche l'idiota che giocava a Quidditch. E passò anche Rowie, l'altro idiota, quello che lo voleva schiantare alle spalle. Quando vide la più piccola delle Greengrass, riconobbe Camille nel gruppetto di ragazzine che la seguiva. Merlino. Non aveva pensato che non fosse da sola. Ok, coraggio.
È stato più difficile con l'Horcrux, ricordatelo, Ron. Uscì dal suo nascondiglio e sorrise alle ragazze. "Camille, posso parlarti?" La moretta fece una faccia curiosa e chiese: "Io?"
Oh, c'erano altre 'Camille'? Non ci aveva pensato. Lui annuì e lei sorrise.
"Certo. Ragazze, arrivo subito". Le altre ridacchiarono, ma la Greengrass lo guardò curiosa, senza sorridere. Ma poi annuì e la sua bocca divenne un ghigno.
Merlino, queste Serpeverde erano micidiali! Tirò la ragazzina dietro la colonna, ma non riusciva a nasconderli tutti e due, così cercò di fare presto.

Camille osservò Weasley tirar fuori dalla tasca un pezzo di stoffa. Lo aprì e le fece vedere l'anello della nonna di Pansy. Era un cerchietto di oro bianco che si intrecciava intorno al castone, dove un'ametista dell'Uruguay era circondata da otto piccoli petali d'oro lavorato che proteggevano la pietra come un fiore, tutti e otto coperti da brillanti. Fondamentalmente era un anello molto banale, nella sua semplicità, ma Camille sapeva che era molto prezioso e che Pansy ci teneva tantissimo. Non aveva capito subito quando lei lo aveva consegnato al banco dei pegni, ma ora sapeva che l'aveva fatto quando l'aveva portata in Inghilterra. Pansy le aveva raccontato tutto, dopo il San Mungo, perché Camille aveva insistito e preteso di sapere tutto.
"È questo?" Lei annuì soddisfatta. C'era riuscito! Era stato bravo. Quando erano tornati a casa a prendere la scopa, lui l'aveva fatta sedere velocemente alla scrivania di Pansy, le aveva dato una piuma e le aveva detto di disegnare l'anello con l'ametista. Beh, lui non si ricordava il nome della pietra e lei aveva anche dovuto specificare di che colore fosse l'ametista dell'Uruguay perché lui non lo sapeva, però alla fine lei l'aveva disegnato.
Avevano dovuto incantare l'inchiostro perché si asciugasse in fretta e lui aveva piegato la pergamena velocemente e l'aveva infilata in tasca. Quando al Tiri Vispi aveva detto che sarebbe andato al negozio del Quidditch, lei aveva chiesto di andare con lui, perché aveva capito che sarebbe andato dal mago odioso, ma né lui né Pansy l'avevano lasciata andare.
Quando poi era tornato con la busta del Quidditch, aveva avuto qualche dubbio. Ma ora l'anello era lì, nella sua mano. Camille lo guardava sorridendo: Pansy era fortunata ad avere Weasley che faceva così tante cose per lei. Che si prendeva cura di lei. E Camille sapeva quanto Pansy ne avesse bisogno.
Nessuno si era mai preso cura di sua sorella.

Ron esultò mentalmente quando vide la piccola Serpeverde annuire. C'era riuscito!
Era entrato nel banco dei pegni e aveva scoperto che dietro al bancone c'era nientemeno che Mundungus Fletcher (ecco perché Camille l'aveva chiamato 'mago odioso'!) Quanti conti in sospeso avevano con lui? Aveva visto l'anello quasi subito, alle spalle del mago, ma era riuscito a girarci intorno per vedere se effettivamente era l'anello della famiglia Parkinson. Sembrava di sì. Era riuscito a farselo prendere dalla vetrina, con la scusa di vederlo, con tre scappellotti alla testa di Fletcher e lui aveva confessato di non aver restituito l'anello alla ragazza che era venuta a prenderlo quando aveva ripagato il prezzo. Un prezzo più alto, logicamente. Gli era sembrato un buon affare riuscire a spillarle un altro po' di soldi prima di ridarglielo, ma lei non c'era cascata e non aveva tirato fuori nient'altro.
"Una strega con una faccia così cattiva, Ron, avresti dovuto vederla!"
Aveva raccontato un altro po' di cose, ma quando alla fine lui gli chiese: "Ma quindi lei te lo ha già ripagato?" Quel mago da strapazzo si era reso conto di quello che aveva confessato e aveva strabuzzato gli occhi. Ron aveva dovuto tirar fuori la bacchetta, ma non era stato necessario nient'altro, per farsi consegnare l'anello. Perfetto.
Lo richiuse dentro alla stoffa e le disse: "Perfetto. Tieni. Restituisciglielo".
Ma lei aveva scosso la testa. "No. Devi farlo tu!"
"Io?"
"Tu sei andato a prenderlo". Lui scosse le spalle.
"Non è importante. L'importante è che lei lo riabbia". Le prese la mano e le mise il fagottino sul palmo.
"Ma... Tanto immaginerà che l'hai fatto tu!"
Lui ammiccò. "Allora inventa qualcosa".
Si girò e prese il corridoio per andare in sala grande sorridendo. Aveva una gran fame.


***ciao a tutti!!! so che la storia è diventata lunghetta... ma è quasi finita, portate pazienza.

Grazie a tutti quelli che leggono e a chi vota. Siete preziosissimi.

😘😘😘😘😘😘

Immagine in alto: https://www.benesserecorpomente.it/wp-content/uploads/2015/10/Ametista.jpg

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