CAPITOLO XXXV

236 42 18
                                    

Si sarebbe dovuto incontrare con Jimin alle quattro del pomeriggio.
Era rimasto molto sorpreso, la sera prima, nel leggere il messaggio in cui lo invitava a uscire e, nonostante l'iniziale perplessità, dopo averci pensato un momento si era convinto ad accettare; era da una vita che non andava a un appuntamento, ormai da anni non coltivava altro che storielle di una notte, ma Jimin sembrava un ragazzo interessante e sarebbe stato stupido negarsi questa possibilità da principio, soprattutto se esclusivamente a causa di una sorta di allergia agli appuntamenti che covava ormai da tempo. Senza contare che era stato molto stressato nell'ultimo mese, magari uscire con qualcuno, svagarsi, avere la mente occupata, lo avrebbe aiutato a tornare in sé.

Uscito da lezione, dato che mancava poco meno di un' ora all'appuntamento, decise di non tornare a casa e si avviò invece verso il bar; era pur sempre ora di un espresso.

Quando entrò, per prima cosa vide Hoseok al bancone, intento ad asciugare dei bicchieri. Non appena i loro sguardi si incrociarono a Yoongi parve che l'espressione dell'altro si fosse improvvisamente allarmata, anzi, ne era piuttosto sicuro; in fondo era difficile non riuscire a interpretare cosa passasse per la mente di Hoseok: le sue espressioni era sempre troppo evidenti perché riuscisse a tener nascosto qualcosa.

ϟ  

Non appena vide Yoongi entrare nel bar, fu pervaso dal panico: come gli avrebbe ridato il suo taccuino? Si sarebbe arrabbiato? Doveva scusarsi? No, scusarsi non avrebbe avuto alcun senso, era stato lui a dimenticarlo. Eppure non riusciva a levarsi di dosso quell'irrazionale senso di colpa; sentiva in qualche modo di essersi intromesso nella sua intimità senza permesso e il fatto che lui fosse stato del tutto inconsapevole non riusciva a consolarlo.

Insomma, era qualcosa che bisognava fare, ma non aveva la benché minima idea di come farlo. Si voltò di colpo, come per riflettere al riparo da sguardi indiscreti e si decise nell'andare subito da lui; glielo avrebbe consegnato come se nulla fosse: se avesse dato segnali di agitazione o insicurezza sarebbe stato ancora più difficile nascondere l'imbarazzo che situazione comportava.

Fingere che le parole protette dalla copertina scusa di quel taccuino non lo avessero colpito né sorpreso; questo era l'unico modo per evitare il disagio di entrambi. Si diede un'occhiata intorno e, vedendo che non c'erano nuovi clienti da servire, fece un profondo respiro, prese il taccuino e si preparò ad andare; non fece in tempo a voltarsi, che si trovò di fronte Yoongi. Indietreggiò di un passo, come spaventato, e nascose d'istinto il taccuino dietro la schiena; non si aspettava sarebbe andato lui al bancone.

Yoongi non aveva mai visto Hoseok tanto agitato; era la classica persona che ha sempre la risposta pronta e che difficilmente si riesce a mettere in difficoltà, o almeno quella era stata l'impressione che ne aveva avuto parlandoci. Chissà cosa lo metteva tanto in ansia, gli sarebbe piaciuto saperlo.

Dopo averlo fissato per qualche istante, si decise a ordinare il suo espresso.

«Mi fai un caffè, per favore?»

Per favore? Yoongi che chiedeva per favore? Yoongi che usava forme di cortesia socialmente accettate? Cazzo, aveva visto il taccuino, per forza. Sapeva che aveva letto ogni singola frase e lo stava mettendo alla prova. Aveva rovinato tutti i piani arrivando al bancone, maledetto, mai che facesse la cosa giusta al momento giusto.

Si rese conto solo dopo qualche secondo di non avergli ancora risposto.

«Sì, certo.» Disse, continuando a fissarlo e sbattendo velocemente le palpebre, cercando di rimediare alla stranezza di quel silenzio immotivato con un sorriso evidentemente forzato. Tuttavia, dopo un attimo di riflessione, alzò gli occhi per posarli con titubante decisione nei suoi.

«No, aspetta, non è vero.»

Yoongi lo fissò, perplesso. Cosa significava: avevano finito il caffè? In un bar? Diamine, quel tipo lo metteva in confusione in ogni dannato contesto, pure per un semplicissimo espresso. Possibile che non potesse mai essere chiaro?

«Cioè, sì, ti farò anche il caffè - chiarì, scostando lo sguardo per poi puntarlo di nuovo su di lui- ma prima devo darti una cosa.»

E, mentre diceva così, gli consegnò con una mano il taccuino, fingendo piuttosto malamente indifferenza.

Lo sguardo di Yoongi passò dal taccuino nero, che riconobbe in un istante, a Hoseok, per almeno tre volte prima che riuscisse a parlare.

«Perché lo hai tu?» Chiese strappando dalla mano di Hoseok il prezioso oggetto che tanto aveva cercato.

«Me lo sono ritrovato nella borsa, penso che sia rimasto incastrato nel caricabatterie ieri, quando lo hai lasciato qua.»

Yoongi era nel panico più totale; aveva tremato il giorno prima nell'immaginarsi quelle parole tra le mani di uno sconosciuto, pensare che Hoseok poteva aver letto tutto era la peggiore delle prospettive immaginabili.

Si sentiva violato e terribilmente fragile; guardava a terra, nel tentativo di calmarsi.

«Come facevi a sapere che è mio?»

«C'è il tuo nome scritto dentro - confessò, senza intenzione di nascondergli nulla - non ricordi?»

«No, non rileggo mai cosa scrivo.»

«Davvero?" Chiese spontaneamente l'altro, rendendosi solo dopo conto della stupidità di quella domanda.

«Sì, davvero. Quindi sei la prima persona che legge quello che ho scritto, ora puoi festeggiare: congratulazioni.» Fece notare sarcasticamente, iniziando  a essere davvero seccato.

«Non ho letto tutto... Appena ho trovato il nome ho smesso.»

Hoseok tentò di scusarsi senza successo; vedendo che l'altro continuava a guardare a terra senza dare prova di voler parlare, provò a consolarlo.

«Mi dispiace. Insomma, immagino sia molto personale per te quello che scrivi, a maggior ragione se non ti concedi di rileggerlo nemmeno tu. Non ho letto nulla con l'intento di intromettermi nella tua vita, non sapevo neanche che fosse tuo il taccuino. Ma, se ti può consolare, ho una pessima memoria: non ricordo già più nulla, davvero!" Mentì, sfoderando il sorriso più luminoso che riuscisse a fingere.

Yoongi alzò il volto, guardandolo mentre sorrideva. Quel misero tentativo di consolarlo lo faceva incazzare e sciogliere a un tempo: da un lato mostrava la sensibilità del ragazzo, che aveva subito capito di essere stato, seppur involontariamente, indiscreto; dall'altro era evidente che lo stava trattando come uno stupido.

«Va bene, grazie.» Rispose,caustico, e, senza aspettare il caffè, si diresse veloce verso la porta.










Speriamo che la storia vi stia piacendo! 😊Lasciate tanti commenti che siamo curiose di sapere che ne pensate e se vi va votate mettendo una stellina⭐️! 😚💕

Speriamo che la storia vi stia piacendo! 😊Lasciate tanti commenti che siamo curiose di sapere che ne pensate e se vi va votate mettendo una stellina⭐️! 😚💕

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
Collision || BTS #Wattys2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora