TREDICI

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Liz segue la traiettoria del mio sguardo e s'irrigidisce.

I due grandi occhi bile ondeggiano al buio, illuminati dalla flebile luce riflessa dell'aula.

Sembra notte fonda, eppure è solo metà mattina. I professori richiamano all'ordine gli studenti agitati.

Mi alzo in piedi, invisibile nel marasma di studenti che si accalcano l'un sull'altro nel tentativo di uscire dalla classe. Per andare dove, poi?

Scavalco le decine di zaini sparpagliate disordinatamente a terra e raggiungo la grande finestra. Premo la mano sul vetro, lasciando l'impronta del palmo e dei polpastrelli. Porto avanti anche la seconda mano, e posiziono entrambe a formare una conca per riuscire a vedere fuori.

Guardo in alto in cerca dell'aquila, sicura che quei due paia d'occhi smeraldo abbiano le stesse caratteristiche ammalianti. Ma vedo solo il cielo plumbeo chiazzato da una spessa coltre di nubi.

Un nuovo lampo squarcia la terra, fa tremare le montagne ed elettrifica l'aria. Gli alberi dondolano con insistenza, circondati da uno stormo di aghi verdi trasportati dal vento.

«Mantenete la calma! È solo un temporale!» urla la professoressa per sovrastare le grida di terrore «Tornate subito ai vostri posti!»

Ma gli studenti insistono con lo spintonarsi sulla porta della classe, spinti dall'impulso di rifugiarsi negli asettici corridoi privi di finestre. C'è qualcosa di strano nell'aria... fa paura.

«E levatevi di mezzo!» la voce di Leonida.

Il ragazzo dall'aria felina si infila in una fessura tra la porta e un tipo paffutello dal volto rigato di lacrime.

Come sono melodrammatici!

Mi arriva svelto alle spalle.

Lo ignoro totalmente e torno a guardare fuori, la fronte pigiata contro la vetrata.

Inattesamente, mi accorgo di qualcosa di immobile al centro del parcheggio allagato. Aguzzo la vista e distinguo chiaramente la figura di un serpente arrotolato su se stesso. Le scaglie squamose leggermente alzate, striate da centinaia di tonalità di verde, dal più scuro al più chiaro; la coda che oscilla come a voler salutare. Mostra la rossa lingua vibrante e riesco perfino a percepirne il sibilo.

Il serpente si scioglie dalla posizione arrotolata e striscia con eleganza verso la finestra. Lentamente, ondeggiando prima a destra poi a sinistra, accompagnando il movimento seducente al sibilo silenzioso, ma comunque ammaliante.

«Dahlia,» mi chiama Leonida, ma non riesco neanche a fare caso al fatto che abbia deciso di usare il mio nuovo nome «allontanati immediatamente.» ordina, la voce greve e profonda.

Il serpente, ormai subito dall'altra parte del vetro, si alza sulla coda mostrando tutta la sua maestosità. Forse il rettile strisciante più grande che abbia mai visto, perfino più di quel boa da Guinness dei primati.

«Dahlia.» mi chiama nuovamente Leonida.

La creatura spalanca le fauci mostrando i suoi candidi canini affilati.
Poi, bruscamente, colpisce il vetro con ancora la mandibola sbarrata.

La finestra trema violentemente e si crepa.

Un nuovo sibilo, seguito da un nuovo colpo. Questa volta il vetro si frantuma del tutto, cadendo in una pioggia di scintille taglienti.

L'onda d'urto mi lancia in dietro, tra le braccia sottili di Leonida. Il ragazzo mi spinge di lato e gonfia il petto, pronto ad affrontare l'animale.

Ma il vero obbiettivo del serpente sono io.

Scatta verso di me, la bocca aperta e la lingua tremante. Gli occhi verdi bile si avvicinano ad una velocità spaventosa, non faccio neanche in tempo a strizzare le palpebre.

E menomale.

Menomale perché posso vedere la mia aquila planare sulla bestia degli inferi, afferrarla con i suoi artigli incrostarti di terra e scagliarla di nuovo fuori dalla scuola.

Il parcheggio diventa il teatro di quella battaglia titanica, fatta di scatti sibilanti e beccate.

Il serpente riesce a colpire l'aquila, ma non con l'intento di ucciderla. Il rapace ruzzola a terra, affogando le lunghe piume bianche e marroni nelle pozze di pioggia.
La bestia scivola sull'acqua, pronta ad attaccarmi di nuovo.

«Vai via!» urla Leonida con rabbia, ma l'animale non lo degna di uno sguardo.

L'aquila sbatte le sue grandi, possenti ali e torna all'offesa. Afferra saldamente il serpente e si alza in volo, allontanandosi in fretta e non prestando attenzione alla bestia che si dimena tra i suoi artigli.

Qualche altro energico battito d'ali, e scompare al di là delle nubi gonfie di pioggia.

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