CAPITOLO LI

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Non appena vide quei due occhi spauriti muoversi in sua direzione, si abbassò, nel terrore che potessero puntarsi su di lui. Tentò impacciato di raccogliere i cocci rimasti sul pavimento; ripulì veloce, senza preoccuparsi del vetro tagliente e, sentendosi soffocare, si diresse verso il giardino, ben consapevole che non sarebbe bastata dell'aria fresca per rimediare a quel senso di asfissia. Non rendendosi nemmeno conto di avere ancora tra le mani ciò che rimaneva dei bicchieri, continuò a camminare, solo, senza una meta, senza sapere cosa fare, né cosa pensare.

Non c'era spazio in quel momento per i ragionamenti, le emozioni lo possedevano interamente e gli oscuravano ogni capacità logica. Qualcosa di indefinibile lo pervadeva: era un senso di vuota agitazione. Si sentiva accaldato, quasi come se la pelle stesse bruciando, nonostante fosse all'aperto, in pieno inverno, con la sola protezione di una camicia leggera. Quel calore, però, non era di quelli che riempiono, di quelli che consolano; quel calore non si infondeva nel cuore come a riempirlo, ma si limitava a cingerlo, come se il centro del petto fosse in quell'istante una voragine piena solo del nulla. Quel senso di confusa e indefinibile trepidazione gli annebbiava al contempo la vista e tutti i sensi. 

Tornò per un istante ad aver percezione di dov'era e di chi aveva intorno quando vide la figura di un ragazzo che si muoveva in direzione opposta alla sua; sapeva che avrebbe potuto riconoscerlo, benché in quel momento non vi riuscisse. Seppe che per un istante si guardarono, forse senza vedersi davvero.

Quel ragazzo che si avviava rapido verso la sala era Yoongi che, vuoto e scosso almeno quanto Taehyung, proseguiva a passi rapidi con l'unico intento di tornare a casa il più veloce possibile. Fu come se in quel breve istante in cui i loro occhi si incrociarono il dolore del sentimento non corrisposto li avesse uniti, fu come se in quello sguardo si stessero contemporaneamente chiedendo aiuto.

Una volta che il ragazzo lo superò, lasciandolo indietro, Taehyung continuò a camminare, fino a che, giunto di fronte all'acqua del lago, non ammise a se stesso di doversi fermare. Non potendo pur far niente se non rimanere fermo immobile, si ritrovò a pensare. Fu costretto ad affrontare una dolorosissima presa di consapevolezza: si rese conto che il suo cuore non era meno spezzato di quei cocci che ancora teneva tra le mani. Tutte le sue speranze, i suoi propositi erano svaniti nei brevi istanti di un solo gesto. Un gesto lecito e naturale, oltretutto, ma che lui non aveva minimamente previsto, preso com'era dall'entusiasmo dei suoi stupidi sogni da bambino. Tuttavia, nonostante i suoi ventitré anni, non aveva ancora voluto capire che la vita è un'altra cosa delle favole che tanto gli piaceva immaginare. La vita è pratica, reale e non un sogno romantico fatto di predestinazioni inventate; e se ne rendeva conto ogni volta che si discostava un minimo dal proprio mondo, appositamente costruito tra un dipinto e una fotografia. Ogni volta che tentava di vivere davvero nella realtà, ne usciva ferito.

Perché non aveva pensato che quel ragazzo poteva essere già impegnato? Come mai aveva dato per scontato che, comparendo nella sua vita senza spiegazioni, lui lo avrebbe dovuto accogliere? Non aveva nessun diritto particolare su di lui. Che idiota era stato: destinati, certo, come se davvero il fatto di essersi incontrati per caso un mattino sulla spiaggia fosse destino, come se davvero gli eventi seguissero un percorso già scritto.

Tutta quella tempesta interiore di domande, però, non si rifletteva nella sua figura: solo un lieve sentore di sconforto malinconico oscurava il volto perfetto, mente, in piedi di fronte al lago, rimaneva con le mani giunte in avanti a sostenere quei frammenti di vetro da cui non era ancora riuscito a separarsi.

Perso nel suo mondo di tristezza e di rimproveri, sentì una voce familiare chiamarlo debolmente.

«Tae? Che ci fai qua?»

Il ragazzo si voltò e, nel vedere che era Hoseok, si sentì sollevato; non avrebbe retto anche il peso di dover fingere di non stare male in quel momento. Quando lo guardò, però, si accorse che non vi era sul suo viso l'espressione distesa che sempre lo accompagnava; Hoseok sembrava in quell'istante terribilmente confuso, forse addirittura agitato e un velo di tristezza toglieva lucentezza a quegli occhi solitamente brillanti. Non aveva idea se fosse il proprio stato d'animo a ingannarlo e a fargli notare uno sconforto in realtà inesistente, ma ebbe il terribile presentimento che fosse capitato qualcosa.

Mentre lo guardava, però, Taehyung non proferì una sola parola, non accorgendosi di non aver dato ancora una risposta.

Quando quello si fermò a pochi passi da lui per osservarlo meglio, si rese conto dello stato in cui si trovava: era all'aperto, in una fredda notte d'inverno, protetto solo dalla leggera stoffa della camicia bianca, che, tra l'altro, era macchiata da quello che sembrava essere vino; teneva tra le mani dei pezzi di vetro, senza un apparente motivo. In un attimo tutta la tristezza che aveva provato per sé stesso e per la discussione appena avuta con Yoongi si trasformò in apprensione per l'amico.

«Tae?! Non stai bene - esclamò, togliendosi di fretta il cappotto per posarlo sulle sue spalle - cosa è successo? E perché diavolo hai del vetro in mano? Dammelo, o rischierai di tagliarti!»

Taehyung, non realizzando cosa stesse capitando, si fece posare il cappotto sulle spalle, mentre consegnava fiaccamente i cocci a Hoseok, che si premurò di buttarli. Come liberato in quel momento di tutta l'agitazione provata, si lasciò andare a terra, sedendosi a capo chino e con le gambe incrociate.

Hoseok, andato a liberarsi di quei pezzi di vetro, tornò in fretta, ritrovando Taehyung accovacciato a terra. Si sedette delicatamente vicino a lui, nonostante la detestabile sensazione dell'erba fredda e lo accarezzò dolcemente, per scostargli un poco le ciocche di capelli che gli coprivano gli occhi. Terribilmente preoccupato, iniziò a parlargli.

«Tae... Vuoi dirmi cosa c'è che non va?» Domandò con morbido tono di voce, simile a un balsamo per l'animo.

L'altro sollevò il capo, giusto per riuscire a guardarlo negli occhi e tirò lentamente fuori dalla tasca la foto che aveva conservato gelosamente nella giacca fino a quel momento.

«Tieni - disse, mentre Hoseok la afferrava senza comprendere cosa l'amico intendesse dirgli con quel gesto - è per questa che ho fatto ritardo. Sono tornato indietro, apposta per prenderla. Scusa, ti ho fatto preoccupare per nulla, proprio come ora.»

Hoseok rimase in silenzio, confuso, scrutando negli occhi dell'amico in cerca di quelle spiegazioni che sembrava non volergli dare in altro modo.

«Non è successo nulla, Hobi, sono solo io che continuo a complicarmi la vita con i miei sogni da bambino, non capendo che sarebbe ora di smetterla. Scusa, non è il caso che ti preoccupi per me, davvero, non è nulla.»

E, così dicendo, si alzò; Hoseok fece altrettanto, per nulla tranquillizzato da quelle parole.

«Non chiedere scusa - disse, rigirandosi tra le mani la foto - e non devi dirmi cosa è successo, se non ti va. Ma non parlare così, non dirmi che non c'è più spazio per i sogni neanche in te. Mi sembri deluso... ma non farti scoraggiare dalla prima difficoltà, non rinunciarci per questo.»

E, sapendo bene che con gli spiriti come Taehyung a volte le parole erano un impiccio più che un aiuto, gli si avvicinò per abbracciarlo. Immaginava cosa potesse essere successo e immaginava la delusione cocente che doveva aver provato l'amico vedendosi in qualche modo rifiutato, ma non importava: Taehyung non doveva smettere di essere speciale. Non gli avrebbe fatto altre domande, non ora, per lo meno. Rimasero avvolti nell'abbraccio, confortati entrambi di sapersi vicini.  












Speriamo che la storia vi stia piacendo! 😊Lasciate tanti commenti che siamo curiose di sapere che ne pensate e se vi va votate mettendo una stellina⭐️! 😚💕  

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