Luca's pov
Continuo a camminare, accelerando il passo, lasciandomi indietro la rabbia che mi lacera, lasciandomi indietro i turbamenti, lasciandomi indietro il rancore. Ma purtroppo tutti questi elementi sono ancora incollati a me.
Ma io continuo a camminare.
A un certo punto, dopo essermi reso conto che in realtà non mi sono lasciato indietro un bel niente, una mano gelida che stringe il mio polso evidenzia che l'unica persona che volevo lasciarmi indietro è accanto a me.
Non reagisco al contatto con la sua mano, ma semplicemente ribadisco: "Non ho niente, te l'ho già detto." Mi strattona, impuntando con forza i piedi al suolo e rendendomi impossibile continuare a camminare, ad accelerare, a lasciarmi tutto e tutti indietro.
"È per ieri?" Mi domanda, facendomi incontrare il verde dei suoi occhi con la serietà dei miei. Sospiro: "No, ora mi lasci andare in studio?" Non le do nemmeno il tempo di rispondermi che scosto la mano e riprendo ad allontanarmi. Rimane immobile inizialmente, ma poi percepisco il suo corpo che cerca di raggiungere il mio.
"È per ieri." Afferma convinta, come se avesse avuto la conferma dal mio atteggiamento. Non riceve comunque una risposta da parte mia, poichè continuo silenziosamente il mio percorso.
Certo che è per ieri, ha davvero bisogno che glielo dica io?
"D'Orso" Mi richiama, sapendo benissimo di innervosirmi assai in questa maniera. Non controbatto, non sbuffo, non mi lamento. Cammino e tiro un sospiro di sollievo, quando noto la poca distanza che mi separa dallo studio.
Alessandra tiene il mio passo e semplicemente aggiunge: "Va bene allora, se non hai niente come dici, non sarà sicuramente un problema per te passare l'intera giornata con me." Non posso assolutamente ammettere che la sua presenza mi disturba, mi tocca, mi scompiglia.
Quindi non mostro l'agitazione che, in verità, mi distrugge al solo pensiero di stare nella stessa stanza con lei in un momento simile: "Fa come ti pare."
Apro semplicemente il portone e mi dirigo nello studio, mentre lei chiede con massima disinvoltura: "C'è qualcuno?"
Semplicemente pronuncio, senza smuvermi più di tanto: "No, infatti volevo stare da solo." Prendo le chiavi e lei prontamente controbatte: "Perchè?"
Inzio a girare nella tappa la chiave e, infastidito, affermo: "Volevo lavorare." Continuo perciò a sottolineare quanto la sua presenza non desti in me alcuna trepidazione o anche solo qualche sensazione, quanto il motivo del mio fastidio sia altro, ma lei ovviamente non mi crede.
Lo comprendo dalla fermezza con cui continua a starmi vicino e dalla imponenza con cui continua a farmi domande, cercando di ottenere partecipazione ed interessamento da parte mia. Che, al contrario e di proposito, non ne dimostro alcuna.
Appena entriamo si siede sul tavolino, invece che sui divanetti, sapendo benissimo quanto ciò mi innervosisca. Non riesco a trattenermi e la guardo male, a mo' di rimprovero: "Non mi provocare." Sorride soddisfatta.
"Ah grazie di esserti reso conto che non sono trasparente." Mi punzecchia, scendendo dal tavolo e avvicinandosi alla mia figura.
Ma non gli do tempo di agire che asserisco: "Me ne sono reso conto solo perchè nemmeno i segni che le tue scarpe lasciano sul tavolino sono trasparenti." La mia risposta fredda la delude ed è esattamente ciò che desideravo accadesse.
Mi volto, pronto ad andare verso il microfono e fingermi completamente indaffarato da non poterle rivolgere attenzioni, ma la sua voce mi proibisce di fare anche solo un passo: "Sono consapevole di averti ferito ieri..."
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Solo tu lo sai [Capoplaza]
RomanceDAL CAPITOLO 30 ~ "Vostri? Perchè, secondo te, esiste un noi? Cioè esiste un me e Leila?" Quasi le scoppio a ridere in faccia per la sua affermazione. Mentre lei mi fissa insistentemente, si inumidisce nuovamente le labbra e deglutisce. Okay, è in...