CAPITOLO VII

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Non appena aprì gli occhi, non riuscì a sentire altro se non un infido e perverso malessere pervadere ogni singola cellula del corpo. Provò a muoversi, ma il minimo sforzo sembrava un'impresa. Dannazione, come era possibile che qualcosa così piacevole come una sbronza avesse dei postumi tanto odiosi? Con gli occhi già di nuovo chiusi, tentò di ricomporre i ricordi della sera prima, ma fu uno sforzo vano: ricordava di aver visto Jimin ballare, di essersi alzato per sua legittima difesa e di aver poi parlato con Seokjin, ma da lì ogni immagine si offuscava fino a sprofondare nel buio più totale.

Aveva la netta sensazione che il proprio cervello impiegasse almeno dieci o venti secondi in più per processare; non era pronto per affrontare il mondo, le conversazioni, la vita, ma fu costretto a farsi forza quando sentì chiamare sottovoce il proprio nome.

«Yoongi... Tutto okay? Mi stai facendo preoccupare, sono le tre del pomeriggio...»

«Shhh, non parlare.» Implorò, senza che si capisse se fosse più un ordine o una supplica.

Non aveva idea a chi appartenesse quella voce, nonostante tutti gli indizi conducessero di fatto a Jungkook, ma di certo sapeva che doveva smetterla di far rumore. Fu pervaso da un fastidioso senso di nausea che risalì fino alla gola; per un attimo trattenne il respiro, sentendosi soffocare.

Si rese conto, in quegli attimi di silenzio, che chi aveva parlato ora stava aprendo lentamente la porta, data la luce che s'infiltrava pian piano nella stanza; sebbene i suoi occhi fossero socchiusi, si sentì come investito dalla potente luce di un faro. Non aveva mai detestato tanto Jungkook in vita sua.

«Yoongi, dimmi solo se stai bene, ti prego, se no chiamo qualcuno!»

«Cristo no, non chiamare solo nessuno. Sto bene.» Si sforzò di dire, sperando, con quelle parole, di aver troncato una volta per tutte la conversazione.

Jungkook, scoraggiato dai modi tutt'altro che cortesi dell'amico, uscì dalla sua stanza e, cercando di non far rumore, socchiuse la porta in modo di assicurarsi di poter sentire eventuali richieste di aiuto. Stesosi sul divano, guardò sbadatamente il cellulare: erano le quindici e diciassette; tra poco più di mezz'ora doveva essere in aula studio con Jimin, ma se Yoongi era in quello stato non poteva certo pensare di lasciarlo da solo. Perché si dovesse ridurre così rimaneva un mistero, ma certo non era quello il momento adatto per rinfacciarglielo. Riflettendo su quale fosse la soluzione migliore da prendere, pensò quasi inconsciamente a Namjoon: lui sapeva sempre cosa fare. 

Quel messaggio, composto da un'unica, semplice, parola, era bastato a togliere a Jungkook ogni preoccupazione: lui lo chiamava l'effetto Joonie

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Quel messaggio, composto da un'unica, semplice, parola, era bastato a togliere a Jungkook ogni preoccupazione: lui lo chiamava l'effetto Joonie. Funzionava in maniera piuttosto semplice: quando qualcosa lo preoccupava o, quando, davanti a un problema, non vedeva via d'uscita, l'unico modo di uscirne era quello di rivolgersi a Namjoon; lui aveva sempre una soluzione o, al più, un consiglio utile da mettersi in tasca. Era incredibile quanto la sua sola presenza riuscisse a confortarlo; a volte si chiedeva cosa avrebbe fatto se non lo avesse conosciuto, se non gli avesse presentato Yoongi e Seokjin, se si fosse ritrovato, solo, catapultato in una realtà tanto diversa dalla propria. Sorrise silenzioso, ripensando all'esatto momento in cui lo aveva incontrato; era incredibile come gli avesse infuso fiducia fin dal primo sguardo.

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