XVIII

2.4K 176 63
                                    

Leonida...

Odio questa pelle, ma per ora è l'unica nella quale riesco ad entrare.

Arruffate piume nere della stessa intensità del becco allungato, riflessi metallici simili a quelli che attraversano il blu dei miei occhi, artigli uncinati e coda cuneiforme.

Un corvo del cazzo.

Animale molto diverso da quello al quale sono abituato. Le centinaia di pulci e pidocchi mi ricordano con fastidiosa insistenza la mia attuale condizione di passeriforme. E, inevitabilmente, mi tornano in mente tutti i commenti insolenti di Eva a riguardo.

Eva. Eva, Eva, Eva.

Quella stronza dal cuore di pietra, incapace di provare un qualcosa di diverso dall'amore incondizionato per il suo riflesso. Forse solo l'interesse per quel bamboccio.

Come si sente superiore, lui, nelle sue piume bianche e marroni; come si sente forte dietro quegli artigli in grado di arpionare le spalle di una ragazza e permetterle di spiccare il volo.
Per Eva, al confronto con un'aquila, sono solo un corvo del cazzo. Niente di più, niente di meno. Ma lei ha dimenticato la mia più naturale forma. E forse ho trovato il modo per recuperare la mia vera identità di Totem.

Ma ora devo pensare ad altro: accertarmi che le mie minacce a Dahlia abbiano funzionato. Non appena lo troverò, lo scoprirò. E non credo affatto di aver fallito.

Sbatto le piccole ali divertendomi a sfiorare la corteccia degli alberi, a far volare gli aghi di pino in un turbine dalle diverse sfumature verdi, e anche a lasciarmi congelare il sangue dall'aria fredda, quasi densa. 

Le vette innevate delle montagne più alte brillano sotto la luce argentea della luna. Il nero manto stellato copre questa terra umida e verde che attende il ritorno del gelo.
Nell'aria si palesa il forte ed invitante profumo di sangue.

È proprio Akil, ne sono certo.

Sbatto le ali con più forza, lasciandomi guidare dalla traiettoria segnata dalla scia di quel profumo appetitoso.

Ingordo, penso amaramente.

Sono settimane che non riesco a cibarmi di altro che non siano vermi o insetti. Sono riuscito giusto a dare qualche beccata alla carcassa di un daino ormai in putrefazione.

Plano tra i rami spogli di un paio di castagni solitari. Atterro sulle zampe sottili e avanzo lentamente.

Oggi non è un'aquila.

Akil sporge con il busto dalla grotta di pietra nera. Le forti zampe sopra la sua preda e i denti affilati sporchi di sangue. Il pelo lucido ancora sprimaccio all'altezza del collo: l'esatto punto in cui l'ho artigliato quel giorno in cui Eva ha sputtanato Dahlia e la sua identità.

Fisso con ingordigia il leprotto ridotto ormai ad una massa informe di carne sbrindellata e ossa spezzate.

Akil oggi è un lupo; io, invece, sono solo un corvo del cazzo.

Alza il muso affilato e punta i suoi occhi metallici nei miei. Ringhia di rabbia, di supremazia, e si tira in piedi. Gonfia con orgoglio il petto ricoperto di pelliccia grigia mossa dal vento.

Zampetto in avanti, mi alzo in aria e lascio che il mio indegno corpo muti. Le ali si spezzano,

le piume si ritirano e la pelle si strappa in un sonoro e doloroso crac.

Riatterro sui piedi nudi e cado a terra sbattendo la faccia contro il terreno coperto di rosse foglie umide. Rosse di sangue; umide di sangue.

Tossisco violentemente cacciando gli ultimi spasmi e mi alzo in piedi: sono nudo, difronte all'imponenza del maestoso lupo.

Akil fa qualche passo avanti, avvicina il suo muso al mio viso e scopre i denti.

Una minaccia che non ha effetto: nessun Totem può ucciderne un altro.

Ringhia sputandomi addosso un po' di quel sangue che gli imbratta il pelo.

Si alza poi su due zampe e, tra un lamento e l'altro, torna alla sua spregevole figura umana. Per un momento, nell'istante in cui lui è a terra a contorcersi dal dolore, mi sento finalmente superiore.

«Cosa vuoi, Leonida?» chiede con voce roca, ancora scosso dalle contrazioni muscolari.

«Vedere se il mio piano funziona, tutto qui.» rispondo, sorridendo di me stesso.

Akil alza la testa di scatto e pianta i suoi occhi d'ambra nei miei. La rabbia dipinta sul suo volto delicato ma comunque solenne. Scatta in avanti e mi afferra la gola, sbattendomi contro la parete della grotta: «Non devi avvicinarti a lei.» sibila.

«Calmati amico, non le ho fatto nulla!» mi difendo, non riuscendo a ritirare il sorriso divertito, «Le ho solo chiesto un minuscolo favore

Come un richiamo, sento la presa alla mia gola diventare più calda, più umida. Akil allontana la mano e ispeziona la ferita che gli segna il palmo sporco di terra.

«Che... che roba è?» chiede, intanto che nei suoi occhi vedo formarsi la risposta.

«È solo la prova delle mie abilità persuasive.»

Akil muta nuovamente forma nel maestoso, gigantesco lupo. In un attimo, scatta in avanti allungando una zampa; gli artigli scintillano illuminati dalla flebile luce. Mi slancio all'indietro, balzando lontano dalla furia della bestia.

Le ali mi bucano la carne, e le ossa umane si frantumano per lasciare spazio a quelle del corvo del cazzo.

Spicco il volo battendo energicamente le ali, sperando di riuscire a guadagnare tempo prima che Akil decida di raggiungermi mutando nell'aquila.

Schizzo tra gli aghi di pino, diretto alle schiere di case della cittadina. Lì, tra tutte le luci accese in attesa dell'arrivo del sonno, c'è qualcuno che ha bisogno di aiuto, di un Totem.
Ed io ho bisogno di un Protetto.

TOTEMDove le storie prendono vita. Scoprilo ora