Capitolo 356: Et veggio 'l meglio, et al peggior m'appiglio

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Frate Mariano da Genazzano, Priore Generale degli Agostiniani, stava guardando con aria greve Giovanni Sforza, che se ne stava davanti a lui in silenzio.

L'anziano religioso, che poteva vantare ottantacinque anni, aveva ancora gli occhi acuti e svegli di un uomo nel pieno delle forze. Le sue guance, un tempo sempre bluastre di barba in fase di ricrescita, erano chiazzate da qualche ciuffo bianco e anche i capelli si erano diradati, senza, però, lasciarlo calvo sotto allo zuccotto.

"Quello che mi state dicendo è molto grave." trovò la forza di dire il signore di Pesaro.

Le parole taglienti del frate, dette con una voce ancora decisa e per niente da vecchio, avevano fatto vibrare il cuore dello Sforza come l'esplosione di un colpo di cannone.

A poco valeva l'aria tranquilla del suo palazzo pesarese, a nulla la dolcezza del vino che aveva davanti.

Frate Mariano gli aveva detto chiaro e tondo che il papa era stanco di lui. Lucrecia aveva deciso di non raggiungerlo a Pesaro, o, nell'ipotesi più ottimista, le era stato impedito di farlo.

"La scelta sta a voi." riprese il religioso, sistemandosi un po' sull'ottomana che il suo ospite gli aveva offerto: "O confermerete che le nozze tra voi e madonna Lucrecia non sono mai state consumate..."

Giovanni strinse i denti e si chiese come potessero i Borja pretendere una cosa simile, soprattutto dopo che uno dei fratelli della sposa, Cesare, era stato presente, piazzato come lo spettatore di una recita di teatro, in prima fila, prodigo di commenti a mezza bocca e osservazioni umilianti...

"Oppure – proseguì il frate – sosterrete che le nozze con madonna Lucrecia non sono mai state valide perché la figlia di Sua Santità non era mai stata formalmente sciolta dai patti matrimoniali con don Gaspare da Procida."

'Quanto parla...' pensò lo Sforza, guardando di sottinsù l'anziano, che, stringendo le labbra rese flaccide dall'età, aspettava una sua reazione.

"Ma in tal caso – provò a dire il signore di Pesaro, cercando di non pensare all'accento romanesco del frate, che gli ricordava tragicamente il suo ultimo soggiorno in Vaticano – madonna Lucrecia verrebbe tacciata di essersi congiunta a un uomo senza il legale vincolo del matrimonio..."

"Ovviamente no." ribatté con freddezza Mariano, i cui occhi lampeggiarono come a dire a Giovanni che non era il caso di fare il furbo con lui: "Anche in questo caso sosterrete di non aver consumato le nozze, ma avrete la scusa dei vostri dubbi circa la sua legalità."

"Ma io..." cominciò a dire lo Sforza, punto sul vivo, mentre il ricordo dei capelli biondi di Lucrecia e del suo sguardo esigente gli annebbiava per un momento la mente.

"Ma voi niente." lo fermò l'anziano, sollevando una mano dalle dita nodose: "Anzi, se mai vi capitasse di rivedere madonna Lucrecia per qualche inusitato motivo, sappiate che è precisa volontà del papa che voi non vi congiungiate a lei per nessun motivo. Tanto più che ella sarà presto diretta in Spagna."

"In Spagna? E perché?" scattò il signore di Pesaro, quasi strozzandosi con la saliva.

"Questo non sta a me saperlo." concluse il frate, sollevando le braccia con fare plateale: "E ora, se avete la compiacenza, un uomo della mia età ha bisogno di molto riposo. In fondo, ci siamo detti quel che dovevamo..."

E, facendosi aiutare, frate Mariano si alzò e poi chiamò a sé i due servi che lo seguivano quasi sempre come due ombre e si fece accompagnare nella stanza che 'tanto generosamente l'ammirevole messer Sforza' aveva fatto preparare per lui.


 Le porte chiuse stavano rendendo la città di Forlì sempre più claustrofobica. Nel giro di pochi giorni, l'uso dei rimedi della Contessa stava già dando i primi risultati, ma, malgrado ciò, la peste non poteva dirsi debellata ed era difficile capire quando si sarebbe tornati alla normalità.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora