UNO

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Dahlia.

Che nome ridicolo. Ridicolo quanto il modo di vestirsi che hanno i ragazzi di qui. Si infilano dei berretti dai colori improbabili, lasciano la punta a ondeggiare più su della testa e mi ricordano inevitabilmente dei preservativi umani. Per non parlare delle ragazze: credo che abbiano una seria ossessione per le scarpe a punta e i gilet. Mi sento quasi un'aliena nella mia giacca a vento e nelle mie scarpe da montagna. Forse lo sono, dato il modo in cui mi guardano.

Non lasciarti intimidire da loro, mi ha detto mio padre durante il tragitto, mostra sicurezza e ti lasceranno in pace.

Sembra una di quelle lezioni degli scout, lo so. Quando ancora vivevo in città vantavo le mie spille appuntate sul gilet giallo. A cosa cavolo servono gli scout in città? Ora però, in un paesino in mezzo ai boschi nel quale le ragazze sono più pericolose dei puma, qualche lezione di sopravvivenza non può far male.

Prima ora di lezione: aritmetica. È legale iniziare un anno scolastico con l'aritmetica? Raggiungo un banco in fondo all'aula e, non appena appoggio il mio zaino sulla sedia, mi sento spingere con forza contro la parete.

Il mio cuore si stringe in un macigno, pulsa veloce costringendo ad espandersi, proprio come quella volta. Quando riapro gli occhi inizio a calmarmi: sono solo in classe.
Una ragazza bionda dal viso scolpito e con le gambe lunghe almeno due metri, mi sorride maliziosa.

«Questo posto è occupato.» dice inclinando la testa da un lato, gesto che sembra far impazzire i ragazzi che la osservano ammaliati.

«Era libero quando sono arrivata.» rispondo stizzita, intanto che riprendo fiato.

«Beh, si vede che sei nuova. Te lo spiego una volta sola e cerca di ricordarlo: i posti in fondo sono sempre occupati.» aggrotta la fronte per sembrare compassionevole, «Lo dico per il tuo bene, carina. È un consiglio spassionato!» dice l'ultima parola alzando la tonalità della voce, scuotendo i capelli dietro le spalle e ammiccando in giro in cerca di consensi.

«Come vuoi.» afferro il mio zaino e raggiungo un banco in prima fila.

«Grazie!» squittisce.

Proprio accanto a me, un ragazzo riccissimo mi rivolge, arrossendo, un sorriso. Le decine di foruncoli che gli ricoprono la faccia esplodono nell'atto di incurvare le labbra.

Che cazzo di posto.

Entra il professore e per un paio d'ore non faccio altro che pensare a quanto poco senso abbiano i numeri. Poi passo a fisica, scienze, letteratura. Durante la pausa pranzo mi rinchiudo in bagno; la "nuova arrivata" attira l'attenzione degli adolescenti arrapati manco fossimo in un maledetto film adolescenziale.

L'aria puzza di piscio e il panino che mando giù a forza sembra quasi averne preso il sapore. Non so neanche perché sto cercando di trattenere i conati di vomito.

La porta si apre in un cigolio seguito dal suono di due paia di tacchi che battono frivoli sul lurido pavimento.

«L'hai vista? La nuova arrivata potrebbe essere la tua occasione per redimerti, Eva.»

«Quella non ha bisogno di aiuto, è solo un po' sfigata.» risponde la stessa ragazza dalla splendida chioma bionda che mi ha spinto contro la parete.

«Sei fai così non ne troverai mai nessuna.»

«Ti fai gli affari tuoi, Liz?» sbotta Eva.

«Scusa tanto! Lo dico unicamente perché ho notato che la tua pelle inizia a screpolarsi, sai?»

«Ma che dici?»

Spalanco la porta del water che ci divide e mi godo per qualche istante la loro espressione sgomenta. Eva è ancora china con il viso vicino allo specchio nel tentativo di trovare le crepe nella pelle; Liz, invece, si porta una mano davanti alla bocca, come se temesse di essersi fatta scappare qualcosa di troppo.

TOTEMDove le storie prendono vita. Scoprilo ora