HARRY POV.
Tornai a casa più stanco delle volte precedenti. Non avevo chiuso occhio per tutta la notte, Lux non riusciva a dormire e continuava a fare domande sul passato, sui nostri genitori, sul perché fosse successo proprio a noi, facendomi a volte domande alle quali non potevo rispondere. Non perché non volessi ma perché semplicemente non avevo una risposta da darle. Decisi di farmi una doccia rilassante. Mi sfilai la maglia lasciando che i vari tatuaggi che coprivano il mio corpo e che tenevo tanto nascosti, uscissero allo scoperto rivelando i momenti più significativi della mia vita fino a quel momento. Mi feci il primo tatuaggio a sedici anni. I tatuaggi non sono solo divertimento come crede la maggior parte della gente, i tatuaggi raccontano, conservano ricordi, felici e tristi, nascondono storie mai raccontate, storie che conosce solo la persona che decide macchiare la sua pelle con esse. Nessuno sa dei miei tatuaggi. Non voglio che vengano messi in mostra, non voglio che qualcuno li veda. Non ne capirebbero il senso. Il corpo ricoperto di segni, simboli, date e scritte per loro non avrebbe nessun senso. Non potrei mai fargliene una colpa, per loro sono solo segni sparsi per il mio corpo, sono solo parole che macchiano la mia pelle abbronzata, è solo un altra forma per distinguersi tra la gente. Non sanno il significato che c'è dietro ad essi e non ho intenzione di farglielo sapere. Sarebbe come raccontargli di me, della mia storia, di quello che è successo, di tutto quello che ho passato e che ancora adesso mi tormenta, di tutto quello che sento, che provo, e non posso lasciare che accada. Non voglio essere un libro aperto per nessuno. Voglio essere uno di quei libri che viene sempre considerato noioso e insignificante, uno di quei libri che nessuno leggerebbe mai, forse perché troppo incasinato, forse considerato troppo noioso, uno di quei libri che racconta una storia complessa e dolorosa che nessuno avrebbe mai il coraggio di leggere. E per adesso sto riuscendo pienamente nel mio intento. Nessuno ha mai provato ad andare oltre con me, mi parlavano e io mi limitavo a fissarli in silenzio, senza dire una parola, aspettando che si arrendessero una buona volta e che decidessero di lasciarmi da solo, esattamente come volevo che accadesse. Tenevo sempre la felpa addosso fuori casa. Non perché sentissi davvero freddo, solo perché mi sembrava di tenere ancora più segreta la mia storia. Tutte quelle parole incise sulla mia pelle, tutte quelle frasi che mi ricordano perché faccio quello che faccio, per chi lo faccio. Tutte quelle date impresse sul mio corpo come nella mia mente come dei promemoria che avrei sempre portato con me. Passai lentamente il dito lungo quella data. La data dell'incidente. Sotto di essa la grande cicatrice che l'impatto con l'altra auto aveva causato se ne stava lì, come un ulteriore promemoria di quel giorno, come se gli incubi e i ricordi non bastassero. Avevo fatto il tatuaggio sopra ad essa come se avessi bisogno di datarla. Come se avessi bisogno in qualche modo di ricordare il giorno in cui tutta la mia vita venne completamente sconvolta, come se dovessi ricordarmi di come l'incidente mi strappò via dalla mia famiglia, portandomi via il terreno da sotto i piedi e facendomi sprofondare in uno stretto e profondo pozzo nero, lasciando che piano piano tutte le certezze che avevo acquisito in quel momento sparissero all'impatto contro il fondo del pozzo, lasciando che la mia famiglia sparisse dalla mia vista rimpiazzata solo dal nero, l'unico rumore udibile era il suono delle lacrime che colpivano il terreno sotto i miei piedi, tutto sembrava non avere più senso, e fu allora che lo sentì: quel dolore straziante al petto, il mio cuore andare in frantumi, un bruciore vicino alla spalla. Ed eccola lì. Quella cicatrice che portavo con me da ben sei anni accompagnata da quella piccola data sopra ad essa, un costante ricordo di quel terribile giorno. Passai poi il dito tracciando la lettera 'A' di Anne impressa sul mio corpo. Anne. Mia madre. La donna che mi diede tutto e che mi fu portata via così bruscamente da un coglione ubriaco alla guida di una macchina. Due mani che si stringono a vicenda rappresentano la promessa che feci a mio padre l'ultima volta che gli parlai, prima che anche lui mi venisse così violentemente portato via. E infine un'ancora. Lux. La paragonai ad un'ancora in quanto è l'unica ragione per il quale sono ancora qui, l'unica persona che mi tiene ancorato al terreno, che non mi permette di essere risucchiato nel vortice dei ricordi che mi investe ogni giorno.
Altri tatuaggi ricoprono il mio corpo, alcuni con un significato preciso, altri con un significato più nascosto, talmente nascosto da essere oscuro anche a me a volte.Scossi la testa e cacciai via tutti quei pensieri infilandomi in doccia e lasciando che l'acqua lavasse gentilmente via tutte le mia insicurezze, tutti i ricordi, tutti i pensieri. Lasciando che portasse con se tutto il peso della mia esistenza.
Quando uscì osservai per l'ultima volta il mio corpo tatuato prima di abbottonare la camicia mettendo al riparo la mia storia da occhi indiscreti.Al lavoro non feci altro che leggere e buttare, leggere e mandare, leggere e riscrivere, cancellare, inviare, stampare tutto il pomeriggio. Non avevo idea del perché mi tenessero ancora in quella ditta considerato che più di una volta mi era capitato di non poter lavorare, per Lux o per la scuola, non so cosa li spingesse a tenermi lì, so solo che ho bisogno di questo lavoro per poter stare vicino a mia sorella. Mi alzai dalla mia sedia dirigendomi nell'ufficio del mio capo. Era il migliore amico di mio padre, fa di tutto per non farmi pesare il fatto che spesso non possa esserci al lavoro. Lo fa perché anche lui ha fatto delle promesse a mio padre, gli ha promesso che avrebbe fatto di tutto per aiutarci, che ci avrebbe protetto con la sua stessa vita e non posso essere più riconoscente di così a quest'uomo. Mi bloccai davanti alla porta con la grande scritta William Grey ad indicare il suo ufficio. Bussai e solo quando sentì un avanti entrai nell'ufficio "Signor Grey" dissi poggiando il foglio con il fascicolo dei lavori letti e corretti durante il giorno "Ecco il resoconto giornaliero" si girò e prese il fascicolo analizzandolo. Quando annuì alzò lo sguardo "Molto bene signor Styles. Un ottimo lavoro davvero" "Grazie signore" dissi girandomi per uscire "Oh Harry" "Si signore" "Smettila di chiamarmi signore. Sai che puoi chiamarmi William, e comunque sai che se hai bisogno puoi chiamare, o se hai bisogno di staccare puoi prenderti una settimana" "Si lo so signore. Merda..cioè William" sospirai pronunciando il suo nome "Non preoccuparti vai a casa Harry" gli sorrisi e me ne andai.
Recupererai Lux da mia zia velocemente e mi diressi subito a casa. Ero davvero distrutto e non ce la facevo più a stare in giro "Harry sta sera fai il piatto che mi piace tanto per favore" disse facendomi gli occhi da cucciola a cui sapeva benissimo non sapevo resistere. Scossi la testa sorridendo per poi accontentare la sua richiesta. Infilai le chiavi nella serratura e girai la maniglia della porta per entrare nell'appartamento seguito da Lux che canticchiava qualcosa. Sfilai la giacca a mia sorella che corse in camera sua probabilmente a giocare, appesi le nostre giacche e preparai da mangiare per entrambi. Quando finimmo di mangiare presi Lux per mano portandola in camera sua. Quando si stese sul letto le diedi un bacio in fronte e feci per andarmene ma la sua voce mi fece girare di nuovo verso di lei "Harry" "Che succede principessa?" "Dormi con me?" "Lux...il tuo lettino è piccolo...non ci stiamo in due" dissi sorridendole "Ma io ho paura a stare da sola" sbuffai leggermente e la presi in braccio mentre ancora stringeva il suo pupazzo di peluche facendosi portare verso camera mia "Allora facciamo che vieni tu da me. A patto che dormi signorina" dissi mettendola sul mio letto e toccandole il naso. Annuì ridacchiando e si girò dall'altra parte del letto. Quando tornai in camera mia stava già dormendo stringendo il suo pupazzetto di peluche al suo petto. Mi sdraiai accanto a lei e l'attirai verso il mio corpo quasi a volerla proteggere da qualcosa lasciando che il sonno prendesse il completo controllo del mio corpo abbandonandomi completamente ad esso.
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Spazio Autrice:Ciao ragazzi volevo innanzitutto ringraziarvi per le 120 visualizzazioni. Quando ho iniziato questa storia non credevo sarebbe arrivata ad avere 100 visualizzazioni, prendevo questa storia più come una valvola di sfogo. La verità è che amo leggere e scrivere e sapere che posso condividere la mia passione con qualcuno mi fa molto piacere. Quindi vi ringrazio infinitamente per le 120 visualizzazioni che, so benissimo non essere tantissime, ma vi assicuro che per me è un grande traguardo.
Un bacio
Alice.
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Looking through his eyes
Teen FictionAllison Leerman si è appena trasferita da Montreal a New York con i genitori e il fratello minore Logan per il lavoro del padre. Si spostavano continuamente e ormai aveva imparato a non affezionarsi troppo alla gente. I suoi occhi esprimono esattame...