QUATTRO

3.1K 216 82
                                    

Apro gli occhi dopo un sonno agitato e noto una strana luce nella stanza; le pareti sembrano più luminose... Mr Dunky stranamente non è acciambellato ai miei piedi. Nonostante la finestra sia chiusa e il riscaldamento a terra funzioni perfettamente, l'aria è più pungente del solito. Mi tiro a sedere e butto distrattamente un occhio alla vetrata: gli abeti, i pini, la roccia e ogni cosa è coperta da un velo di candida neve. Sorrido e mi tiro le coperte fin sotto al naso. Oggi è lunedì; oggi niente scuola. La sveglia suona insistentemente,  ma io la metto a tacere con un soddisfacente ceffone.

Potessi avere una vita così! Niente impegni: solo pioggia, neve e libri; e anche un po' di cioccolata, che fa bene all'umore.

«Forza, in piedi!» mi chiama mio padre da dietro la porta.

«Papà, niente scuola oggi. È tutto coperto di neve!» protesto.

«Ti sei forse scordata che ora viviamo in montagna? Qui sono abituati a queste cose e sono anche attrezzati a prevenire qualsiasi tipo di disagio. E le scuole non chiudono certo per una spolverata di neve.» obietta, impostando quel tono di voce che vuole essere "severo ma giusto".

«Sembri un annuncio televisivo quando parli così.»

«Ti aspetto giù.» conclude, tagliando la conversazione senza concedere repliche.

Sbuffo di rabbia e scaravento le coperte a terra. Mr Dunky, che stava seduto davanti alla vetrata con le pupille allargate per la curiosità, si volta a guardarmi.

Mi vesto in fretta dimenticando perfino di pettinarmi i capelli neri in netto contrasto con il bianco latteo della mia pelle.

Sembro una morta.

Scendo le scale battendo i piedi il più rumorosamente possibile, come se palesare il mio disappunto possa servire a qualcosa.

Molto matura, mi rimprovero.

Ma a diciassette anni posso concedermi anche questo. Posso saltare la scuola, battere i piedi a terra e pensare alla profonda gola nera aldilà della mia vetrata.

«Mel-» mi chiama mia madre, prima di bloccarsi di colpo portandosi una mano davanti alla bocca.

Melanie.

«Dahlia. Il suo nome ora è Dahlia.» interviene mio padre abbassando bruscamente il giornale.

In cucina cala una tensione tanto densa da farmi guadagnare qualche occhiata compassionevole.

«Basta così.» m'impongo «Se continuiamo a far finta di nulla resterà sempre nitido, reale, nella mia testa. Siamo tra noi, e tra noi posso anche tornare ad essere Melanie.» mi sforzo, anche se solo pronunciare quel nome mi provoca delle fitte alle viscere.

Sembrano.... spaventati.

«E ora andiamo a scuola.» concludo.

Nonostante l'angoscia nel dover affrontare nuovamente le occhiate divertite dei compagni, non posso indossare le Vans di tela nera; sempre che non voglia procurarmi i geloni alle dita. Così monto in macchina con ai piedi gli scarponcini da montagna. I carri armati delle suole incrostati di neve inumidiscono il tappetino.

Salto la prima ora di nascosto. Approfitto del poco tempo a disposizione per farmi un giro della zona e per trovare la ferramenta nel quale farmi doppiare la chiave.

Ferramenta che, fortunatamente, trovo subito; pochi spiccioli e la seconda chiave, sempre dorata, finisce nella tasca dei miei jeans.

Corro a scuola in tempo per la campanella, e sono felice di notare che nessuno ha fatto casa alla mia assenza. Invisibilità.

Ultima ora di lezione: storia delle culture. La professoressa ci impartisce una noiosissima lezione sulla nascita dei tatuaggi, per poi passare alla simbologia del totem.

«La cultura del totemismo nasce nel Nord America, per assegnare ai singoli, ma anche alle intere tribù, delle guide spirituali alle quali si rimane legati per tutta la vita.» afferma l'insegnante «Se però si analizza bene la storia dei popoli, e in generale l'intera antropologia, è facile individuare il totemismo anche in pratiche cristiane come la venerazione degli angeli custodi, dei santi e dei patroni delle comunità.»

D'istinto, mi viene da ripensare all'aquila. È estremamente adolescenziale e ingenuo da parte mia, ma mi è quasi impossibile distogliere la mente dal collegarla al concetto di totem.

Questo sì che ha tutta l'aria di sembrare un patetico film adolescenziale!

«In alcuni culti sciamanici, il totemismo non si limita alla rappresentazione di sé tramite un simbolo, ma si caratterizza da un contatto profondo, spirituale, con l'animale totem.»

«Cioè questi sciamani sostengono di riuscire ad entrare nella pelle dell'animale o lasciarsi "possedere" dal loro spirito?» interviene Eva con finto interesse, giusto quel tanto che basta per far si che la professoressa non la penalizzi per le poche partecipazioni in classe.

«Esattamente.» conferma «Alcune correnti pagane sono solite ad evocare il loro animale guida in base alle spiccate e specifiche doti del totem in questione.»

«Che noia.» interviene qualcuno in fondo all'aula.

«Qualcosa non va, signor Mane?»

«Si, questa lezione non va. Ehi, nuova arrivata! Nella tua vecchia scuola assistevi a lezioni su spiriti e animali guida?» urla sporgendosi in avanti «Andiamo, che idiozie!»

«Basta così Leonida, puoi uscire dalla classe.» lo caccia la professoressa, sbattendo il gesso contro la cattedra facendo sollevare una folata di polvere bianca.

Lo stridio della sedia che scivola malamente sul pavimento, il ronzio della cerniera dello zaino che si chiude e il suono felpato -felino- dei passi del ragazzo che sfila tra i banchi. Sul viso un'espressione di pura strafottenza; si volta verso di me e mi schiocca un viscido bacio, tanto sbagliato da scatenarmi i brividi.

I capelli castani e arruffati palesano un disinteresse nei confronti delle convenzioni; il sorriso malizioso –inquietante, direi– malcela una crudeltà di fondo che trova totale espressione nel celeste metallico degli occhi.

Ha qualcosa di familiare, ma non riesco a capire cosa.

TOTEMDove le storie prendono vita. Scoprilo ora