Don Domenico da Bagnacavallo guardò Pavagliotta con un'espressione abbastanza eloquente e così questi rispose al Conte: "A noi sta bene. Ma vogliamo essere certi che passerà da lì o la chiesa come nascondiglio non sarà di nessuna utilità."
Ottaviano si passava ritmicamente i polpastrelli delle dita sulla sfarzosa fibbia d'oro del cinturone mentre assicurava: "Passeremo da lì, è certo. Tornando da Cassirano ci sono poche altre strade da fare, no?"
I due religiosi, mandati dal Cardinale Sansoni Riario appositamente per adempire a quel compito oneroso, colsero il nervosismo nella voce del Conte e per un istante entrambi, che si ritenevano due professionisti, si fecero incerti.
Se c'era un tipo di complice davvero pericoloso, era quello che si innervosiva facilmente.
Tuttavia il compenso che spettava loro era già stato in parte versato dal Cardinale e dunque non avrebbero potuto tirarsi indietro.
"Va bene. Dunque passerete dal ponte dei Moratini, ma lui deve per necessità essere l'ultimo del gruppo." precisò Pavagliotta, passandosi con disinvoltura una mano sul crocifisso di ferro che portava al collo.
Ottaviano annuì infastidito: "Ma sì, ma sì, quello lo so anche io, cosa credete. E comunque ci penseranno gli altri a fare in modo che sia così. Voi dovete solo badare a nascondervi bene e fare che tutti quanti siano pronti. Se sbagliamo anche solo di un battito di ciglia potrebbe essere la fine per tutti!"
Don Domenico sospirò e, alzandosi dalla panca, rivolse un distratto segno della croce all'altare e indicò l'uscita della chiesa al Conte: "Per questo non avete di che temere, vostro cugino ha scelto bene gli alleati vostri. Allora alla vigilia di Sant'Agostino, noi saremo pronti."
Ottaviano, impacciato, ringraziò con un cenno del capo e guadagnò l'uscita quasi di corsa, ascoltando con ansia il rumore dei suoi stessi passi, che risuonavano sinistri come una campana a morto in quella piccola chiesa deserta.
"Ma non mi dire..." sorrise Caterina, lanciando uno sguardo affascinato al ventre della sua cameriera personale: "Tuo marito ne sarà felicissimo, immagino."
"Lo è, mia signora." ammise la serva con malcelato orgoglio: "Ne siamo certi da poco... Non ce l'aspettavamo più, dopo tanti anni."
"Dimentico sempre che hai già altri figli..." fece la Contessa, mentre la domestica l'aiutava a sciogliersi i capelli per la notte: "Ormai saranno grandi, vero?"
"Sì, mia signora. Ero quasi una bambina, quando sono nati." confermò la cameriera, mentre Caterina la guardava con interesse nel riflesso dello specchio.
Quando Giacomo arrivò al Paradiso, la Contessa invitò la serva ad andare pure dal marito Bernardino, pregandola di fargli le congratulazioni anche da parte sua. La donna se ne andò ringraziando di cuore e passandosi con dolcezza una mano sulla pancia, ancora troppo piatta per lasciar intendere con chiarezza qualcosa.
"Perché mandi i tuoi complimenti a Bernardino Ghetti?" chiese Giacomo, incuriosito da quello strano scambio di battute.
"Lui e sua moglie aspettano un altro figlio." spiegò Caterina, spegnendo con un soffio la candela che aveva davanti: "Sono felice per loro."
Nella penombra che si era creata nella stanza, il Barone si levò il giustacuore e la camicia e chiese, saltando di palo in frasca: "Ma dobbiamo proprio andare a caccia a Cassirano, questo giovedì?"
"Perché, hai impegni migliori?" domandò Caterina, andandosi a sedere sul letto in attesa che il marito finisse di togliersi gli abiti della giornata.
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Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)
Historyczne(Troverete le prime due parti sul mio profilo!) Caterina Sforza nacque nel 1463, figlia illegittima del Duca di Milano e di una delle sue amanti, Lucrezia Landriani. Dopo un'infanzia abbastanza serena trascorsa quasi per intero tra le mura del...