CAPITOLO LXVII

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Yugyeom allontanò un poco la mano che proteggeva l'ardente fiamma della candela; tutto era finalmente perfetto. Buttò il fiammifero e, soddisfatto, si guardò intorno: solo più Jungkook serviva per completare la scena. Alzò lo sguardo verso l'orologio appeso alla parete e, rendendosi conto che mancavano pochi minuti, si sentì percorrere da un brivido; quella serata aveva un significato importante per lui, avrebbe avuto un significato importante per loro. Mentre, appoggiato al ripiano della cucina, guardava fisso a terra immerso in quei pensieri, udì il campanello suonare; si raddrizzò improvvisamente e, impaziente, aprì ancora prima di accertarsi che fosse effettivamente Kookie. Spalancò la porta, aspettandolo appoggiato allo stipite. Vedendolo arrivare, un ampio sorriso gli si allargò in volto: era davvero bellissimo.

«Non ti sei fatto aspettare neanche un minuto.» Scherzò, guardandolo con occhi pieni di entusiasmo.

«Uh, se non hai ancora finito di preparare posso darti una mano, Yugy! Mi dispiace abbia dovuto preparare tutto tu...»

«Ma scherzi? - domandò, retorico, invitandolo con la mano ad entrare - ti ho invitato io o no?»

«Wow...»

Jungkook, vedendo la stanza decorata con cura per l'occasione, la tavola apparecchiata come nei migliori dei ristoranti e imbattendosi in quell'atmosfera tanto romantica, non riuscì a trattenere l'espressione di sorpresa. Quella visione, la presa di consapevolezza dell'impegno che Yugyeom aveva riposto nell'organizzare una serata di cui lui si era quasi dimenticato, lo fecero piombare per un secondo in un profondo stato d'angoscia.

«Dobbiamo restare qua, impalati? - chiese l'altro, ridacchiando gentile - su, dai, dammi il cappotto e poi siediti dove vuoi, la casa è tutta per noi stasera.»

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«Okay, allora io vado, scusate ancora...»

Hoseok salutò gli amici con un timido cenno della mano e, forse leggermente esitante, si diresse verso la porta. Si voltò confuso, accorgendosi che Jimin, che si era alzato per seguirlo, lo stava chiamando. 

«Hobi...»

«Che vuoi?» Chiese scontroso, nel tentativo di mantenere la facciata di arrabbiatura che ormai stentava a stare in piedi.

«Te ne vuoi davvero andare ancora arrabbiato con me? Lo sai che non l'ho fatto con cattive intenzioni... Vero che mi perdoni?»

Lo guardò con occhi supplichevoli, mentre un tenero broncio fanciullesco veniva a prender forma sul suo viso dolce.

«Vaffanculo.»

E, così dicendo, gli pizzicò dispettoso la guancia.

«Non puoi guardarmi i quel modo, Park Jimin. Altrimenti io come esco di casa, eh? Mi fai venir voglia di spupazzarti tutto, maledetto.»

Quello, approfittando dell'attimo di debolezza dell'amico, si abbassò per cingerlo forte in un abbraccio.

«Però ora scendi- e, sciogliendosi dall'abbraccio, si rialzò per guardarlo serio- Spero tu abbia addosso le mutande più zozze che hai, vai e spacca: sei tutti noi.»

Hoseok corrucciò un poco le sopracciglia in un'espressione più divertita che scandalizzata e, senza aggiungere una sola parola, si avviò per le scale.

Una volta sotto casa cominciò a guardarsi intorno in cerca di Daniel. Fregò le mani nel tentativo di scaldarsi e, solo dopo qualche istante, si rese conto del rumore del motore di una macchina che si accendeva. Si avvicinò, lentamente, e, quando fu sicuro che fosse proprio Daniel, aprì lo sportello per salire.

Collision || BTS #Wattys2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora