Sessantatré

883 69 21
                                    

Leonida...

I medici parlano tra loro fitto fitto. Guardano la cartella clinica e discutono; alcuni di loro scuotono la testa con desolazione, altri gesticolano animatamente indicando i monitor ai quali è collegato Adham.
Qualsiasi cosa stiano dicendo, la verità è solo una: Adham non si sveglia.

Non torno al cinema ormai da giorni, dormo nella sala d'aspetto ed evito di mangiare; mi sembra di comportarmi come se stessi facendo una protesta silenziosa, quasi a voler dire a colui che tira i fili del cosmo qualcosa tipo: "O lo svegli o mi lascio morire".

Che poi non cambia un cazzo, perché se lui muore muoio anche io, indipendentemente dalla protesta ridicola alla quale mi sono aggrappato.

I poliziotti tornano ogni giorno alla stessa ora, ansiosi di poter ascoltare la versione del ragazzo e far ricadere tutta la colpa sul fantomatico lupo. Ma se Adham avesse fatto un incidente con uno scoiattolo, e se tutte quelle persone dei volantini fossero scomparse perché assassinate da un serial killer alla Michael Myers, a loro non cambierebbe nulla. La gente di questo paesino sperduto ha bisogno di movimento, di notizie: si annoia, ecco tutto. Se un terremoto spaccasse le montagne a metà, ne sarebbero felici. Almeno avrebbero un'avventura da raccontare.

Il capo della polizia, quello basso e grasso, bussa con la nocca sul vetro della terapia intensiva. I medici si voltano a guardarlo, gli lanciano un'occhiata indispettita, e riprendono a parlare animatamente tra di loro.

«Ragazzo? Ragazzo, vieni qui.» mi chiama, riconoscendomi.

Certo, ci manca solo che obbedisco agli ordini di questo zotico, penso.

Mi lascio cadere su un sedile di plastica blu, sollevo le gambe posizionando i piedi su quello davanti a me, e gli mostro il dito medio.

«Ma... ma come ti permetti!» borbotta gonfiando quel suo faccione rosso, «È oltraggio a pubblico ufficiale!»

Scrollo le spalle e guardo in un'altra direzione. Questo, caparbiamente, si avvicina svelto sulle sue gambe corte e mi afferra per il bavero della giaccia.

«Ragazzo? Ragazzo, ce l'ho con te!» insiste.

«Ah, salve! Non l'avevo vista. Mi dica!» lo beffeggio, sfoderandogli il sorriso più arrogante del mio repertorio.

Questo borbotta qualcosa infastidito e dice: «Cosa dicono di quello lì? Quando si risveglierà?»

«Le sembro per caso un veggente?»

«Come la vede una bella notte in gattabuia?» mi rimbecca con superiorità.

«La vedo molto male, Capo. Ecco perché da adesso in poi cercherò di essere più gentile.» rispondo, sorridendo educatamente.

Maledetto bastardo, penso rabbiosamente, Adham, mi devi una scenata a questo idiota.

«Così va molto meglio. Allora? Cosa dicono?»

«Ancora nulla di significativo.» rispondo, mordendomi la lingua per il nervoso.

«Mah, d'accordo. Voi ragazzi d'oggi non sapete procurarvi informazioni su nulla. Vedrò di farmi dire di più io quando smetteranno di chiacchierare tra loro.» dice, infilando i pollici nei passanti della cintura, «Nel frattempo io e i miei compari andiamo a berci qualcosa di caldo.»

«Capo? Possiamo prendere una cioccolata calda?» domanda il poliziotto più giovane.

«Mh, d'accordo. Ma facciamo in fretta.» risponde con severità.

Figli d'un cane.

Passano altri cinque minuti d'attesa, e l'equipe medica di Adham si riversa disordinatamente nel corridoio. Mi alzo in fretta e raggiungo il caporeparto.

«Mi scusi?» lo blocco, «Mi dia notizie, per favore.»

«Lei chi sarebbe? Un parente?» alza un sopracciglio.

«No, sono...»

«Mi spiace, non possiamo diffondere informazioni personali a chiunque non sia un parente.» m'interrompe.

«Ma lui non ha nessuno!» protesto.

«Ci risulta che abbia entrambi i genitori. Quindi la prego...»

«Quelli sono dei bastardi! Non gliene frega un cazzo di Adham!» dico, parandomi davanti a lui per bloccargli la strada.

«Mi creda, capisco la sua posizione. Ma la legge...»

«La legge è una figlia di puttana. E lei ne è un maledettissimo servo!» ringhio con ferocia.

Il medico, inaspettatamente, addolcisce lo sguardo e posiziona la cartellina sotto il braccio: «Le condizioni sono critiche, l'incidente ha provocato un' importante lesione cerebrale. Per non parlare delle costole fratturate e della perforazione polmonare. Se il ragazzo riuscirà a svegliarsi, non escludo la possibilità di danni permanenti e irreversibili sul suo stato cognitivo.» dice, posandomi una mano sulla spalla.

«Oh...» sussurro.

Questo preciso istante è paragonabile ad una secchiata d'acqua ghiacciata totalmente inaspettata.

"Oh", solo uno stupido, fottutissimo "oh".

«Mi dispiace.» sembra che sia addestrato dall'esperienza a queste situazioni, ma una lama di tristezza gli ferisce ugualmente lo sguardo serio e accademico.

«'fanculo.» rispondo, raggiungendo il vetro che mi divide da Adham.

Appoggio la fronte e chiudo gli occhi: m'immagino di prendere a testate questo muro trasparente, di creparlo, di frantumarlo in decine di migliaia di minuscole schegge, di insanguinare l'intero reparto, di crollare a terra, di morire. Di spegnermi.

E invece riapro gli occhi distratto dalla voce arrogante del poliziotto: «Dottore? Ho bisogno di conferire con lei in privato.» afferma preminente.

«Adesso non ne ho il tempo, il reparto è pieno di casi che necessitano d'assistenza. Il tempo delle domande al ragazzo arriverà quando arriverà.» taglia corto, allontanandosi seguito da una decina di tirocinanti.

«Ma che maleducato! Oltraggio a pubblico ufficiale!» ribatte.

La radiolina attaccata al colletto della divisa stride e gracchia rumorosamente: «Una... scappata... genitori allarmati... bosco.»

«Cosa dice?» chiede ai propri compari indicando l'aggeggio rumoroso, «Carla ripeti, non abbiamo capito nulla!» dice stizzito, premendo il pulsante.

«Una ragazza è fuggita nel bosco, i genitori sono disperati. Richiedono una pattuglia in avanscoperta.» ripete annoiata la donna.

«Il mondo ha bisogno di noi.» commenta il capo della polizia raggiungendo in fretta la volante parcheggiata alla bene e meglio, non nascondendo un tremito di paura all'idea di dover affrontare il lupo delle stragi.

Non ho idea del perché mi sia venuto in mente, o di come abbia fatto a capirlo, resta il fatto che ho intuito che la ragazza di cui si parlava è proprio Dahlia. E se Dahlia è scomparsa il giorno della propria partenza, può voler dire solo due cose: o si è finalmente lanciata dalla vetrata, oppure Eva ha messo in atto il piano che probabilmente progetta da tempo.

E che Dahlia sopravviva o meno non ha importanza, ma se Eva decide di divorarla, finisce con uccidere anche se stessa. La protezione dei Protetti è una legge troppo sacra da poter violare.

Osservo Adham aldilà del vetro, osservo i macchinari che emettono continui bip, i suoi muscoli tesi, la bocca spalancata, gli occhi viola, le guance scavate.

Per lui non posso fare più nulla, ormai; per Eva c'è ancora una possibilità. Allo stesso tempo, voglio essere qui quando lui aprirà gli occhi. O quando lui...

Combatto l'indecisione ed esco dall'ospedale. La pioggia ha preso a scendere come proiettili d'acqua. Attraverso la strada e mi introduco nella foresta, il cappuccio tirato sopra la testa. Salto in aria e lascio che le ali buchino la carne, che i denti si frantumino per lasciare spazio al becco, che le penne mi spuntino violentemente.
Batto le ali cacciando la pessima sensazione che m'infuoca le interiora.

Ti prego Adham, aspettami.

TOTEMDove le storie prendono vita. Scoprilo ora