28. INCATENATO

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Luca's pov

"Zio Lù."
"Zio Lù."
"Zio Lù."

Porca troia

Mi giro verso destra, con ancora gli occhi chiusi, e sento improvvisamente il vuoto sotto al mio corpo. Un tonfo pesantissimo. La testa rimbalza. Sono sdraiato sul pavimento. 

Affamoc...

Apro gli occhi lentamente e non posso fare a meno di sentire la testa pulsare e purtroppo so che non è dovuto soltanto dalla botta. Pian piano sorgo davanti a me una figura minuta, prima in modo appannato e poi più chiaramente. Sbatto le ciglia ripetutamente e provo ad alzare almeno il busto. 

Con una mano poggiata sul punto della testa in cui ho sbattuto, capisco che per me non c'è speranza e allora mi risdraio per terra. Risparmio forze.

"Zio Lù." Solo ora riconosco la figura: Vanessa. Oggettivamente solo lei poteva essere così piccolina, solo il fatto che io non ci abbia pensato prima mi preoccupa sinceramente. Ma che ci fa Vane a casa mia? Mi massaggio il punto dolorante, mentre lei mi domanda: "Che ci fai qua?" Aggrotto le sopracciglia, vorrei risponderle: 'ci vivo peste, tu piuttosto?' , ma il fastidioso ronzio che ho in testa me lo impedisce.

La guardo confuso, ancora non rispondo. Non ci riesco ancora a formulare una frase di senso compiuto, secondo me.  Sospiro e, dopo un bel po' che io rimango in silenzio e lei elenca i motivo per cui sono strano, le domando: "Dove sono?" Inizialmente ero convinto di essere a casa, ma ora non sono convinto più di nulla. 

Sono talmente fuso che l'unica cosa che ricordo sono io trasportato, in un locale, come un sacco di patate da Enzo.

Entusiasmante!

Poi vuoto. Vuoto totale. Buio.

"A casa nostra. Cioè di Alessandra. La tua ragazza, cioè non più, immagino per poco, ma per ora non più. Mia cugina." Mi parla come se fossi interdetto, rincoglionito e riconosco che non ha tutti i torti. Le mie condizioni di certo non stanno gridando 'Hey, sono una persona normale, sana mentalmente e tranquilla. Sto a terra con una mano sulla testa per optional.' Annuisco e provo a rialzarmi. Questa volta, fortunatamente, ci riesco e mi siedo sul divano. 

La parte peggiore è passata, sono ancora vivo. 

Poi noto una pillola e dell'acqua sul tavolino di fronte a me e, senza esitazione, la ingurgito, ringraziando ogni Dio esistente. Ancora non capisco una cosa: ma io perché cazzo sono qui? Mi volto verso Vane, che continua a studiarmi attentamente con i suoi occhi neri profondi, sicuramente pensa io sia pazzo. Le chiedo abbastanza preoccupato: "Che ci faccio qui?" Ride.

Ride?

Questa bimba è l'esatta copia della cugina: ride nei momenti in cui c'è da piangere, non ride quando c'è da ridere. Riporta lo sguardo su di me, con gli occhi velati ancora dalle lacrime di divertimento che le ho procurato: "Ma se te l'ho chiesto prima io. Ma che hai combinato?" Questa è una bella domanda.

Peccato che la risposta non la conosca affatto e forse, a giudicare dal mio mal di testa, è meglio così. "Oh, nulla di che." Fingo pacatezza, anche se sono agitato: chissà che ho detto o fatto con Alessandra, come ci sono arrivato a casa sua, se abbiano litigato o fatto pace...

Ridacchia, sicuramente capendo che sto raccontando balle, dato è una sveglia, molto intelligente per i ragazzini della sua età: "Va bene, ora che Ale è arrivata, io vado su a prepararmi." Mi giro di scatto verso la figura che Vanessa indica con il capo.

Nella mia mente riecheggiano solo alcool e domande, molti dubbi nascono in me, ma poi capisco immediatamente chi è la persona che può darmi tutte le risposte di cui ho bisogno.

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