Eva...
Striscio, striscio, striscio.
Ogni creatura corre a nascondersi non appena sente il mio temibile sibilo. Sono una saetta di carne e sangue freddo.
Eva che tenta, Eva che cede.
So che non dovrei farlo, so che dovrei lasciare che quella ragazza viva. Che Akil sia il suo Totem.
Ma non posso; mi si infuoca il cuore al pensiero delle sue mani su di lui, dei loro baci, dei loro corpi che si sfiorano.La terra è tanto fredda che intuisco il suo invano tentativo di respingermi. Ogni ostacolo, ogni tronco caduto a terra, ogni ruscello in piena, è una debole manovra per frenare la mia corsa.
Sento dei passi pesanti colpire il suolo dietro di me: percepisco i suoi artigli graffiare il terreno, il fiato condensarsi nel gelo, il cuore galoppare con foga. Un cuore che avrebbe potuto battere per me. Poi il nulla, solo il gemere melenso delle foglie.
Che si sia arreso?
Lo odio. Li odio entrambi.
Non ha niente, niente, in più di me. È solo una stupida, debole umana.
Voglio inghiottirla, tenerla dentro di me. Potrei essere lei per qualche ora, fino a quando i succhi gastrici non la sciolgono nel mio stomaco. Magari Akil, sapendola dentro di me, riuscirebbe a guardarmi con altri occhi.
Quegli occhi che mi bramavano quando riuscivo ancora a proiettare la mia ipnosi su di lui; non sembrava che mi odiasse, all'epoca.
E non capisco perché odiarmi ora. Insomma, ho abbandonato una vita, una storia, solo per lui.
Ripensare a Leonida mi provoca un conato di bile che basterebbe a sciogliere l'intero pianeta.
Quel pezzente non vale niente.
Per colpa sua, Akil stava morendo. Drake, il Protetto di quel cazzo di corvo spelacchiato, era a un passo dal creare un legame con lui. Poi eccolo, quell'idiota di Leonida gliel'ha soffiato sotto il naso.
Un egoista. Se si fosse fatto gli affari propri, probabilmente ora non starei strisciando con tutta la mia forza per raggiungere Dahlia in cima alla sua fortezza, il suo castello di vetro. Una stupida ragazzina che ha bisogno di essere salvata. Una debole.
Sono l'unico serpente della foresta, l'unico ancora vigile pronto a sbranare il primo essere che mi gli si pari davanti. Sentire il suo sangue sporcarmi le zanne, sentirlo contorcersi nella mia profonda gola, sentirlo graffiare le pareti del mio stomaco. Sentirlo morire nel profondo di me, come ogni minuscolo briciolo di sensibilità che mi resta.
La voglio, voglio sentirla gridare, voglio io stessa urlare con la sua voce.
Gli alberi si fanno sempre più fitti, il terreno sempre più roccioso. Il dirupo, la profonda gola nera che mi separa dalla parete pietrosa che sorregge quella casa di speranze di una nuova vita, di libertà, di salvezza.
Dalla buia vetrata spiccano due profondi occhi gialli, le pupille in due linee sottili.
Mi divoro anche quello stupido gatto.
Striscio costeggiando le labbra di quella bocca profonda che canta delle sue vittorie, delle sue sconfitte, della sua fame. Della mia fame.
Raggiungo la parete, l'annuso, la sfioro con la lingua che sibila tutto il mio disprezzo. Alzo la testa, mi spingo con forza sulla parte finale del mio infimo corpo. Mi aggrappo alle sporgenze con le squame spezzate, l'attrito mi sorregge.
Striscio, striscio, striscio.
Serpeggio con decisione, sicura che questa volta neanche gli artigli di Akil riusciranno a fermarmi. La notte è ancora scura, carica di timori, tenebre che soffocano ogni suono, grido, speranza. La luna è ormai invisibile; rimangono solo i miei occhi elettrici a infondere luce. Cupa, terrificante luce.
Manca poco, vedo la rifinitura in legno della finestra. Striscio con ancora più forza. Sento la vetrata palesarsi con soddisfazione sotto il mio mento acuminato da squame taglienti. Proprio davanti a me, gli occhi cristallini del gatto: soffia allargando le fauci, mostrandomi quegli stupidi ed insignificanti dentini. Il suo corpo si ingobbisce, rizza il pelo e infilza gli artigli nella moquette.
Comincerò da te.
Mi allontano strategicamente con la testa, spalanco la bocca e sono pronta a colpire la vetrata.
Scatto in avanti: vedo il vetro prima avvicinarsi, poi allontanarsi.
Vengo staccata dalla parete, come un'erbaccia invasiva sradicata senza ripensamenti. Gli artigli di Akil graffiano la mia pelle ruvida e mi lasciano scivolare.
Cado, cado, cado.
La profonda gola nera strilla il mio nome, la sua voce soffocata dal manto di neve sul fondo. Il corvo che gracchia e gli alberi che oscillano, festosi per la mia discesa.
Nessun Totem può ucciderne un altro, questo vuol dire che potrei finire col sopravvivere. O potrei semplicemente, finalmente morire. Ma Akil morirà con me, è questa la regola.
Scivolo nell'aria che sferza intorno a me, io che mi divincolo in una protesta sibilante. Nessun appiglio, nessun aiuto.
Il fondo è sempre più vicino, più reale. Spalanco la bocca sputando tutto il mio veleno, certa che possa pur valere qualcosa. La natura è crudele.
Ma io sono la natura!
Grido una disperazione inaudibile, stringo gli occhi.
Poi degli artigli, i suoi artigli, mi afferrano strattonandomi via da quel destino. Mi infilzano la carne con crudeltà.
Un po' di dolore per la vita.Akil sbatte le sue larghe ali picchiando l'aria inconsistente. Ed io ora sono Dahlia, la ragazza che precipita nel burrone e che viene salvata dall'aquila reale.
Gioisco della delusione dei pini ormai bianchi per la neve, mi contorco lasciando che il sangue scivoli e goccioli giù per il dirupo come a voler pagare il pegno, il debito, il sacrificio.
Sorvoliamo la macchia d'abeti, oltrepassiamo il fiume in tempesta, voliamo tra il turbinare feroce dei fiocchi di neve; questi ci colpiscono, ci graffiano e ci congelano. È incredibile come qualcosa di così innocuo possa riuscire a ferire.
Arriviamo quasi aldilà delle tane dei lupi, che qualcosa frena bruscamente la nostra avanzata. Alzo la testa e trovo un paio d'occhi blu che mi fissano con terrore.
Il corvo becca con ferocia l'aquila, infischiandomene della differenza di dimensioni e di forza. Un combattimento muto, fatto di beccate e battiti d'ali.
Scivolo dalla presa e cado nell'incavo di due rami di un vecchio, centenario albero.
Sotto di me, due bocche ringhianti che aspettano solo di trovarmi a terra. Le lupe abbaiano, mordono l'aria desiderando di azzannare la mia tenera, succulenta carne. Tento di avvinghiarmi al ramo, ma la neve mi fa scivolare via. Cado tra le due bestie voraci. Striscio come un verme, ma una di loro blocca la mia coda pestandomela con la propria, grande, pelosa zampa.
Il gracchiare del corvo e la sua ritirata dallo scontro con l'aquila. Scende in picchiata verso di me e mi afferra con le sue stupide, fragili zampette.
Mi tira in alto, sforzandosi di reprimere il tremito della fatica. Batte le ali lentamente, in palese e umiliante difficoltà.
Leonida mi lancia un'occhiata innervosita e mi trascina lontano, aldilà della schiera di montagne innevate.
Alle mie spalle, quella vetrata pulsa con ingordigia. Dietro di essa, un gatto soddisfatto che si liscia il pelo e la bella addormentata protetta dal suo principe.
Il mio principe.
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TOTEM
FantasyPROTETTA DA COPYRIGHT PERCHÉ DEPOSITATA REGOLARMENTE! [COMPLETA, IN REVISIONE] Dahlia si trasferisce in un paesino di montagna dopo un evento traumatico. La speranza dei suoi genitori è quella di riuscire a farle dimenticare l'accaduto, ma il desti...