Il 26 aprile era giunta a Firenze una staffetta ufficiale che portava con sé il mandatorio papale, che in sostanza lasciava alla Signoria la decisione non solo sui vari prigionieri accusati di essere di parte savonaroliana, ma addirittura sullo stesso frate.
La confusione che ne era seguita aveva portato i fiorentini ad accalcarsi nelle piazze e riversarsi, verso le tre del pomeriggio del giorno appresso, in quella dei Signori.
Qui, su un palchetto che lo metteva ben in mostra, il bargello cittadino aveva letto l'elenco dei condannati e, fino a sera, uno dopo l'altro erano stati attaccati alla corda.
Lorenzo Medici aveva assistito con ansia per tutto il tempo, vedendo passare sotto il giudizio non solo suoi oppositori, ma anche alcuni suoi conoscenti con cui era pure capitato di fare conversazioni piacevoli.
Firenze era un calderone, ormai, ai suoi occhi, ed era il momento di mettervi un coperchio. Quando la Signoria si era riunita, ancora senza la guida di un vero e proprio Gonfaloniere di Giustizia, il Popolano aveva fatto del suo meglio per insistere sulla pena capitale da infliggere a Savonarola e, subito dopo, aveva riattirato l'attenzione sulla guerra.
"Il Moro – aveva cominciato a dire, non appena aveva ottenuto l'attenzione di tutti – crede nella nostra causa ed è pronto a difenderci a tergo da Venezia, se noi accettiamo la condotta di Ottaviano Riario!"
"Il figlio di vostra cognata?" chiese subito, mellifluo, uno dei suoi oppositori più infidi, uno di quelli che erano perfino riusciti a scampare al giudizio del bargello: "E chi ci guadagnerebbe? I Medici, suppongo..."
"Prima di tutto, non potete dire con certezza che la Sforza sia mia cognata – lo tacitò Lorenzo, le guance, ogni giorno più scavate, che si imporporavano – e poi se vi fermaste a ragionare, capireste quanto ne abbiamo bisogno!"
"Già abbiamo concesso una condotta a quel delinquete di Ottaviano Manfredi..." iniziò a dire un altro, allargando le braccia.
"Lo abbiamo fatto perché ci ha promesso che in cambio, con i soldi che gli daremo, rovescerà suo cugino e farà di Faenza uno Stato a noi amico." precisò Jacopo Salviati, presente per caso quel giorno.
Le riunioni della signoria, dalla morte del Gonfaloniere di Giustizia, si erano avvicendate in modo sempre più caotico e tutti quelli che arrivavano nella sala sembravano autorizzati a parlare, gridare, commentare e criticare le parole dei membri effettivi della Signoria.
"Faenza, però, è nulla, senza Imola e Forlì." precisò Lorenzo, felice dell'intromissione di Salviati, così provvidenziale da dargli l'appiglio che cercava: "Se ingaggiamo il Riario, sua madre si impegna a fare dei suoi Stati un nostro satellite."
"Figuriamoci!" sbottò un fiorentino del pubblico: "Tutti sanno che la Sforza non ha mollato il suo Stato nemmeno quando le hanno ammazzato non uno, ma due mariti! E fossi in vostro fratello, starei attento a quello che mangio e bevo, prima di finire stecchito come i primi due!"
Il Medici dovette trattenersi con tutto se stesso per non esplodere. Sentiva lo stomaco bruciare e il cuore si rivoltava in modo strano, come se un pugno invisibile lo stesse stringendo.
Si appoggiò una mano sulla pancia e deglutì, rimandando indietro l'acido che stava risalendo e poi disse, con una certa distensione: "Come ho detto prima, non potete dire che mio fratello abbia sposato quella donna. Ha solo tenuto buoni rapporti con uno Stato la cui alleanza è cruciare per Firenze."
La discussione andò avanti per molto, fino a che non si toccarono i punti richiesti espressamente dalla Tigre di Forlì, in particolare l'esoso compenso.
"Si impegna a portare dalla nostra parte l'esperienza del suo esercito. Le sue armi e la sua astuzia. E perdonatemi se mi permetto, ma..." fece Lorenzo, mentre ogni parola buona dedicata a quella donna gli costava una fatica inaudita: "Firenze ha poco di tutto ciò. Con lei al nostro fianco, presto potremmo avere l'intera Romagna."
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Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)
Fiksi Sejarah(Troverete le prime due parti sul mio profilo!) Caterina Sforza nacque nel 1463, figlia illegittima del Duca di Milano e di una delle sue amanti, Lucrezia Landriani. Dopo un'infanzia abbastanza serena trascorsa quasi per intero tra le mura del...