"Che si impicchino con un metro di corda..." borbottò Francesco Gonzaga, mentre impilava le ultime monete necessarie a pagare l'ingente quantità di botti di vino con cui era alla fine riuscito a sedare la rivolta: "Sembra che non abbiano mai visto una donna in vita loro! Come se non ce ne fossero abbastanza tra il seguito! Proprio di una di queste parti dovevano incapricciarsi..!"
L'oste che aveva provveduto, in cordata con altri di paesi vicini, a rifornire il Marchese di Mantova, fece un sorrisetto accomodante e ricominciò a contare i quattrini, pensando che, se a ogni rissa scoppiata per una donna contesa lui avesse guadagnato così tanto, avrebbe volentieri fornito la materia prima di persona un giorno sì e l'altro pure.
Gonzaga gli chiese se il compenso fosse adeguato e l'uomo annuì, soddisfatto, lasciando ricadere con uno scroscio musicale tutte le monete nel sacco che si era appositamente portato da casa.
Il Marchese gli fece segno di andarsene e, non appena l'oste fu lontano, Francesco sbuffò e si chiese che avrebbe detto di lui sua moglie Isabella, quando avesse saputo della sua folle spesa.
Forse l'avrebbe capito. Isabella era una donna pratica e poco incline a scandalizzarsi per le coese del mondo.
Per una stupida donna del luogo che si era ritrovata incautamente a passare proprio accanto alle tende dei soldati, italiani e tedeschi avevano trasformato il accampamento di Francesco in un vero e proprio campo di battaglia.
Se il Marchese avesse dovuto dire esattamente chi avesse cominciato e perché, non avrebbe saputo dirlo. L'unica cosa che gli era chiara era che quando lui e gli altri comandanti erano riusciti a placare gli animi dei fanti, i morti si potevano contare già in numero considerevoli, tanti da riempire almeno quattordici carretti.
Con Novara che non accennava ad arrendersi, al Marchese tutto serviva fuorché un simile contrattempo.
Così aveva speso parole accorate e scelte con cura e pareva essere riuscito nella tragica impresa di far ragionare uomini per lo più analfabeti, affamati e frustrati dalla lunga e inutile campagna militare.
Verso la fine dell'arringa, però, quando Francesco aveva provato a parlare di colpe e punizioni, si era riacceso lo scontro e c'erano stati altri morti.
L'unico modo non cruento per chiudere in fretta la questione era stato mandare qualcuno a comprare del vino, parecchio vino, e far sì che i contendenti annegassero i loro dissidi nel nettare di Bacco.
Per fortuna aveva funzionato, ma ora Gonzaga si trovava ugualmente dei corpi da sotterrare e dei soldati tanto ubriachi da non stare più in piedi.
Lanciò uno sguardo alle mura di Novara, che si stagliavano ancora inviolate davanti al suo campo base.
Quanto avrebbe voluto poterli mandare tutti a quel paese e tornarsene a Mantova, tra le braccia della sua Isabella...
Virginio Orsini spiegò con cura il foglio su cui avrebbe scritto la sua lettera e si domandò se potesse sperare di avere fortuna.
Già aveva assicurato l'appoggio dei Baglioni e di Giovanni Bentivoglio, e non era poco, ma chiedere un sostegno anche a Caterina Sforza forse non era una mossa saggia.
La verità era semplice: gli sarebbe stato comodo sapere di avere una possibile via di fuga attraverso le terre della Tigre e magari anche qualche aiuto in termini di uomini, foraggiamento e artiglieria, e quindi non poteva astenersi dal chiederle una mano.
Aveva già raccolto seicento uomini d'armi esperti e tremila fanti. Stava per partire alla volta di Siena, attirato dai mille ducati promessi dal nipote Piero Medici, ma avrebbe preferito non farlo.
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Se io potessi scrivere tutto, farei stupire il mondo. (parte III)
Historyczne(Troverete le prime due parti sul mio profilo!) Caterina Sforza nacque nel 1463, figlia illegittima del Duca di Milano e di una delle sue amanti, Lucrezia Landriani. Dopo un'infanzia abbastanza serena trascorsa quasi per intero tra le mura del...