XXII

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La mano sulla bocca, la squadratura rigida della mandibola, le risa di sottofondo, l'incapacità di urlare. L'incapacità di respirare.

Mi sveglio di colpo, mi tiro a sedere cercando di riprendere fiato. Apnee notturne, così le chiama la mia psicologa.

Afferro il cellulare sul comodino e guardo l'ora: le tre di notte.

Una credenza popolare dice che ci si sveglia a quell'ora quando il male ci sta guardando. Forse quegli spiriti che vivono nelle case di montagna si divertono a tormentarmi. In realtà, dice mio padre, ci si sveglia alle tre perché a quell'ora il fegato lavora più intensamente. Ecco spiegato il motivo degli incubi.

Sblocco lo schermo: due chiamate perse da Adham e un messaggio non letto.

"Non puoi capire cosa è successo... Leonida è stato a casa mia! Cioè, si è presentato alla porta della mia stanza in tutto il suo infimo splendore! Se sparisco per qualche giorno sappi che sono morto soffocato dalla mia stessa bava. Addio."

L'incapacità di respirare.

Porca puttana!

Che senso ha questa cosa? Che voglia avvicinarsi ad Adham per ricattarmi ora che so che né lui né un altro Totem può uccidere Akil?

Guardo la vetrata sulla quale riflettono i flebili raggi lunari. Il gracchiare di un corvo mi fa rizzare i capelli dietro la nuca, ma se è lui devo parlarci. Faccio scorrere l'anta della finestra da un lato, lasciando entrare l'aria fredda che preannuncia tempesta. I pini neri nascondono le creature notturne che cacciano, si cibano, si nascondono. Il corvo, proprio appollaiato sulla cima di un albero, mi osserva con i suoi piccoli occhi blu elettrico. Allarga le sue ali spennacchiate in segno di saluto.

È proprio lui.

«Devi lasciarmi in pace, Leonida!» urlo, non pensando al fatto che potrei finire con lo svegliare i miei genitori.

E cosa direbbero se vedessero la propria figlia sull'orlo del precipizio, vestita di una sottile camicia da notte intanto che urla ad un corvo?

L'animale spicca il volo facendo vibrare al vento le piume nere. Due battiti d'ali e plana nella mia stanza. Ruzzola a terra, gracchia con sofferenza, si contorce e, dopo un sonoro crac, me lo ritrovo nella sua forma umana, nudo, sdraiato sulla mia moquette, circondato dalle sue stesse piume; sembra quasi che ci sia stata una lotta tra bestie.

Aspetto qualche secondo e butto un occhio fuori dalla vetrata nella speranza di vedere l'aquila raggiungermi in volo. Ma l'unica cosa che vedo è un cielo nero sporco di nuvole plumbee e la foresta oscillante nel vento.

«Ciao, Melanie.» mi saluta, la voce roca.

«Devi lasciare in pace Adham.» rispondo con risolutezza, andando dritta al dunque.

Leonida si alza in piedi ancora scosso da qualche tremito. Le gambe lunghe, il ventre piatto, le braccia sottili, le spalle appuntite. Mi viene in mente quel leone allo zoo: aveva le anche spigolose che premevano contro la pelle, la criniera sfoltita, la fragilità dello sguardo; credo che non mangiasse da giorni.

«Akil ti ha detto tutto, non è vero?» domanda, facendo comparire il sorriso beffardo.

«No, non tutto.» ammetto «Ma so che nessun Totem può ucciderne un altro.»

Quella parola, Totem, suona ancora strana sulle mie labbra; possibile che sia tutto vero? Possibile che i miei dubbi abbiano davvero trovato la soluzione in quest'inimmaginabile realtà? Sembra quasi tutto uno scherzo; eppure, Leonida si è mutato proprio qui, davanti a me. Eppure, Akil era tornato un cervo proprio sotto i miei occhi.

«Fantastico! Quindi sai cos'è un Totem, giusto?» mi schernisce col suo sguardo «E dimmi: cosa fa un Totem?»

«Protegge

«Bingo! Protegge! E cosa ti fa credere che Adham non abbia bisogno di protezione?»

«Le persone hanno bisogno di essere protette da te

«Ah si? Non avevo idea che fosse stata la mia esistenza a convincerti a saltare. Credevo che il motivo fosse un certo video che circola in rete.» si guarda le unghie con disinvoltura.

Se chiudo gli occhi posso riuscire a sentire la profonda gola nera urlare il mio nome, chiamarmi con gioia incitata dal corvo che gracchia appollaiato su un ramo.

Un corvo.

«Tu eri lì, quella notte. C'eri quando mi sono lanciata.» sussurro, colta quasi dall'imbarazzo.

Leonida allarga il suo crudele sorriso e tira indietro una ciocca corvina scivolatagli davanti agli occhi iniettati di sangue.

Tutte le mie deboli convinzioni sul fatto che Leonida avesse preso le mie difese contro il serpente, crollano in fondo alla gola nera. Lui non ha mai avuto nessun interesse a proteggermi, il suo motivo è un altro. È la sua debolezza.

«Cosa vuoi ora da me?» chiedo, totalmente sopraffatta dalla confusione.

«Voglio solo che tu sappia che Adham si fida di me. Quindi, se vuoi che riservi per lui solo buoni consigli,» dice mettendosi una mano sul cuore, «tu devi essere pronta a soddisfare ogni mia richiesta.»

Un ululato rompe il silenzio della notte.

Il mio cuore perde un battito. Su una rupe della montagna dalla cima innevata, uno splendido, enorme lupo grigio ringhia scoprendo i denti.

Leonida si porta un dito davanti alla bocca intimandomi di fare silenzio. Il sorriso maligno spezzato da una flebile nota di paura. Si piega in avanti, incurvando la schiena dalla quale spuntano due appuntite ali nere. Un grido soffocato e Leonida è di nuovo un corvo. Vola via dalla mia stanza compiendo cerchi in aria, quasi a volersi prendere gioco del lupo sotto di lui.

L'orologio alla parete segna le tre e un quarto di notte. Forse è proprio vero che ci si sveglia a quell'ora quando il male ci guarda.

TOTEMDove le storie prendono vita. Scoprilo ora