Capitolo 61

77 2 0
                                    

HARRY POV.

La testa non smetteva di pulsare. Non importava quanti antidolorifici avessi già preso, non aveva intenzione di smettere di tormentarmi. Poggiai le mie dita sulle tempie massaggiando leggermente cercando di alleviare il dolore. Aprii gli occhi quando la voce del mio capo si fece più vicina. "Harry, puoi venire nel mio ufficio per un secondo per favore" lo vidi farmi segno di raggiungerlo, così a malincuore mi alzai dalla mia sedia e lo raggiunsi.

"Harry ragazzo, da quant'è che non dormi?" domandò non appena mi chiusi la porta alle spalle e si assicurò che nessuno potesse sentirci. Non volva che qualcuno pensasse che avesse dei favoritismi nei miei confronti solo perché era amico di mio padre. Quando non risposi mi fece accomodare e disse "Sempre gli stessi?" "Sempre" mi limitai a dire "Credevo che fossero migliorati un po' ma credo di aver capito che va a momenti. Dipende dalla giornata"
Lui sospirò poggiandomi una mano sulla spalla "Non hai nulla che tu possa prendere per conciliare il sonno?" "Non che io sappia, no" scossi la testa.

"Scusami". Odiavo non essere produttivo al lavoro, mi sentivo come se stessi sprecando un'ottima opportunità che mi era stata offerta gentilmente. In più sapevo che avevano bisogno di personale attivo in questa azienda, e che per essere attivi dovevamo riposare a dovere.
Lui sospirò di nuovo "Quante volte ti ho detto di smetterla di scusarti con me Harry. So benissimo che non è colpa tua, mi spiace solo di non poter fare nulla per aiutarti. Sai che sei come un figlio per me Harry" "Lo so" dissi rilasciando un sospiro più pesante dei precedenti. "Perché non vai a riposarti un po', sono sicuro che ti farebbe bene. In più non abbiamo molto lavoro oggi"
Mi sorrise sincero e per la prima volta dopo tanto annuii alla sua proposta, raggiunsi la mia scrivania raccogliendo le mie cose e dirigendomi verso l'uscita.

Mi strinsi nel cappotto quando una folata di aria gelida mi colpii forte e iniziai a camminare per le strade di New York con la testa bassa. Osservavo il grigio dei marciapiedi sotto i miei fidati stivaletti cercando di allontanare i pensieri negativi e di non pensare a nulla se non al rumore delle macchine che sfrecciavano velocemente accanto a me. Entrai nel bar dove ero solito andare con i miei genitori e mia sorella quando passeggiavamo da quelle parti. Salutai Bob da dietro il bancone e mi sedetti al solito tavolo.

"Harry ragazzo mio, come andiamo oggi?" "Vorrei staccarmi la testa, ma per il resto bene" lo sentì ridacchiare leggermente alla mia affermazione il che mi fece sorridere leggermente "Solito" annuii. Urlò la mia ordinazione a sua moglie Donna che dietro al banco preparava gli ordini con il figlio minore che ricordo essere sempre stato affascinato dal lavoro dei genitori e che sognava un giorno di poter ereditare questo posto. Quando Donna mi vide mi lanciò un bacio volante come suo solito facendo allargare il mio sorriso. Il figlio mi raggiunse con l'ordinazione e delicatamente l'appoggiò davanti a me. Gli sorrisi sincero e iniziai a sorseggiare leggermente il mio the.

Prendevo sempre quello, anche quando venivo con i miei genitori e mio padre mi guardava con sguardo fiero dicendo che poteva riconoscere il mio sangue britannico solo da quel piccolo gesto. Ricordavo ogni singolo momento passato all'interno di questo bar: le chiacchierare di mio padre riguardo il lavoro estenuante e le nuove notizie dalla metropoli, il modo in cui ogni volta che gli scappava un'imprecazione mia madre lo schiaffeggiava leggermente sulla mano perché "Ci sono i bambini, devi contenerti". Il modo in cui io e Lux ci guardavamo divertiti come se riuscissimo a capirci anche con un solo sguardo. Tutti i miei inutili racconti e le mie risposte annoiate alle domande sulla scuola e lo studio.

Sorrisi malinconico osservando la tazza davanti a me. Sentii qualcuno poggiare la mano sulla mia spalla e mi irrigidii all'istante. Mi voltai velocemente intento ad allontanare bruscamente quella persona, ma mi fermai quando due occhi azzurri si incatenarono ai miei.

Tutte le parole improvvisamente scomparirono dalla mia testa lasciando solamente il ricordo di quella sera.

Riuscì a sentire come il primo irrigidimento lasciava il posto alla tranquillità. Si abbandonò al tocco delle nostre labbra e l'avvicinai un po' di più. Non riuscivo a rispondere delle mie azioni, non più, e avevo il sospetto che non fosse a causa dell'alcool in circolo nel mio corpo, bensì che la causa fosse la ragazza che in questo momento stava delicatamente portando la sua mano sulla mia guancia.


Chiusi violentemente la testa a quei ricordi riaprendoli pochi istanti più tardi solo per trovare il suo sguardo puntato sulla mia bocca. Quando tornò a guardarmi non potei non notare il leggero rossore sulle sue guance. Nessuno dei due disse niente. Nessuno dei due si lasciò sfuggire anche il minimo sussurro.

Distolsi lo sguardo quando notai una terza persona al mio tavolo: Bob aveva nuovamente il blocchetto in mano e ora stava sorridendo gentile a Ally.
"Che cosa posso portarti cara" dissi prendendo la penna. Lei distolse improvvisamente lo sguardo da me per rivolgere a Bob un sorriso impacciato "Io...vorrei un caffè". Scrisse la sua ordinazione e fece per andarsene quando si fermò di nuovo "Ti fermi qui?" Allison sgranò gli occhi non sapendo cosa dire "Si ferma qui" affermai prima che potessi rendermene conto.
Bob sorrise e si allontanò per raggiungere il bancone.

Allison prese posto davanti a me continuando a torturare nervosamente le sue mani. "Cosa fai da queste parti?" chiese a bassa voce, quasi intimorita "Al lavoro non andava oggi" dissi soltanto. Lei annuì prima di ringraziare il figlio di Bob che gentilmente aveva poggiato la sua tazza di caffè davanti a lei. "È buono?" chiesi quando lo assaggiò sorridendo soddisfatta "Molto" disse allargando leggermente il suo sorriso. Il mio sguardo cadde nuovamente sulle sue labbra, come se fosse impossibile per me non pensare al loro sapore. Mi schiarii la voce e riportai lo sguardo su di lei che stava fissando fuori dalla finestra le foglie che si spostavano velocemente sulle strade di New York.

"È bello vero?" "Bellissimo" dissi continuando a guardare lei sorridere verso lo spettacolo che la natura ci stava offrendo. "Mi ricorda casa" dissi distogliendo lo sguardo e sorridendo verso la sua tazza di caffè "A Montreal quando non nevica il vento soffia sempre così forte che quasi ti fa male quando ti colpisce. Quando capitavano questa tempeste di vento io e Stacy andavamo sempre a prendere un caffè. Non importa che fossimo state a casa tutto il giorno, se capitavano queste bufere uscivamo a prendere il nostro caffè. Assurdo non è vero?"
"Non è assurdo" affermai attirando la sua attenzione. Rimanemmo così, a guardarci negli occhi. "Cosa ti porta qui? Oltre al vento intendo" sorrise leggermente "Venivo sempre con la mia famiglia".

Vidi il suo sorriso affievolirsi leggermente quando sentì la mia voce inclinarsi. Abbassai lo sguardo verso la mia tazza di the ormai finita timoroso di vedere nei suoi occhi quello guardo impietosito che tanto odiavo. Sentii la mia mano riscaldarsi quando Allison ci poggiò sopra la sua, la strinse leggermente nella sua e potei sentire dei brividi correre lungo la mia spina dorsale. Non disse niente. Si limitò a stringere la mia mano nella sua.

Più tardi stavamo camminando per le strade di New York cercando di combattere il forte vento attorno a noi. Era incredibile come nemmeno il vento così forte riuscisse a fermare la città che sembrava invece danzare la stessa danza delle foglie mosse dal vento. Adoravo New York. Nonostante fosse dolorosamente piena di ricordi l'amavo. Era completamente l'opposto della piccola cittadina inglese dalla quale venivo, ma era forse questo che mi attirava della metropoli.
Quando spostai nuovamente l'attenzione verso Allison notai che si stava guardando attorno stringendosi nel suo cappotto pesante e strofinando la mani l'una sull'altra cercando si scaldarle. Lasciò cadere il braccio lungo il fianco aprendo e chiudendo la mano, e prima che potessi rendermene conto la mia mano raggiunse la sua. Le nostre dita si sfiorarono leggermente prima di intrecciarsi, prima impacciatamente e poi con più convinzione.

La vidi sorridere leggermente e alzare il viso verso di me. Non potei non sorriderle anche io. Continuammo a camminare finché non arrivammo davanti alla porta di casa mia. Mi fermai ancora con la mano nella sua, non intenzionato a lasciarla andare. Ricambiai il suo sguardo ridacchiando quando una folata di vento spostò i suoi capelli rossi verso la sua faccia. Allungai una mano aiutandola a spingerli nuovamente via, portai una ciocca dietro l'orecchio cercando di reprimere un sorriso quando la vidi arrossire leggermente.

"Resta."

Looking through his eyesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora