XV

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«Ma quindi è vero?» Adham è sbalordito: i grandi occhi neri quasi del tutto fuori dalle orbite, la bocca spalancata per la meraviglia, e le mani infilate tra i fitti ricci corvini.

Sembra una caricatura e, se non fossi ancora scioccata dall'accaduto, probabilmente potrei mettermi a ridere.

«Già, dicono che sono cose che capitano in montagna. Ma io non direi affatto... i serpenti vanno in letargo in inverno, no? Va bene che è appena ottobre, ma qui c'è un freddo che si muore!»

«Quindi tu mi stai dicendo che hai visto quel fottuto serpente gigante?» insiste.

Faccio roteare gli occhi e sbuffo: «Si Adham, ho visto quel fottuto serpente gigante.» ripeto, «E ti dirò di più: ha perfino provato a sbranarmi.»

La scuola è quasi del tutto deserta, fatta eccezione per un paio di ragazzi tremanti per il gelo che aspettano l'arrivo dell'autobus, io e Adham al riparo sotto la tettoia e la macchina della polizia parcheggiata davanti alla finestra distrutta dalla bestia.

La pioggia ha smesso di cadere con insistenza, sostituendo quel ritmo violento a un lieve picchiettio.
Le nubi si sono finalmente spaccate a metà, permettendo al sole un timido e insicuro capolino.

«Incredibile.» sussurra.

Se posso essere sincera, l'idea che tutti abbiano visto l'aquila mi disturba, come se mi avessero violata più di quanto non abbiano già fatto. Ora non si tratta del mio corpo, ma della mia anima.

Ma falla finita, mi rimprovero da sola, consapevole del suono smielato di quel pensiero.

La verità, senza troppi giri di parole, è che ne sono gelosa. Intensamente, profondamente. Un fuoco che brucia sotto la pelle e che scalda il sangue nelle vene. Tutte quelle persone parlando delle mie ali, senza neanche capirne il significato. L'aquila è il sospiro di sollievo della gola nera che voleva inghiottirmi. Inghiottirmi come avrebbe fatto il serpente.

La cosa strana, comunque, è stata la reazione di Leonida. C'era qualcosa di stonato in quell'atteggiamento: aveva tentato di proteggermi dal serpente, aveva provato a comunicare con lui. Perché?

Ogni collegamento: l'aquila, il serpente, l'atteggiamento complice di Liz e perfino Leonida, diventa sempre più chiaro, lampante; eppure, ogni possibile intuizione resta soffocata, inafferrabile.

In parole semplici: non ci sto capendo un cazzo.

Mi torna in mente la volta in cui Eva ha usato il mio vero nome davanti all'intera classe: Leonida l'aveva afferrata per la gola e lei aveva detto qualcosa sul sabotare i suoi piani.

Sono finita al centro di un nuovo gioco malato, lo so.

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