Mio padre è in ritardo. Me lo immagino alle prese con le ripide strade innevate.
Mi siedo sulla panchina ad aspettare, la stessa panchina davanti allo stesso albero. I rami si inclinano sotto il peso della neve. Qualche fiocco scivola via dalla corteccia, piroetta con grazia e cade a terra, ricongiungendosi agli altri. Uno di quei fiocchi sono io. O almeno mi piacerebbe esserlo.«Prima volta?» Leonida è proprio al mio fianco.
Strano, non l'ho sentito arrivare.
«Scusa?» domando, confusa.
Il ragazzo indica l'albero e alza un sopracciglio; vorrebbe sembrare attraente, lo capisco. Ma io riesco a percepire solo disgusto.
«Prima volta che vedi la neve?»
«Oh, no. Non è la prima volta che vedo la neve.» sbotto.
«Scusa.» risponde alzando le braccia in segno di resa «Non sembrava una domanda poco delicata.»
Gli sfodero un sorriso a labbra strette nella speranza che intuisca il mio fastidio nell'intrattenere quella conversazione.
«Però sai,» aggiunge sedendosi a un palmo da me «qualche domanda indelicata l'avrei.»
Mi si serra la gola: l'ha scoperto.
Mi volto verso di lui, lentamente. I miei occhi affogano nel blu metallico dei suoi. Calamite tossiche. Appoggia i gomiti sulle ginocchia e il viso sui palmi delle mani. Quella posa esalta la figura dinoccolata, senza accenno di muscolo. Di profilo, la forma aquilina del suo naso spicca sullo sfondo bianco del cielo. Mi ricorda il becco di qualche uccello e, appena mi torna in mente l'aquila, mi rendo conto di quanto sia stonata quella similitudine. Totalmente inadatta. Della maestosa creatura dei cieli, quel ragazzo non ha proprio nulla.
«Dimmi: perché sei qui? Cos'è che non ti piaceva della tua vecchia città?» domanda, in un sibilo.
«I miei hanno trovato qui un'opportunità di lavoro migliore. Sono minorenne, sai? Mi sono dovuta trasferire con loro.» rispondo meccanicamente, forzandomi a trattenere l'agitazione.
«Ah!» esclama appoggiandosi allo schienale della panchina «E che lavoro fanno i tuoi?»
«Gli scrittori.» confesso con un filo di voce, non riuscendo a trovare nessuna bugia credibile. Mi sento così stupida a non aver costruit una storia prima. Alla fine, quando sei alle strette, vuoi o non vuoi la verità salta fuori. Speriamo non quella verità.
«Persone molto sensibili allora, non è vero? E dimmi, che cazzo di strana offerta di lavoro possono aver ricevuto in un paese come questo?» sorride, piegando in su un solo angolo della bocca.
«Gli scrittori hanno bisogno di pace, quiete e fonti di ispirazione.» indico il panorama: montagne innevate sullo sfondo e foreste dormienti ai loro piedi «Direi che non potevano trovare posto migliore, non credi?» aggiungo, sperando di essere riuscita a ribaltare la situazione.
«Non dire stronzate.» sorride, mantenendo il contatto visivo «Melanie.»
Lo stomaco che si contrae, i polmoni che si bloccano, il cuore che scoppia. Un velo di sudore m'imperla la fronte.
«Dahlia.» lo correggo con scarsa determinazione.
«Oddio! Perdonami!» esclama battendosi una mano contro la fronte «Che figuraccia! Giusto: Dahlia.»
La testa inizia a girare. Sono sulle montagne russe; se solo riuscissi ad aprire la bocca per respirare, probabilmente sputerei via lo stomaco. Sto per svenire, lo sento. Tutto il gelo dell'aria si insinua sotto la pelle, nelle ossa e dietro gli occhi.
Inizio a perdere la percezione dei contorni, come se ogni cosa iniziasse a sfocare abbandonando pian piano la propria realtà. Sbatto le palpebre cercando di scacciare il buio che inizia a espandersi come un velo sulla sclera, quando sento un frenetico colpo d'ali. Alzo meccanicamente la testa e l'aquila, la mia aquila, è proprio lì sullo stesso ramo dell'ultima volta. La Regina dei Cieli stride con rabbia e batte le ali sul posto con fare intimidatorio.
Leonida alza lo sguardo e si lascia sfuggire un risolino. Strizza l'occhio all'animale e si alza dalla panchina.«Ci vediamo.» dice allontanandosi, le mani infilate nelle tasche.
L'aquila si calma scacciando via tutta l'irrequietezza con l'ultimo fremito d'ali. Scende fiduciosa d'un paio di rami e aspetta che io la raggiunga. Ma temo di aver perso la sensibilità alle gambe: sono rigide e tese.
Sono fregata, ormai lo verranno a sapere tutti quanti.
Il rapace scende di qualche altro ramo e mi osserva inclinando la testa da un lato. I suoi magnetici occhi ambrati mi impediscono di scoppiare a piangere.
Questo, perlomeno, fino a quando non arriva mio padre. Salgo in macchina e gli racconto ogni cosa, sperando che riesca a capire tutto il discorso tra i singhiozzi. L'aquila ci segue planando e poi sbattendo le ali con forza. Magari le avessi io, quelle ali.
Sfioro la tasca dei jeans e con mano tremante seguo il tratto in rilevo della chiave dorata.
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TOTEM
FantasyPROTETTA DA COPYRIGHT PERCHÉ DEPOSITATA REGOLARMENTE! [COMPLETA, IN REVISIONE] Dahlia si trasferisce in un paesino di montagna dopo un evento traumatico. La speranza dei suoi genitori è quella di riuscire a farle dimenticare l'accaduto, ma il desti...