49. Il Carillon

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Il capanno era un ripostiglio; Weasley l'aveva portata in un ripostiglio. Più o meno.
C'era confusione. Più che in casa. Su un lato c'era un tavolo di legno con appoggiati sopra un po' di oggetti strani. E poi scaffali e mensole, pieni di cose.
"Questo è il rifugio di mio padre. Studia qui gli oggetti babbani. Mamma non entra mai" spiegò lui.
Lei non capì bene né perché glielo stesse dicendo, né perché l'avesse portata lì.
Quando Weasley la tirò per la mano (lui non l'aveva ancora lasciata), lo seguì verso il fondo del locale. Lui si chinò e spostò una coperta da una scatola di carta. Sotto la coperta, quattro testoline guardarono in alto: quattro gatti. Un gatto grosso e tre gattini piccoli.
"Oh..." esclamò, lasciando la sua mano e chinandosi vicino a lui.
Erano stupendi. Mamma gatta non oppose resistenza quando Weasley ne prese uno per la collottola e glielo allungò. Lei tenne in mano quel gattino grigio con gli occhi verdi, mentre lui strofinava la testa contro la sua mano. Miagolava. Com'era morbido. Pansy lo accarezzò sulla testolina mentre lui allargava le zampine. Il suo punto debole: i gattini.

I suoi occhi brillavano. Era bellissima. Ron pensò di non aver mai visto qualcosa di così bello. E poi lei non era fidanzata. Cosa avrebbe fatto se l'avesse baciata ancora? Le sue labbra erano così invitanti. Si alzò velocemente. Non era sicuro. Lei lo guardò e poi si alzò anche lei.
"Stai bene? Hai una faccia strana" gli chiese, preoccupata.
Lei si richinò a sistemare il gatto vicino alla mamma e fece una carezza a tutti.
Lui indietreggiò di un passo, finì contrò il tavolo e una scatola di legno cadde sulla coperta, vicino a lei, spaventando i gatti.
La mora lo guardò stranita, continuò ad accarezzare la mamma gatta e poi si alzò, raccogliendo la scatola e appoggiandola vicino a lui.

"Che succede?" gli chiese ancora.
Pansy pensava di aver fatto qualcosa di male. Ma non capiva cosa. Lui aveva una faccia così strana. Il rosso non parlava, ancora. E lei si stava spaventando. Appoggiò la scatola sul tavolo dietro di lui, un tavolo stretto e lungo appoggiato al muro, e guardò le cose che c'erano sopra per non guardarlo ancora in faccia. Oggetti babbani, aveva detto. Anche la scatola che aveva in mano era babbana?
La guardò bene: aveva delle decorazioni su tutti i lati, alcune linee sembravano addirittura essere state intagliate nel legno. L'accarezzò con la mano.

Ron si riscosse quel tanto che bastava per accorgersi che lei aveva appoggiato la scatola e la stava osservando. Si girò, e notò che lei passava la mano avanti e indietro, come se dovesse succedere qualcosa. Così allungò la mano anche lui e fece scattare la piccola serratura.
"È un carillon babbano" spiegò.
Lo aprì e la statua immobile di una ballerina, in piedi al centro della scatola, fece la sua apparizione.

Pansy si dimenticò di essere stata spaventata, poco prima. Quella scatola era bellissima. Anche dentro era decorata, con disegni di fiori e foglie e, al centro, c'era una piccola donna, immobile e vestita di pizzo, in una posizione strana. Aveva le braccia aperte, una verso l'alto e l'altra verso il basso.
Lei tirò fuori la bacchetta per incantarla ma Weasley le bloccò la mano. "No. Funziona senza magia" disse.
Lei si voltò a guardarlo. "Possibile?"
Quando Weasley sorrise, lei si sentì mancare. "Sì, è possibile. Guarda: questa è una ballerina e adesso la facciamo ballare".
Voltò la scatola e girò (con la mano!) più volte, un pezzo di metallo dalla forma strana che c'era nella parte posteriore. Poi rimise la scatola diritta, l'aprì per bene e toccò qualcosa dietro.
La ballerina, iniziò a girare, perfettamente immobile, ma girando su se stessa, creando con le braccia un disegno strano. Tutto questo al suono di una musica lenta e dolce, che Pansy non aveva mai sentito e che usciva dalla scatola quando la ballerina si muoveva. Era una cosa strana. La ballerina era immobile, vero, ma era bellissima. E funzionava senza magia. La guardò, incantata, mentre girava.
A un certo punto la musica si interruppe e la scatola fece un rumore strano.
"Che succede?" gli chiese, voltandosi verso di lui.
"Niente" rispose. Lui riportò la mano dietro e la scatola smise di far rumore e la ballerina di girare. "È rotto. Mio padre dice che bisogna aprirlo e aggiustare un meccanismo. Ma non so cosa sia, un meccanismo"

La mora ci rimase male. Ron lo notò dalla sua espressione. "È un peccato. È molto bello. Non pensavo che i babbani potessero fare delle cose così... così belle, senza la magia" sussurrò.
"Sì, a lui piacciono queste cose, ma poi non è capace di usarli. È qui da qualche anno, non l'ha mai aggiustato. Doveva regalarlo a Ginny ma lei si è lamentata del fatto che la ballerina non fosse una giocatrice di Quidditch e non avesse la scopa."
Lei sorrise, chiudendo la scatola. "Non faccio fatica a immaginarlo" ammise.

"Mi hai fatto vedere due cose belle" mormorò dopo un attimo di silenzio.
"Ti avevo detto di fidarti e tu l'hai fatto" Lei guardò per terra, imbarazzata. Aveva grossi problemi con la fiducia e non voleva parlarne. Weasley si avvicinò e le mise due dita sotto il mento.
"Grazie per esserti fidata di me."
Pansy si perse. Si perse nei suoi occhi blu. Fantastici occhi blu. Quando lui si avvicinò per baciarla, non disse di no, non si tirò indietro e non pensò neanche per un momento di permettergli di smettere.

Quando le loro bocche si erano toccate, Ron pensava che lei si sarebbe tirata indietro. Quando le aveva fatto aprire le labbra con le sue, lei non si era staccata. Quando aveva accarezzato la sua lingua, era preparato a un'eventuale fuga. Ma lei gli aveva gettato le braccia al collo e si era stretta a lui. Molto di più dell'altra volta. Poteva sentire il suo seno premergli sul petto.
Stavolta non aveva dubbi, sapeva cosa fare: le mise le mani sotto il sedere e l'alzò, sistemandola sul tavolo. Lei si staccò da lui quel tanto per dire: "Attento al carillon".
Lui sorrise dicendo: "Quante pretese...", mentre le mordeva il labbro e lei inarcava la schiena.
La mora gli strinse le gambe intorno al bacino e sussurrò sulla sua bocca: "Tu non ne hai idea delle pretese che ho". Il suo sguardo si fece pericoloso e con un gesto veloce si sganciò il mantello, lasciandolo cadere alle sue spalle. Slegò anche quello del ragazzo e Ron non si preoccupò di sapere dove finisse.
Le mani di lei erano fameliche, gli alzarono il maglione e si intrufolarono sotto, cercando la sua pelle. Ron gemette quando sentì le mani fredde accarezzargli il petto, prima di togliergli gli indumenti. I loro baci divennero sempre più appassionati e lui pensò che lei lo avrebbe divorato. E glielo avrebbe lasciato fare volentieri.
Quando le accarezzò i seni dalle sue labbra uscì il suono più bello del mondo. Non si sarebbe mai stancato di sentirlo, se fosse stato sempre lui a provocarlo.
Quando buona parte dei loro vestiti finì sul pavimento, e le loro bocche avevano assaggiato più pelle che labbra, il rosso si voltò velocemente verso la porta e poi disse sulla sua bocca: "In camera mia..."
Ma lei era di parere diverso. "No. Va bene qui". Ron non protestò, mise mano alla bacchetta, lanciò un incantesimo all'entrata del capanno, uno su se stesso e l'amò.

Pansy si svegliò dal suo sogno. No. Non si svegliò, perché non era un sogno. Era su un tavolo di legno e fra le gambe aveva il ragazzo più dolce che avesse mai conosciuto.
Per un attimo si spaventò di nuovo. Perché glielo aveva permesso? Cosa sarebbe successo? Lui cosa avrebbe fatto? E lei? Aveva fatto bene? Oh, per Salazar, a lei aveva fatto bene. Benissimo. Al resto avrebbe pensato dopo.

Ron era imbarazzato. Aveva insistito troppo? E lei era pentita di quello che era successo? Gli avrebbe rifilato la storia del bravo ragazzo? E se poi se ne fosse andata? E se lei avesse detto che era un errore? Doveva vergognarsi di averla presa lì, nella baracca, invece che su un letto?
Un turbine di domande tutte insieme gli si presentarono alla mente e poi... poi lei sorrise e a lui non interessò più niente. Si avvicinò di nuovo e la baciò ancora. E lei rispose al bacio. Ancora.
"Siamo stati via parecchio" le disse, allungandole i pantaloncini.
Lei ridacchiò mentre si rivestiva. "Ti sopravvaluti, Weasley".
La sua bocca disegnò un cerchio mentre diceva: "Oh?"
Ma lei, che si era già infilata metà dei vestiti, gli sorrise e gli tornò vicino. "Scherzavo, non fare così" disse,  prima di baciarlo ancora.

Quando capì che lui si era tranquillizzato, si spostò per finire di vestirsi. "Ci staranno cercando davvero". Weasley si risvegliò dal momento di stupore, che lei fece finta di non vedere ma che notò benissimo, e prese a vestirsi velocemente.
Pansy portò una mano all'orecchio e si tolse un orecchino, e tenendolo in mano.

Uscirono dal capanno e Ron le chiese: "Che diciamo se ci chiedono..." In quel momento Ginny e Hermione si avvicinarono di corsa a loro.
"Ma che fine avete fatto?" domandò Ginny, mentre Hermione sorrise e basta.

Pansy indicò con il pollice il capanno. "Tuo fratello mi ha fatto vedere i gattini. Ma poi mi è caduto un orecchino e ci abbiamo messo una vita a trovarlo. C'è così tanta roba là dentro..." disse, mostrando l'orecchino nella mano. Ginny divenne rossa sulle guance e disse imbarazzata: "Si effettivamente..."

Hermione guardò la Serpeverde: aveva il trucco un po' sbavato, i capelli spettinati e i vestiti leggermente in disordine. Guardò anche Ron: anche lui sembrava stropicciato. Ma si vedeva che stavano bene, tutti e due. Tornarno in casa tutti e quattro e la riccia indicò il bagno alla mora, che la ringraziò, il tutto di nascosto a Ginny.

Pansy si guardò allo specchio appena chiuse la porta del bagno. Per Salazar, aveva appena fatto l'amore con Weasley, nel ripostiglio in giardino, con la sua famiglia in casa! Per la barba di Merlino! Ma sorrise a se stessa.
Si sistemò i vestiti e i capelli e si aggiustò il trucco. Si rimise l'orecchino e piegò il mantello, appoggiandolo sul braccio. Quando uscì dal bagno si sentì in ordine. E la bella sensazione di prima non era ancora passata.
Erano tutti in soggiorno. Lanciò uno sguardo al rosso, che la stava guardando e lui le sorrise. Lei ricambiò il suo sorriso. Come doveva comportarsi, adesso? La signora Weasley uscì dalla cucina e la chiamò. Pansy si avviò, un po' preoccupata, verso la cucina.
Possibile che avesse capito quello che era successo? Cosa voleva fare, sgridarla? Entrò in cucina titubante.
La signora Weasley aveva già iniziato a preparare la cena e un leggero profumino si levava dai fornelli, dove una pentola si stava mescolando da sola. La strega le fece cenno di chiudere la porta. Erano solo loro in cucina.
"Dove dormi in questi giorni?" le chiese la donna. Uh. Diretta quanto Ginny.
Così Pansy glielo spiegò: "Ho trovato la casa di mio padre. La sto sistemando".
"E la casa dove abitavi prima?" domandò la strega.
"Il ministero l'ha sequestrata" rispose Pansy. Perché glielo chiedeva?
"E quando ti sarà riconsegnata?"
La ragazza scosse le spalle. "Non lo so. Me la ridaranno? Pensavo di no..."
La signora Weasley la guardò comprensiva. "Il ministero ha 31 giorni per fare le proprie indagini. Se non trova niente, tutto decade. Se avessero trovato qualcosa, l'avresti saputo. Manderò qualche gufo" spiegò.
"Non c'è bisogno" disse Pansy, velocemente. Voleva uscire da quella cucina al più presto. Non voleva che la donna si preoccupasse per lei, ma la strega non l'ascoltò.
"E invece tua madre?" domandò ancora.
La Serpeverde rimase un attimo zitta, poi chiese, sottovoce: "Cosa intende?"
"Sei andata a trovarla? Le hai scritto?" La mora scosse la testa.
"Lei c'era al processo, l'ho vista. Ha sentito tutto quello che ha detto... ha detto su di me" lo sguardo di Pansy si fece duro e lei ridivenne la Pansy di due anni prima. "Perché mi chiede se ho avuto contatti con mia madre?" le chiese ancora.
"Perché dovresti parlare con lei" spiegò dolcemente la signora Weasley. Il suo sguardo divenne comprensivo e Pansy percepì così tanto affetto in quegli occhi che si mise sulla difensiva.
"Per farla stare meglio?" le chiese, con tono provocatorio. La strega rossa le si avvicinò.
"Per far star meglio te" sussurrò.
Lei guardò da un'altra parte. "Non voglio parlarle" disse con un filo di voce.
"Pensaci, ok?" Pansy si sentì obbligata ad annuire. Ma non ci sarebbe mai andata. Mai. Sua madre era l'ultima persona che voleva incontrare.
Era difficile da spiegare, a loro. Sapeva che la strega che aveva davanti, aveva ucciso Bellatrix quando aveva tentato di lanciare una maledizione a Ginny.
La ragazza non era così sicura che sua madre avrebbe fatto lo stesso per lei. Poi la donna le si avvicinò di più e l'abbracciò.
Per un attimo ebbe paura che sentisse addosso a lei il profumo del figlio. Pansy lo sentiva tantissimo: pino. Era sicura che fosse pino di Scozia.
"Di qualunque cosa tu abbia bisogno, noi siamo qui, ok?" Pansy si staccò dalla strega con le lacrime agli occhi e annuì ancora. "Ti fermi a cena?" domandò ancora la donna.
"No, grazie, sono un po' stanca, preferisco andare a casa" rispose la Serpeverde e non era neanche una bugia: era stanca davvero. Un pomeriggio molto impegnativo. Emotivamente.
"Prendi su un po' di biscotti" disse la strega, facendo levitare una decina di biscotti dentro un sacchetto di carta.
Pansy li prese, per non essere scortese, ma era sicurissima che non li avrebbe mangiati. Non riusciva a mangiare dolci da almeno due anni.

Ron era seduto sul tappeto a giocare a carte con Harry e continuava a guardare la porta chiusa della cucina e sua sorella.
Sembrava che Ginny si fosse calmata e Harry gli lanciò un'occhiata per dirgli che andava tutto bene.
La Parkinson era in cucina con sua madre da quasi un quarto d'ora. Cosa stava succedendo? Quando la porta si aprì e uscì sua madre, tirò un sospiro di sollievo. Quando uscì anche la ragazza notò che aveva già indossato il mantello. Se ne stava andando? Anche Hermione si stava mettendo il mantello. Ginny alzò lo sguardo sulle amiche e chiese: "No, andate già via? Non rimanete a cena?"
Hermione spiegò che doveva tornare a casa dai suoi e Pansy raccontò di avere delle cose da fare.
Ron andò in panico. Era stata sua madre a mandarla via? Ginny abbracciò le ragazze e promise di rimanere in contatto, con tutte e due.
Ron si alzò a sua volta e sgattaiolò fuori appena uscirono. Sarebbero tornate a casa smaterializzandosi, se non faceva presto, lei se ne sarebbe andata e lui non avrebbe saputo come raggiungerla.
Hermione, che aveva capito che Ron voleva parlare con la Serpeverde, salutò e sparì subito. Appena furono soli, il rosso prese la mano di Pansy e le chiese se andasse tutto bene. Lei annuì silenziosamete. Aveva uno sguardo triste.
"Mia madre ti ha detto qualcosa? Qualcosa di brutto?" le domandò.
La Serpeverde spalancò la bocca. "No! Tua madre è carinissima. Faccio solo fatica a dirle di no" disse sorridendo e sventolando il sacchetto con i biscotti.
"Lo dice anche mio padre" Ron era contento: lei era tranquilla. "Dove vai adesso?" le chiese.
"A casa di mio padre. È appena fuori Londra" spiegò lei. 
"Posso venire a trovarti?" Ron vide chiaramente il suo sguardo mutare e sorridere in maniera strana. "Vuoi venire a mangiare i biscotti?"
Lui rise, ma insistette: "Come vengo?" Non voleva cedere. Non voleva lasciare al caso. Forse per la prima volta in vita sua.
"Siamo collegati alla metropolvere" disse.
"Casa Parkinson, quindi?" Lei annuì e Ron si chinò per baciarla dolcemente sulle labbra, senza preoccuparsi che qualcuno potesse vederli. "Vengo dopo cena" disse e lei si smaterializzò.
Lui sospirò, guardando il punto in cui era sparita. Sperò che arrivasse presto il momento di buttarsi nel camino.

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