53. Casa Granger

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"Buonasera, posso aiutarla?"
La signora che gli aprì la porta era una versione un po' più vecchia di Hermione. Stessi occhi, stesso colore dei capelli, stessa forma del viso. Ma aveva i capelli lisci e un paio di occhiali neri sul naso.
"Ehm... sì... buonasera... io..." balbettò lui.
"Draco!" Hermione gli apparve sulla scala che portava al piano superiore come una visione. Non la vedeva da una settimana.
Lui sorrise e tornò a rivolgersi alla donna, con molta più sicurezza: "Buonasera, sono Draco, Draco Malfoy. Sono venuto a trovare Hermione".
Il sorriso della donna si allargò e si fece da parte per farlo entrare. Lui si inchinò appena (glielo avevano insegnato da ragazzino, ma qualcosa si ricordava ancora) e porse il mazzo di fiori alla madre di Hermione.
Lei lo ringraziò con ammirazione e si presentò: "Piacere Draco, io sono Jean, la mamma di Hermione".
Quando un uomo sulla cinquantina con una folta capigliatura brizzolata entrò nell'ingresso, Hermione, che adesso era vicino a lui, glielo presentò: "Draco, lui è mio padre. Papà, lui è Draco Malfoy".
Il signor Granger gli strinse la mano sorridendogli e gli disse di chiamarlo Aaron. Sembravano persone a posto. In quel momento si ricordò del vino e glielo porse un po' impacciato. Hermione se ne accorse e gli lanciò un sorriso colmo d'affetto.
L'uomo guardò la bottiglia e i suoi occhi si illuminarono. Draco sorrise: ci aveva preso. Aveva scelto il vino giusto. Lo avrebbe raccontato alla Weasley, quella piccola stronzetta.

Hermione era in camera sua a leggere quando avevano suonato alla porta. Si affacciò sulle scale, incuriosita e spalancò gli occhi! Draco era lì! Lì a casa sua. A casa di babbani. Pensò che gli occhi le giocassero un brutto scherzo. Non lo vedeva dalla fine della scuola e lei si era rifiutata di scrivergli quando lui aveva insistito sul fatto che dovesse andare a casa sua per Natale. Aveva fatto una fatica immane a non rispondergli. Le mancava da morire.
Poi, quando lo aveva sentito balbettare con sua madre, il suo cuore si era aperto e non era riuscita a contenere la gioia. L'aveva chiamato, lui aveva alzato lo sguardo su di lei e le aveva sorriso. Quel magnifico sorriso che faceva solo a lei.
Era scesa per le scale e gli era andata incontro: era venuto. Era venuto per lei.

Draco aveva scoperto che i genitori di Hermione avevano paura di essere considerati "strani" dagli amici della figlia tanto quanto lui, così, dopo l'iniziale imbarazzo, avevano cercato di intavolare una conversazione neutra ed erano partiti da lì.
La madre di Hermione aveva preparato il tè e la ragazza aveva guidato tutti gli argomenti di discussione.
Non era stato male. Fino a quando un rumore strano gli aveva fatto saltare la tazza sul piattino. Si guardò intorno preoccupato, mentre la signora Granger si alzava per uscire dalla stanza.

Quando squillò il telefono, Hermione vide Draco contrarsi e la mano che reggeva il piattino del tè, vibrare. Gli appoggiò delicatamente una mano sul braccio dicendo sottovoce: "Non spaventarti. Non è niente. Adesso sentirai mia madre parlare da sola con un oggetto, ok?"
Lui la guardò stranito, ma annuì. "Voi non avete il telefono, giusto?" chiese comprensivo il padre di Hermione. Draco scosse la testa. "Come comunicate, voi nel mondo della magia? A parte i gufi. Usate i gufi per spedire le lettere, giusto?" continuò Aaron guardando la figlia. Lei annuì, contenta che il padre facesse lo sforzo di capire.
"Sì. Spediamo lettere con i gufi" disse il biondo e guardò Hermione, che sorrideva. "Ma se c'è bisogno di parlarsi subito, usiamo il camino" osò.
L'uomo si mise attento. "Il camino? Non viene usato per spostarsi da un luogo all'altro?" Lanciò uno sguardo alla figlia e lei annuì ancora con il capo.
"Sì, ma vede, possiamo anche mostrarci a qualcuno che è lontano, basta che abbia un camino. Così ci si può parlare anche a distanza."

Il signor Granger annuì, pensoso, mentre il ragazzo glielo spiegava. Alla fine era come un telefono: bisognava avere due camini (o telefoni) e ci si poteva parlare direttamente (e, probabilmente, interrompersi a vicenda proprio come stavano facendo in quel momento sua moglie e la sorella).
L'unica differenza era che si usava la magia e non si pagava la compagnia telefonica.

Hermione vide il padre con uno sguardo particolare, come se stesse accettando la cosa. Loro avevano sempre fatto fatica a capire il mondo in cui lei si era trovata sommersa da quando aveva compiuto undici anni e se lei aveva accettato la magia con semplicità, curiosità e anche una buona dose di sollievo, i suoi genitori avevano sempre mostrato un certo distacco e una certa riluttanza a comprendere il tutto.
Da quando aveva parlato loro in Australia, però, si erano mostrati molto più aperti, avevano accettato tutto e cercato di andarle incontro. Aveva potuto parlare con sua madre della scuola (e questa volta veramente, non come gli anni passati!) e le aveva raccontato anche dei ragazzi. Durante le vacanze di Natale le aveva parlato di Draco.
Beh, non le aveva proprio detto tutto, però voleva che fossero preparati al fatto che le piacesse un mago, e infatti, quando lui si era presentato, sull'uscio di casa, sua madre doveva aver capito subito chi fosse. Sorrise alla donna quando tornò in soggiorno.

"Mia sorella ci ha invitato a mangiare da lei stasera" annunciò Jean.
"Nooo. Non avrai accettato, vero?"
La signora Granger guardò torva il marito. "Penso di essermi espressa male".
L'uomo sorrise, ma il suo sorriso sparì quando sentì la moglie dire: "Andiamo a mangiare da mia sorella, stasera".

Il signor Granger si girò verso i ragazzi e chiese loro se volessero accompagnarli. Ma prima che Draco aprisse bocca, Hermione se ne uscì con un: "No, noi stasera andiamo a mangiare una pizza", e poi strinse un po' il braccio del biondo per fargli capire di non obbiettare. Lui annuì all'indirizzo degli adulti e stette zitto.
"Ok, va bene" rispose rassegnato suo padre.

Quando i genitori di Hermione si prepararono per uscire, dopo aver salutato Draco, la madre prese la ragazza da parte per dirle di 'stare attenta'.
"Mamma non ti preoccupare, andiamo solo a mangiare una pizza" disse la ragazza.
La madre la guardò alzando un sopracciglio e disse: "Ho avuto anch'io la tua età, Hermione, e lui è molto più carino di quello che mi hai raccontato".
Le diede un bacio sulla guancia, mentre Hermione arrossiva. Suo padre era già uscito e aspettava la moglie in fondo al vialetto. La ragazza lo salutò ancora con la mano. E poi chiuse la porta.

Draco stava osservando una foto incorniciata: era una foto strana. E orribile. Anche la persona fotografata era orribile. A parte il fatto che era ferma immobile e non stava né sorridendo né salutando, era proprio strana. Lui era abituato a foto molto più belle, dove le persone sorridevano e gesticolavano con la mano o a volte, anche solo con gli occhi. Invece questa foto, appoggiata sul mobile del soggiorno, ritraeva una signora anziana che, immobile con una mano per aria, aveva una brutta smorfia sul viso, un cappello rosa e una camicetta con del pizzo dello stesso colore. Non voleva essere scortese, così chiese alla ragazza se fosse sua nonna. Lei sorrise in maniera strana e scosse il capo.
"No, è la regina. Mia madre è un po' fissata, con la regina" spiegò la ragazza.
Draco annuì, senza capire niente. Chi era 'la regina'?

Quando Draco le aveva chiesto se la regina fosse sua nonna, aveva dovuto trattenere una risata. Non era colpa sua, se non conosceva la regina, giusto?
Magari un giorno o l'altro gli avrebbe spiegato qualcosa, ma di sicuro non era quello il momento.
"Grazie, Draco. Grazie di essere venuto" gli disse.
Lui si imbarazzò e divenne di un colore strano. Le si aprì di nuovo il petto. Si avvicinò a lui e gli fece una carezza prima di baciarlo sulle labbra. Un bacio piccolo e veloce. Poi gli chiese: "Vieni su in camera mia?"

Draco non rispose alla sua domanda ma le circondò i fianchi con le mani e la tirò a sé. Non la baciava da una settimana. Era un'eternità.
Appoggiò le labbra sulle sue, prima con delicatezza e poi, con desiderio. Aspettò pazientemente che lei aprisse la bocca per lui e poi non si preoccupò più di niente. La baciò per almeno dieci minuti, prima di chinarsi a posarle le labbra sul collo dicendole quanto le era mancata.
Hermione si staccò da lui quel tanto che bastava a guardarlo e sorrise, prima di prendergli un braccio e girare su se stessa.

Draco si ritrovò in una stanza dai mobili in legno chiaro con colori neutri. Hermione fece un passo indietro, mentre lui si guardava intorno: contro la parete c'era un letto singolo con una trapunta sui toni celesti e anche le tende alla finestra richiamavano quel colore. Sulla parete opposta c'era un armadio, non troppo grande e, sull'altra parete, vicino alla finestra, una scrivania con una seggiola e una mensola. L'ultima parete era occupata da un'enorme libreria piena, giustamente, di libri.
La camera di Hermione. La rispecchiava in tutto. Semplice, ma vissuta. Probabilmente il posto dove passava più tempo in quella casa.
"Bello qui" disse. Draco lo pensava veramente.
Camera sua, al Manor era un'enorme stanza fredda con i colori della sua casa. Anche il bagno privato era verde argento. Suo padre era fissato su tante cose e i colori dei Serpeverde era una di queste, altro che foto 'di regina' in salotto. Il suo letto era matrimoniale, perché i purosangue usavano stanze e letti enormi da migliaia di anni, come se l'ampiezza delle stanze dovesse in qualche modo confermare la purezza del cognome.
Il letto di Hermione invece, sembrava caldo, piccolo e confortevole. Il posto ideale per stare abbracciati stretti. Lei dovette leggergli i pensieri perché poco dopo, lo trascinò lì, sedendosi e obbligandolo a fare lo stesso.
"Anche tu mi sei mancato" gli confidò, prima di farlo stendere e montare a cavalcioni su di lui.

Hermione non pensava che sarebbe mai successo. Draco lì, nella sua stanza. Merlino non aveva neanche messo in ordine. Aveva lasciato dei libri vicino al letto e anche vicino alla scrivania.
Sperò che lui non se ne accorgesse. Quando lo osservò guardare il letto con quell'espressione tenera, decise che l'avrebbe distratto per non fargli notare le cose in disordine. Lo spinse verso il letto e pensò a quanto le era mancato. Tantissimo. Le era mancato tantissimo. Ed era così contenta che lui fosse lì.

La ragazza gli aveva slacciato i bottoni della camicia, dopo avergli tolto la giacca, e lui non capiva già più niente. Quando lei si tolse il maglione rimanendo solo con il reggiseno lui si ricordò a malapena il suo nome.
Lei continuava a fargli quell'effetto. Probabilmente sarebbe stato sempre così. Era sconvolgente, ma lui era felice.
Quando si chinò a baciargli la base del collo e il petto, sorrise al mondo, chiudendo gli occhi.

Ritorno a HogwartsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora