La mano sulla bocca, la forza indomabile, l'incapacità di urlare. L'incapacità di respirare.
Mi sveglio in un bagno di sudore con la testa ai piedi del letto.
Mr Dunky è seduto sul mio stomaco: mi guarda interessato con gli occhioni verde smeraldo. I lunghi baffi bianchi, il muso per metà bianco e per metà nero. Avvicina il suo umido nasino rosa al mio e si struscia con affetto. Affetto? Forse ha solo fame.
Lancio un'occhiata alla vetrata in cerca dell'aquila, ma nulla. Non è più qui.
Butto a terra lo spesso strato di coperte color cipria e mi libero in fretta dal pigiama intriso di sudore. Una doccia veloce, le Vans ai piedi e lo zaino in spalla. Niente scarponcini da montagna.Quando esco, mia madre mi infila a forza nello zaino un sacchetto con il pranzo.
È poco più di metà settembre, eppure l'aria è già fredda da far battere i denti. Nonostante il sole scintilli, il cappello di lana è d'obbligo per proteggersi dall'emicrania da gelo. Il caldo non mi manca affatto; non mi mancano affatto le strade intasate dal traffico, il frastuono dei pendolari che entrano ed escono dai negozi, i treni.
Salgo in macchina sfregandomi le mani e poggio la fronte contro il finestrino. L'auto sfreccia sulle strade piene di curve che, dalla cima della montagna dove si erge la mia nuova casa, scendono sempre più a valle. Dopo qualche minuto a fissare il cielo in cerca dell'aquila, rinuncio alla speranza e punto gli occhi sugli abeti fitti e scuri che costeggiano l'asfalto. Accompagnate dal movimento della macchina, le fessure tra gli alberi si allargano e stringono a tutta velocità. Chissà quali occhi vetrati mi stanno fissando da dietro i cespugli sempreverdi. Chissà perché ho la convinzione che qualcuno mi fissi. Chissà perché me lo chiedo.
Il parcheggio della scuola si allarga davanti a noi. Il primo giorno di scuola è andato e, inevitabilmente, tutti i gruppetti si sono già formati. Ed io ne sono fuori, grazie a Dio. Non sopporto quelle trame da film demenziale nel quale la nuova arrivata fa amicizia con gli sfigati e si innamora del fico di turno, diventa reginetta del ballo e vaffanculo. No, niente cliché, niente amici, niente ragazzi, niente di niente. Forse solo qualche bulla... senza forse: Eva è proprio davanti a me. Il sorriso smagliante contornato dalle labbra rosso fuoco nascosto dietro un sacchetto di Dior. Se lo sventola davanti alla faccia chiamandomi con un gesto della mano.
«Dahlia! Oggi sei veramente molto carina!» dice storcendo il naso, «Tieni, questo è per te. Un regalo di benvenuto. Credimi, ne hai bisogno.»
Lo scarto ignorando la probabilità che si tratti di uno scherzo e mi ritrovo per le mani un paio di scarpe bianche a punta, tempestate di pietre colorate e paillettes. Orrore.
«Ehm... non ho bisogno di nulla» dico, restituendogliele.
«Scusa? Guarda che quelle sono vere Dior!»
«Si, ecco. Sto bene con le mie» rispondo, questa volta storcendo io il naso.
«'Fanculo! Volevo solo aiutarti» sbraita strappandomele di mano.
Liz, la fedele compagna della serpe bionda, alza gli occhi al cielo, sbuffando per la reazione di Eva. Credo.
«Forse potresti metterle tu per andare a farti fottere» rispondo, soddisfatta di essere riuscita a colpirla in pieno. Deboluccia come risposta, ma dal modo in cui mi guarda deve aver funzionato.
Eva solleva su di me gli occhi chiari attraversati da un lampo di furia.
«Dai Eva, andiamo! Se semini vento, raccogli tempesta» Liz l'afferra per un braccio e la trascina via.
Le lezioni trascorrono con usuale lentezza, non che mi aspettassi chissà quale cambiamento rispetto alle scuole della città.
Letteratura, francese, matematica e storia delle culture. Pausa pranzo passata ritualmente sulla tazza del cesso. Chimica, arte e spagnolo.
Non nego di aver speso la maggior parte del tempo a fissare il cielo fuori dalle finestre, non riuscendo realmente a convincermi che l'accaduto di ieri sia stato solo qualcosa di raro e irripetibile. Quell'atteggiamento mi ha fatto guadagnare un paio di note e la nomina di "stramba".
Questa volta scopro con delusione che mio padre è già parcheggiato davanti alla scuola, negandomi la possibilità di attendere l'arrivo dell'aquila.
Lancio uno sguardo all'albero dai rami spogli. Salgo in macchina e mi costringo a smettere di pensarci. Era solo un'aquila ammaestrata; probabilmente la scuola d'addestramento che l'aveva persa è riuscita a recuperarla. Niente più occhiate al cielo sporco di nuvole.Sotto lo sguardo indagatore dei miei, mi sforzo di mostrare un minimo di buonumore. Un gesto, un sorriso, sembra rassicurarli. In fondo se lo meritano: hanno cambiato casa, cambiato identità, cambiato vita solo e unicamente per riuscire a farmi dimenticare. Un sorriso, niente di più.
Cala la notte portando via ogni promessa di resistere alla tentazione di cercarla. Spalanco la finestra e mi siedo sul brodo, lasciando penzolare le gambe nel vuoto. Mr Dunky mi raggiunge e si accomoda accanto a me: alza il muso e annusa l'aria fredda e ricca di odori; allarga le pupille e punta lo sguardo tra gli alberi.
«Cosa c'è, Mr Dunky?» gli accarezzo la schiena e percepisco tutta la tensione tra le scapole.
Seguo il suo sguardo e, tra la corteccia muschiata, trovo un paio di occhi gialli. Inevitabile tuffo al cuore.
Tento di riconoscere la forma familiare dell'aquila, ma al posto della testa stondata trovo un paio di lunghe orecchie scure. Il muso contornato dalla folta pelliccia lucente e il petto gonfio d'orgoglio. È un lupo, non un'aquila.
Eppure gli occhi sono proprio gli stessi.
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TOTEM
FantasyPROTETTA DA COPYRIGHT PERCHÉ DEPOSITATA REGOLARMENTE! [COMPLETA, IN REVISIONE] Dahlia si trasferisce in un paesino di montagna dopo un evento traumatico. La speranza dei suoi genitori è quella di riuscire a farle dimenticare l'accaduto, ma il desti...