CAPITOLO XIV

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Jimin aveva deciso di presentarsi a casa di Jungkook quel pomeriggio stesso, con il dichiarato proposito di incontrare Yoongi; non aveva intenzione di permettergli di sfuggirgli, non più. 

Sperava che il suo interesse non fosse un problema per Kookie; teneva davvero alla sua amicizia, era un ragazzo d'oro, dalle mille qualità e non avrebbe voluto ferirlo per nulla al mondo. Solo che, tra i suoi innumerevoli pregi, contava anche quello di avere un affascinante coinquilino. 

Ma, dopotutto, perché avrebbe dovuto dargli fastidio se lui e Yoongi si divertivano un po'? Non c'era niente di male e nessuno di due ne sarebbe uscito con il cuore spezzato. L'unico intento era quello di divertirsi.

Si sistemò il colletto della camicia bianca che portava dentro gli attillati pantaloni neri, si passò una mano tra i capelli perfettamente pettinati e finalmente si decise a suonare il campanello.


Yoongi, distratto, pensò che dovesse essere Jungkook: probabilmente, agitato com'era, aveva dimenticato qualcosa. Andò quindi ad aprire con tutta tranquillità, ma di fronte a sé non trovò il suo amico. 

Maledisse in quello stesso istante il suo vizio di non guardare allo spioncino e, prima ancora di salutare, esordì con parole confuse, pronunciate con insolita fretta.

«Jungkook non c'è.»

Jimin, dopo un attimo di esitazione, non si dimostrò disposto a rinunciare ai suoi progetti, ma, anzi, pensò di sfruttare al meglio l'occasione.

«Ciao, Yoongi - lo salutò con un languido sorriso - è un peccato, perché dovevo avevo proprio bisogno di parlargli.»

E, dopo aver sfoderato il broncio più accattivante che riuscisse a fingere, si azzardò a continuare.

«Scusa, ma ho camminato fino a qua... Non è che posso entrare per un bicchiere d'acqua?»

Si trovò costretto a farlo entrare, sforzandosi tuttavia di risultare ancora più silenzioso del solito. Si sentiva estremamente agitato, irrequieto, quasi in pericolo: rimanere solo nella stessa stanza con quel biondino non era di certo il modo migliore per mantenere la promessa fatta a Jungkook. 

Era perfettamente consapevole delle intenzioni che si celavano dietro l'apparentemente innocente richiesta di un bicchiere d'acqua; lo aveva studiato nel corso di quelle settimane, aveva notato il modo in cui lo squadrava, i segnali che gli lanciava malizioso e rinunciare a dargli ciò per cui pregava stava diventando sempre più faticoso. Poteva sopportare le costanti provocazioni fino a che nella stanza c'era con loro qualcun'altro, ma non sapeva come avrebbe potuto reagire ora che erano assolutamente soli. 

«Tieni» Disse bruscamente, porgendogli il bicchiere che aveva riempito con mani tremanti. 

L'altro, sorridente, decise di prendersi del tempo; si accomodò su una delle sedie nere e iniziò a sorseggiare il più lentamente possibile la propria acqua. 

Yoongi rimase per qualche secondo incantato da quelle labbra carnose che, calde, fecero posare un sottile strato condensa sul vetro freddo del bicchiere; davano l'impressione di essere estremamente morbide, decisamente troppo invitanti. Se quel ragazzino aveva un'abilità era senza dubbio quella di risultare tremendamente sensuale anche compiendo il più semplice dei gesti; ne era ammaliato, stregato, e quando gli lanciò uno sguardo tutt'altro che innocente, come per avvertirlo di conoscere con esattezza tutte le sensazioni che gli stava provocando, decise che sarebbe stato più sicuro per lui spostarsi sul divano. Ogni occhiata sembrava scrutare nel suo animo, in cerca di quei desideri istintivi che stava tentando di controllare con tutto se stesso; non poteva permettergli di indagare oltre.

Prese il primo libro che trovò e, come per proteggersi, iniziò a leggere, più con l'obiettivo di risultare concentrato in qualcos'altro che non fossero le sue dannate labbra carnose e umide, che con quello di capire cosa stesse leggendo. 

Ma Jimin era davvero stanco di aspettare; se Yoongi non era pronto a decidersi, allora si sarebbe assunto personalmente il rischio di imporgli una scelta.

«Di cosa parla?» Domandò, fingendo curiosità. Gli occhi svegli si sgranarono appena a simulare un interesse che tutto riguardava se non il libro.

Dannazione, quel moccioso non voleva lasciarlo in pace. Yoongi cercò di sviare la domanda e troncare il discorso. Forse la scortesia lo avrebbe aiutato a capire che doveva andarsene.

«Non lo so, l'ho appena iniziato.»

«Um, strano, mi sembra che tu sia già oltre la metà...» Insinuò malizioso l'altro, prendendo a giocherellare distrattamente con una ciocca di capelli color miele.

Fu pervaso da un senso di agitazione; si rese conto di aver commesso un terribile errore: Jimin aveva ragione, aveva aperto il libro senza sapere neanche il titolo, figuriamoci se aveva pensato di aprirlo a partire dalle prime pagine. Tentò di trovare disperatamente a una scusa, ma questa volta fu costretto a dargliela vinta.

L'unica difesa che gli rimaneva era il silenzio, ma si dimostrò solo l'ennesima buona occasione per l'altro, che era troppo all'erta per lasciarsela sfuggire.

«Ho visto come mi guardavi.»

E, mentre ancora finiva di pronunciare quelle parole, si avvicinò al divano. Non appena Yoongi percepì il peso dell'altro che si poggiava sul cuscino,  un brivido gli percorse la spina dorsale. Non era più sicuro di riuscire a trattenersi, anzi, si rese conto di non esserlo mai stato.  

Mentre si concentrava solo sull'ignorarlo, come la preda che si finge morta davanti al predatore, sentì la sua agile mano prima sul ginocchio, poi, lentamente, spostarsi sempre più su, lungo la coscia. Si alzò di colpo, in un ultimo tentativo disperato di resistergli.

«Se hai bevuto, puoi anche andare!» Esclamò, evidentemente su di giri.

Jimin si alzò a sua volta e, con calma, fissando due occhi sicuri dritti nei suoi, si avvicinò al suo orecchio, in modo da assicurarsi di essere udito nonostante le parole appena sussurrate.

«Sei davvero sicuro che vuoi che me ne vada?»

Yoongi era esasperato. Gli afferrò con una mano un braccio, mentre l'altra avvolgeva rudemente il suo collo, stringendolo lievemente. Lo costrinse contro il muro e lo guardò dritto negli occhi, mentre un ghigno impercettibile gli corrompeva il volto ormai pregno di desiderio; no, non lo avrebbe lasciato andare via.

Le loro bocche erano ormai a pochi centimetri di distanza, i respiri caldi si mischiavano eccitati e affannati, segno della smania che teneva in pugno entrambi. Yoongi si avvicinò pericolosamente a quelle labbra che aveva ammirato solo qualche istante prima, impaziente di assaggiarle, di farle finalmente sue.

Vennero interrotti dal rumore della porta che si spalancava; entrò nella stanza, proprio in quel momento, Seokjin.











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