Giovanni Bentivoglio teneva gli occhi segnati da pesanti borse rivolte verso il figlio. Alessandro era arrivato da poco da Casteggio, dove aveva lasciato la moglie, e stava già per ripartire.
"Una sopravveste da quattrocento ducati è un ottimo dono." disse il signore di Bologna, cercando le parole giuste per congedarsi dal ventitreenne che aveva davanti: "E anche il cavallo che la città ha deciso di donarti... Trovo sia stato un bel gesto."
"Perché mi mandate a combattere contro Pisa? Lo sapete chi sta osteggiando i fiorentini, nel pisano?" fece Alessandro, le labbra che si increspavano di rabbia, mentre i tratti grossolani del suo viso tradivano tutta la sua contrarietà.
Padre e figlio, l'uno in abiti pesanti ed eleganti, con la catena da capofamiglia al collo, l'altro già in mezza armatura, erano nel vestibolo e stavano aspettando che l'attendente di Alessandro arrivasse a dirgli che i cavalli erano pronti.
"Certo che lo so, cosa credi." ribatté il padre, mentre tutta la buona volontà di non urtarsi con il suo secondo figlio maschio andava vanificandosi: "Ma è giusto andare contro i veneziani. Siamo troppo vicini alle terre del Doge. Se Bologna dovesse mostrarsi troppo morbida con la Serenissima, ora che il Moro sta perdendo colpi, sarebbe la fine, per noi."
"Perché state mandando me?" chiese ancora il figlio, appoggiando una mano sull'elsa della spada corta che portava al fianco, non riuscendo ancora a capacitarsi del fatto che il padre avesse deciso di accettare a nome suo quella condotta fiorentina.
"Perché il tuo mestiere sono le armi. E perché a Casteggio non stavi combinando nulla!" ribatté Giovanni, cercando di moderare il volume della voce, per evitare che i servi che si stavano affaccendando nella camera accanto sentissero qualcosa.
"Anche mio fratello Annibale fa il soldato, come me, però lo tenete qui a costruire... Cosa sta facendo?" chiese Alessandro, con una smorfia.
Il signore di Bologna non volle rispondere. Anche lui a volte pensava che il suo erede stesse spendendo soldi per niente, con il suo strano progetto. Costruire un palazzo per esercitarsi con le armi, secondo lui, non aveva molto senso.
Non lo diceva mai apertamente, ma gli sembrava tanto una scelta di comodo, soprattutto di quell'epoca.
Le armi, secondo lui, si dovevano usare all'aperto, nei cortili d'addestramento e nei boschi, non al caldo e protetti dalla pioggia e dalla neve.
"E poi così – riprese il Bentivoglio, guardando di traverso il figlio – almeno ti allontani dalla peste... Ho sentito che dalle vostre parti sta colpendo molto duramente la popolazione."
Alessandro sbuffò, ripensando a come si era sentito a lasciare la moglie a Casteggio, poco prima che le porte venissero chiuse e lei decidesse di restare dentro le mura.
"Una Sforza fatta e finita – aveva commentato il loro segretario – com'era quel terremoto di suo padre Carlo. Se non fosse morto a ventidue anni, ve lo dico io che avrebbe combinato!"
Ippolita, che aveva perso il padre a un anno e la madre a sei, a volte sembrava incarnare davvero le qualità dei signori di Milano.
Come dicevano tutti, gli Sforza erano tutti o grandi guerrieri, o grandi seduttori o grandi mangioni.
E di norma, sostenevano quelli che avevano conosciuto i membri più rappresentativi della famiglia, uno Sforza degno di tal nome eccelleva per lo meno in due qualità su tre. L'unico che era riuscito a eccellere in tutte e tre le specialità di famiglia, sembrava essere stato il capostipite: Francesco Sforza.
Ippolita, benché non avesse mai avuto modo di mettersi alla prova su un vero campo di battaglia, pareva propendere per la prima dote. Alessandro sperava che con il tempo si mostrasse incline anche alla seconda, ma per ora la sua sposa aveva appena sedici anni. Per quanto lo riguardava, la poteva aspettare. L'apprezzava per quella che era e non aveva alcun interesse a usarle violenza.
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Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)
Ficción histórica(Troverete le prime due parti sul mio profilo!) Caterina Sforza nacque nel 1463, figlia illegittima del Duca di Milano e di una delle sue amanti, Lucrezia Landriani. Dopo un'infanzia abbastanza serena trascorsa quasi per intero tra le mura del...