22. STAI TRANQUILLO

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Luca's pov

Amore mio.

È quello il nome che appare improvvisamente sul mio cellulare. La sua chiamata mi crea un po' di preoccupazione.

Dovevano essere qui già da un po' e poi, se fossero in ritardo, mi avrebbe avvisato Erika o Fabrizio. Non di certo lei, non voleva nemmeno salire in casa, figuriamoci chiamarmi e parlarmi, mentre guida poi. Aggrotto le sopracciglia.

Guardo un po' incerto il cellulare, per poi rispondere e portarlo all'orecchio. Mi alzo dal divano e mi dirigo sul balcone.

So che qualcosa non va, lo capisco dal fatto che è rimasta in silenzio.

"Ehi." È l'unica cosa che ora mi esce di bocca, poichè il peggio riecheggia nella mia mente. "Lù..." Sussurra, aumentando in me la consapevolezza che sia accaduto qualcosa di grave. Sta respirando male.

Come a spronarla a continuare, accenno un piccolo: "Dimmi." Io ho capito. Lei ha capito che ho capito.

Quindi proseguo, poichè lei è rimasta in silenzio: "Qualsiasi cosa, puoi dirmi qualsiasi cosa... Sai di essere la persona più indicata per dirmi cosa è successo. Sai esattamente come spiegarmi una situazione senza farmi perdere la testa. Solo tu lo sai fare." È vero, lei è sempre stata l'unica in grando di mostrami la realtà in un modo migliore.

Sento che prende un respiro a fatica e mi spiega: "C'è stato un incidente, ma è viva." Mette subito le cosa in chiaro per non farmi cervellare inutilmente, anche se solo io so il dolore lacerante che ho nello stomaco, e va avanti con tono rassicurante e pacato: "Ora siamo al San Raffaele, aspettiamo sue notizie. Tu vieni tranquillamente, credo ci vorrà ancora un po' per sapere. Semmai il dottore parlasse con noi prima del tuo arrivo, ti avviso io okay? Però ora stai tranquillo."

Tranquillo? Sono tutto, tranne che tranquillo.

Sospiro pesantemente e torno in casa, prendo velocemente tutto ciò che mi serve, con lei ancora al telefono. Non voglio chiudere la chiamata. Poi avviso i ragazzi con voce tremante, credo di star per crollare in un pianto liberatorio: "Erika ha avuto un un'incidente. Andiamo."

Sentire uscire quelle parole dalla mia bocca è più doloroso di quando sono stato pestato a sangue in una discoteca a 16 anni e insieme di quando ho visto morire Patrick davanti ai miei occhi a 14, solo perchè stava sul cazzo alle persone sbagliate.

È straziante, ma devo stare tranquillo.
Lei mi ha detto di stare tranquillo.

Nessuno dei miei amici fiata, mentre percorriamo il tragitto verso la macchina. L'unico respiro che sento è quello di Ale al cellulare, che non ha staccato perchè ha capito che ho bisogno di lei.

Saliamo ed Enzo inizia a guidare.
Nell'esatto momento in cui finisco di avvisarlo dov'è mia sorella, Ale mi racconta: "Stava correndo verso di me. Ha mollato tutto e ha iniziato a correre. Non ci ho capito nulla. In poco tempo era a terra. Sicuramente il coglione alla guida non ha avuto i riflessi per fermarsi in tempo. Non so..."

Io, invece, so a cosa sta pensando, infatti la precedo: "Non è colpa tua."

Siamo lontani, ma scommetto tutto, che ora il suo dolce viso si muove come a negare le mie parole, e le sue esili mani si torturano i capelli. Già la vedo. E un altro pugno mi trafigge l'anima.

"Io..." La fermo: "Non è colpa tua."

Rimaniamo in silenzio per tutto il resto del tragitto, sento solo, a volte, la voce lontana di qualche sconosciuto. Chissà quanta gente è in ospedale nella mia stessa situazione o in situazioni peggiori. Aspettando risposte. Risposte che è a volte meglio non avere.

Solo tu lo sai [Capoplaza]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora