Capitolo 22

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ALLISON POV.

Ancora non sapevo come, ma avevo tutta l'intenzione di aiutare Harry. Non conosco quel ragazzo, nemmeno un po', ma questo non mi fermerà dall'aiutarlo. Sembra sempre così perso, come se non esistesse più nulla al mondo se non lui e i suoi pensieri, i suoi occhi diventano improvvisamente vuoti facendo diventare quelle pozze verdi prive di ogni emozione, non è questo che dovrebbe succedere, non ad un ragazzo come lui.

Arrivata a scuola raggiunsi Lottie e Luke che stavano animatamente chiacchierando con gli altri del gruppo su non so cosa "Giorno ragazzi" dissi sorridente "Ally!" Lottie mi saltò addosso staccandosi da Luke "Cazzo ti devo raccontare che è successo sta mattina" mi sussurrò all'orecchio facendo in modo che potessi sentire solo io "Okay" sussurrai a voce altrettanto bassa prima di andare a salutare gli altri. Entrammo a scuola dirigendoci verso la nostra classe, mentre ascoltavo i ragazzi parlare di una possibile assenza della nostra professoressa di matematica cercavo tra la folla di studenti nel corridoio quegli occhi verdi. Li cercavo disperatamente come se il mio corpo avesse bisogno di sentire ancora una volta quella strana sensazione che provavo ogni volte che i suoi occhi si fermavano nei miei, non c'era traccia degli occhi color smeraldo che sembravano essere diventati tanto indispensabili per me.
È assurdo come una persona posso in così poco tempo entrarti nella mente, impossessandosene come se fosse sempre stata sua, sembra quasi ingiusto che lui, un semplice ragazzo appena conosciuto e tra l'altro più grande di me riesca a farmi provare certe emozioni, non credevo che fosse possibili che accadesse di nuovo.
Scossi la testa cercando di allontanare i ricordi su di lui. Lui. Il ragazzo che avevo amato per i primi due anni delle superiori, un ragazzo a cui ero pronta a dare tutto, un ragazzo che pensavo potesse sempre esserci per me. Lui. Lo stesso ragazzo che era passato dal sussurrarmi "Ti amo" il giorno prima e urlarmi contro "Sei disgustosa" la mattina dopo. Lo stesso ragazzo che mi aveva preso il cuore e l'aveva buttato atterra passandoci sopra come se fosse stato merda.

Ci sedemmo al banco. Stavamo animatamente chiacchierando tra di noi quando una bidella ci disse che la professoressa di matematica era assente e che avevamo l'ora libera, di organizzarci per fare qualcosa che non desse fastidio alle altra classi che stavano facendo lezione normalmente. Lottie dileguò gli altri frettolosamente facendo l'occhiolino alle ragazze e prendendomi per un braccio trascinandomi via dal gruppo. Capì esattamente il perché quando Clary allontanò il più possibile i ragazzi da noi "Allora hai intenzione di raccontarmi che è successo oppure di passare il resto della mattinata a trascinarmi per il braccio via dagli altri?" dissi ridacchiando quando mi schiaffeggiò scherzosamente il braccio "Sta mattina è successa la cosa più imbarazzante del mondo..."

***

"...e così mi ha praticamente vista con solo un asciugamano addosso! Cazzo Ally! È stata la roba più imbarazzante del mondo! E quel coglione rideva pure" cercai inutilmente di trattenere un sorriso "Beh...si è lamentato o roba del genere?" chiesi io facendola arrossire "Non esattamente -si avvicinò al mio orecchio sussurrando- ha detto una cosa come 'A me non è dispiaciuto' o una roba simile insomma intendeva quello comunque" sussurrò prima di allontanarsi più rossa in viso di prima. Non potei far altro che sorridere vedendola così felice.

***

Quando tornai a casa mangiai velocemente. Oggi avevo il turno in biblioteca e non posso arrivare in ritardo. Salutai velocemente mia madre che stava cercando un lavoro da fare nel caso papà fosse partito per qualche strano viaggio di lavoro e noi avessimo bisogno di soldi in più. Faceva sempre così, cercava cercava cercava. A Montreal aveva un lavoro fisso. Le sue colleghe l'adoravano e lei adorava loro, se aveva bisogno c'erano sempre. Prima che partissimo un paio di loro sono venute in aeroporto a salutarci, ricordo di come mia madre avesse pianto poi sull'aereo nel vederle salutare dal basso mentre decollavamo pronti per la nuova vita a New York.

La giornata di Novembre era fredda, il vento mi scompigliava i capelli annodandoli ancora di più. Affondai le mani nelle tasche della giacca cercando in qualche modo di riscaldarle senza però ottenere grandi risultati. Appena arrivai davanti alla biblioteca non persi tempo e spinsi la porta aprendola per poi entrare al caldo dentro l'edificio. Marge mi sorrise prendendo la sua giacca e ringraziandomi per l'aiuto ancora una volta. In effetti Marge non mi pagava per il lavoro che svolgevo. Era una cosa temporanea, poi sarebbe andata avanti da sola come ha sempre fatto. Lavoravo in quella biblioteca da un mese ormai e avevo imparato ogni singolo particolare: le poltrone di pelle nella zona lettura, la catalogazione dei libri, la zona studio, la zona caffè. Tutto era esattamente allo stesso posto, sempre lì, fisso. Nulla era cambiato in quel posto, e forse era esattamente quello che lo rendeva così accogliente.

Iniziai a catalogare alcuni libri che Marge mi aveva lasciato e finì per fare quello per quasi tutto il pomeriggio.
Quando finalmente riuscì a finire ed arrivò l'ora di chiusura presi le chiavi e chiusi tutto. Il freddo era diventato molto più pungente rispetto al prima pomeriggio, la notte avvolgeva nel suo mantello tutta la città illuminata sotto di se come se volesse nascondere la sua bellezza a qualcosa lì in alto nel cielo. Le insegne luminose di New York illuminavano i miei passi di ritorno verso casa. L'insegna dell'Heineken bar sulla destra mi fece bloccare sui miei passi: il verde del locale mi ricordava i suoi occhi, gli occhi smeraldo che avevo tanto sperato di incontrare durante tutto il giorno, lo stesso verde degli occhi che mi faceva provare quelle magnifiche sensazioni.
Qualcuno mi prese per il polso trascinandomi indietro in una via buia. Il sangue mi si gelò nelle vene e in quel momento non mi venne in mente altro se non urlare sperando che qualcuno mi sentisse.

Looking through his eyesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora