Capitolo 320: Ingégnati, se puoi, d'esser palese.

309 29 132
                                    

Il 23 novembre, il giorno dopo la morte di sua figlia, Ludovico Sforza riuscì a trovare il coraggio di scrivere a Bernardina de Corradis, la madre di Bianca Giovanna, che viveva ancora a Voghera.

Il Duca aveva fatto sì che qualcuno andasse subito a informarla, con tatto, dell'accaduto e aveva impedito a Beatrice di recarsi da Bernardina di persona.

L'Este, infatti, voleva agire secondo i dettami del proprio cuore, ma il Moro era abbastanza sicuro che non fosse il caso di mettersi in pericolo per una cosa del genere.

La Duchessa era quasi al termine della gravidanza. Le mancava un mese, più o meno, e viaggiare in quel freddo finale di novembre, sotto i primi fiocchi di neve che andavano a posarsi sulla campagna silenziosa della Lombardia, non era esattamente una mossa saggia.

Per di più, quando aveva visto il corpo esanime di sua figlia, Ludovico vi aveva riconosciuto dei segni che l'avevano fatto inorridire e il suo desiderio di tenersi vicina la moglie e controllare che nessuno le facesse del male era aumentato a dismisura.

Non si sarebbe sorpreso, a quel punto, di vederla tornare cadavere, se mai si fosse permesso di lasciarla partire per Voghera.

Aveva anche cercato di farla tacere, quando ella aveva cominciato a puntare il dito contro il soggiorno a Bobbio.

Più Beatrice piangeva e alzava la voce dicendo che Bianca Giovanna non era morta di malattia, ma per mano di qualcuno che la voleva ridurre al silenzio, più il marito minimizzava, seppur con grande fatica, dicendo che la sua povera figlia non era certo la prima Sforza a morire per un male del genere.

Erano stati tanti, nella loro famiglia, a soffrire – e grandemente – di stomaco e alcuni,purtroppo, ne era perfino morti. Anche se Bianca Giovanna era molto giovane ed era parsa in salute per molti anni, era chiaro che pure lei avesse incappato nella sfortuna che aveva colpito prima di lei molti altri Sforza.

Beatrice ci aveva messo un po', ma poi, probabilmente, aveva capito l'antifona e non aveva più detto nulla, se non dei rosari.

Con un sospiro pesante, il Duca si mise alla scrivania, ripensando ancora a come i due servi portati da suo genero avessero guardato in modo indecifrabile Beatrice mentre diceva: "Lei aveva capito che i Dal Verme stanno tramando qualcosa! Mi aveva detto che c'era qualcuno che la teneva d'occhio, a parte loro, ma non aveva capito chi! Qualcuno di vicino a lei, ma non sapeva dire un nome... Forse loro credevano che l'avesse scoperto!"

Con un brivido lungo il collo, Ludovico intinse la punta della penna nell'inchiostro nero e cominciò a scrivere.

All'inizio le parole fluirono come nulla fosse sulla superficie un po' ruvida della carta grezza che aveva scelto.

Descrisse di come Bianca Giovanna fosse stata relativamente bene fino alle tre di notte e di come poi si fosse di colpo aggravata, peggiorando di continuo, senza che nessuno sapesse né guarirla né alleviare le sue terribili sofferenze o le sue febbri alte, fino a morire alle cinque del pomeriggio, tra il cordoglio di tutti i presenti.

Le scrisse anche che la causa della morte era ignota, ma poi, sentendosi in dovere di dire qualcosa in più alla donna che aveva portato in grembo Bianca Giovanna per nove mesi, sentì l'impulso di spingersi oltre, almeno con lei.

Tuttavia, quando pensò a come esporre i suoi dubbi circa la natura del male che aveva colpito la loro giovane figlia, Ludovico ebbe paura.

Quella lettera avrebbe potuto essere intercettata. Molte lettere subivano quella sorte e quella non era nemmeno scritta in codice, visto che lui e Bernardina non avevano mai avuto bisogno di usare un linguaggio segreto e dunque mai ne avevano elaborato uno.

Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora