Cesare Borja si stava grattando il collo con un'espressione corrucciata a stravolgergli i lineamenti del viso.
Sua madre Vannozza, che stava ricamando vicino alla finestra, alla luce di quel 13 giugno, gli dedicò uno sguardo preoccupato: "Che c'è?"
Il figlio la sentì, ma non aveva dato ascolto alle sue parole, perciò, continuando a tormentarsi l'attaccatura del capelli, disse: "Cosa?"
"Ti ho chiesto che hai..." ribadì la madre, mettendo da parte il ricamo e cominciando a fissare Cesare con più insistenza.
Il giovane Borja era arrivato nella casa della madre per confermare la sua presenza alla cena della sera seguente e per aggiornarla sulla condizione di Lucrecia, che restava ancora chiusa in convento.
Con un gesto infastidito della mano, l'uomo lasciò intendere che non era il caso di fargli domande del genere, ma la donna insistette, con la medesima testardaggine che aveva passata, in misura variabile, ai suoi figli: "Vuoi dirmi che cos'hai, oggi?!"
"Che ne so!" sbottò Cesare, infastidito, dandosi un'ultima scrollata al colletto: "Avrà preso le pulci, oppure questa storia mi sta facendo venire l'orticaria..! In entrambi i casi, sarebbe l'ultimo dei miei problemi..."
L'ultima parte, il giovane l'aveva sputata come un commento tra sé, ma Vannozza non aveva intenzione di mollare la presa.
"Stai ancora così per la storia di Juan? Ormai è passato del tempo, e poi tuo padre ha fatto bene a far impiccare..." cominciò la donna, assumendo il tono pedante che spesso assumeva quando parlava del papa.
"Ha fatto impiccare un uomo – precisò Cesare, interrompendola – solo perché ha fatto delle battutacce contro Juan, dopo che lui l'ha provocato."
"Ha parlato male di vostro padre!" fece Vannozza, a mo' di difesa del figlio assente.
A quelle parole, il figlio che era invece presente, abuffò in modo sonoro e poi disse: "Va bene, madre, ci vediamo domani sera. Vi prego, fate qualcosa anche voi per convincere Lucrecia a uscire da quel convento. Non mi fido a saperla a San Sisto."
Vannozza annuì e salutò il figlio, che uscì di fretta e montò a cavallo, alla volta del palazzo del padre.
Mentre attraversava a gran velocità le strade di Roma, stipate di mendicanti, pellegrini e perdigiorno, Cesare dovette trattenere a stento le lacrime. Perfino sua madre, che pure li conosceva meglio di quanto non li conoscesse il papa, preferiva Juan a lui e lo difendeva anche quando difese non c'erano.
Avevano tutti messo in fretta a tacere la brutta storia seguita al banchetto voluto da Ascanio Sforza, ma Cesare no. Juan aveva passato tutta la sera a bere e fare parole grosse, prendendo pesantemente in giro tutti i presenti. Dopo un po' uno di questi aveva osato reagire con frasi salaci che, a quanto dicevano, avevano come nodo cruciale la dubbia paternità del pontefice per via dei costumi frivoli di Vannozza Cattanei. Il giorno appresso, Juan era corso a piagnucolare dal padre, che aveva fatto fare irruzione in casa di Ascanio Sforza e aveva catturato il commensale linguacciuto, mettendolo subito a morte.
Vedendo già il profilo dei palazzi vaticani oltre le case di Roma, Cesare diede di speroni al cavallo, non curandosi di quelli che quasi restavano travolti dalla sua corsa.
Quando arrivò a destinazione, lasciò la bestia agli stallieri e andò a cercare il fratello, per dirgli che la loro madre aveva confermato l'invito per il giorno dopo. Per la prima volta in vita sua, Cesare voleva davvero sedere alla stessa tavola del fratello per una cena...
"Sembra che sia nei giardini con madonna Sancha..." spiegò uno dei valletti del Borja preferito dai genitori.
Cesare strinse il morso e ringraziò, ripromettendosi di cercarlo nel pomeirggio. Tentò di non pensarci più, ma tutto ciò che la sua mente riusciva a pensare era solo: 'Perfino Sancha lo preferisce a me...'
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Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)
Ficção Histórica(Troverete le prime due parti sul mio profilo!) Caterina Sforza nacque nel 1463, figlia illegittima del Duca di Milano e di una delle sue amanti, Lucrezia Landriani. Dopo un'infanzia abbastanza serena trascorsa quasi per intero tra le mura del...