CAPITOLO LXX

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Lasciò andare indietro la testa, spossato, fino a che non sentì il contatto della ruvida parete bianca della sala d'aspetto. Chiuse per qualche secondo gli occhi che continuavano a bruciare a causa del riposo mancato, ma, inabile di rimanere immobile, si ricompose in fretta, quasi come se, muovendosi, riuscisse a scacciare via i pensieri. Era stato buttato giù dal letto da quella maledetta chiamata e, da quando era arrivato all'ospedale, tra una discussione con gli infermieri di turno e il tentativo di riuscire a contattare Namjoon, aveva perso completamente la cognizione del tempo. Le ore erano trascorse senza neanche  lasciargli un momento per riflettere sulla situazione, senza che fosse ancora riuscito davvero a realizzare che quello che stava accadendo era la realtà e non un brutto sogno durato forse già troppo a lungo.

Rimase qualche istante con lo sguardo fisso di fronte a sé, mentre riflessioni indefinite e confuse gli si agitavano nella mente troppo appannata dalla stanchezza per cercare di mantenersi razionale. Un senso irritante di impotenza lo pervase completamente, costringendolo ad alzarsi.

«E ora che sei in piedi? - si domandò silenziosamente - Cosa pensi di fare? Seokjin è in una di queste camere e non ti fanno neanche entrare, non sai neanche cosa sia successo, non puoi che aspettare, ancora.»

Tornò a sedersi, rassegnato, mentre l'odore asettico tipico degli ospedali gli disturbava i sensi. Si girò verso l'entrata, percependo un getto d'aria fredda colpirlo; l'apparire di Hoseok e Namjoon rese tutto ciò che fino ad allora era stato indefinito tremendamente reale: se loro erano lì con lui, allora, purtroppo, non era solo un incubo.

Superato i primi istanti di paralisi trovò la forza di alzarsi per andargli incontro. Nessuno pensò, in quella circostanza, che fossero necessari convenevoli. Il primo a parlare fu Hoseok, forse nel tentativo di riempire il vuoto che si riusciva a percepire negli sguardi tra gli altri due.

«Non sei riuscito a sapere ancora nulla?»

Yoongi gli rivolse uno sguardo stranito e, intuendo dagli occhi dell'altro che Namjoon sapeva, si sentì libero di parlare apertamente.

"No. Dicono che non possono dare informazioni se non a un parente e che dobbiamo aspettare l'orario di visita, non appena Jin potrà ricevere visite.»

«In che senso?»

Questa volta fu la voce spezzata e titubante di Namjoon a rivolgersi a lui.

«Non credo che ora come ora sia nello stato di riceverne, Nam...»

Una mano andò inconsciamente a posarsi sul braccio dell'amico, stringendolo dolcemente come a ricordargli, con quel contatto, che non era solo. Hoseok guardava oltre la minuta figura di Yoongi che gli stava di fronte, come in cerca di una risposta che non sapeva dove trovare. Namjoon abbassò lo sguardo, vergognoso e perso in una disperazione cui non sapeva trovar soluzione e perciò ancora più profonda.

Rimasero tutti e tre in silenzio per qualche secondo, forse addirittura per dei minuti interi. Le parole, in quegli istanti, parevano un inutile decoro, inadatte ad affrontare la terribile realtà che la vita gli aveva posto di fronte.

«Qual è il cognome di Seokjin?»

La domanda, posta improvvisamente da Hoseok che sembrava essersi di colpo risvegliato, giunse inattesa alle orecchie degli altri due. Yoongi alzò lo sguardo in sua direzione; per un attimo la stanchezza che gli aveva velato gli occhi sembrò scomparire, come spazzata improvvisamente via dall'illuminazione che sapeva di condividere con Hoseok.

«Kim... giusto! Come Namjoon... cazzo, giusto, dici di provarci?» Rivolse quella domanda con tono più ammirato che dubbioso. Bastò un cenno positivo per farlo voltare senza riflettere ad andare a cercare il primo infermiere nei paraggi; sentì qualcuno trattenerlo da un braccio.

«No, Yoongi, senti, meglio che ci andiamo noi - chiarì Hoseok in tono serio - con te ormai partirebbero prevenuti. Nam, te la senti di dire che sei il fratello di Jin? Secondo me può funzionare, o comunque tanto vale provare...Per il resto posso parlare io, se sbaglio qualcosa correggimi, ma penso di potercela fare.»

L'altro diede risposta con un solo cenno del capo. Percorsero veloci il corridoio spoglio e, in pochi minuti, riuscirono a parlare con un infermiere, mentre il più grande rimaneva ad attenderli verso l'entrata.

Yoongi continuava a camminare, come a sfogare l'agitazione che lo teneva in pugno e, nell'attesa, riusciva esclusivamente a sperare che l'idea di Hoseok funzionasse: in fondo quasi nessuno, in Italia, sapeva che un uguaglianza di cognomi in Corea non implica necessariamente un legame di parentela.

Un senso di terrorizzata curiosità lo pervase quando, vedendo Hoseok tornare da solo, capì che tutto era andato liscio.

«Ce l'avete fatta?» Domandò, quasi con il fiato corto per l'emozione.

«Sì - rispose l'altro accennando un mezzo sorriso - hanno fatto entrare Nam, ma Seokjin non è ancora sveglio: è sotto effetto di anestesia. Da quanto ho capito si è rotto un braccio piuttosto malamente cadendo e lo hanno dovuto operare... per il resto non so dirti molto di più, il dottore parlava in modo strano e io ero costretto a origliare, ma quello che è importante è che Seokjin sta bene. Cioè, è un po' tanto ammaccato, però...»

Yoongi si passò una mano sulla fronte e, come se d'improvviso tutta l'adrenalina che ancora lo teneva in piedi avesse abbandonato il suo corpo, si lasciò andare su una delle sedie. Guardava di fronte a sé, inebetito. Non sapeva quanto la frattura fosse grave, né quali altri danni avesse riportato, ma Seokjin era vivo e vegeto e solo questo era l'importante. Nonostante in tutte quelle ore non avesse avuto il coraggio di immaginare concretamente all'eventualità contraria, il dubbio che Seokjin potesse essersene andato per sempre era rimasto nel sottofondo dei suoi pensieri in ogni singolo istante; potersene finalmente liberare era il più grande dei sollievi.

Non avrebbe saputo dire quanto tempo avesse passato a guardare il nulla perso in tanta leggerezza d'animo, quando percepì Hoseok sedersi di fianco a lui e iniziare a parlargli.

«Scusa se ho detto tutto a Nam. So che mi avevi detto di trovare una scusa, ma non ne ho saputa trovare una in poco tempo per cui sembrasse ragionevole portarlo in ospedale... in più mentire non è il mio forte e temevo solo di allarmarlo di più. Ho cercato solo di tranquillizzarlo e per fortuna non ha dovuto aspettare molto per avere notizie positive... spero che ora si senta meglio.»

Yoongi voltò un poco il capo per guardarlo; sembrava incredibilmente stanco.

«Scherzi? Mi dispiace di averti dovuto coinvolgere, a dire il vero. Ho fatto prendere uno spavento per fortuna inutile anche e te e ti ho addossato il compito di portarmi qua Namjoon, insomma, scusami tu. Non dovevi neanche esserne coinvolto e alla fine hai risolto tutto, grazie, Hoseok, davvero.»

Vide rivolgersi un tenero sorriso.

«Beh, ringrazia gli italiani che non ne sanno niente sui cognomi coreani e non sono troppo fiscali, altrimenti saremmo stati ancora qua a litigare con tutto il personale!»

Yoongi distolse lo sguardo e, continuando a guardare di fronte a sé, tornò a sorridere.











Speriamo che la storia vi stia piacendo! 😊Lasciate tanti commenti che siamo curiose di sapere che ne pensate e se vi va votate mettendo una stellina⭐️! 😚💕  

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