HARRY POV.
L'aria fredda fuori dal locale colpiva ripetutamente il mio viso arrossando le mie guance e spostando continuamente i miei ricci lasciandoli ricadere sul mio viso freddo. Dopo che Ally era tornata dal bagno con gli occhi lucidi di pianto avrei voluto andare da lei ed abbracciarla, ma non ho fatto nulla di tutto ciò. Ho semplicemente lasciato che si avvicinasse a me fingendo un sorriso, forse sperando che non avrei notato il luccichio dei suoi occhi azzurri leggermente rossi e gonfi, sperando che non avrei fatto domande, fingendo di non aver provato nulla nel rivedere quel Daniel che deve averla in qualche modo distrutta. Non so perché mi sono proposto di farla parlare di cosa fosse successo con me, io sono forse l'ultima persona che può consolare qualcun altro, ma non potevo lasciare che si tenesse tutto dentro rischiando di esplodere, so come ci si sente quando si è costretti a farlo e non voglio che lei debba sentirsi allo stesso modo. Perciò abbiamo preso le giacche e stringendoci all'interno di esse ci siamo seduti qui fuori, al freddo della sera di Capodanno.
Un leggero sospiro scappò dalle sue labbra e io mi ritrovai in poco tempo rivolto verso di lei "I-io, non so nemmeno da dove cominciare" "Beh, comincia dall'inizio" dissi facendo spallucce. Mi guardò leggermente divertita per la semplicità con la quale dissi quella frase, come se io non sapessi quanto era difficile ripetere tutto dall'inizio. Prese un bel respiro e girò la testa dall'altra parte iniziando a raccontare "Conobbi Daniel nell'estate tra la prima e la seconda superiore. Ero in vacanza con Stacy, la sua famiglia e Daniel, un amico del fratello maggiore di Stacy. Eravamo tutti nella stessa compagnia e io e lui ci divertivamo vedendo come a volte Stacy e Joe detestassero questa cosa della compagnia condivisa -rise amaramente- erano davvero esilaranti" risi leggermente anche io immaginando i due fratelli litigare per una cosa tanto stupida "Quando tornammo a casa dopo l'estate io e Daniel eravamo molto uniti: uscivamo spesso insieme, mi accompagnava a casa dopo scuola, si insomma nulla di che se ci penso adesso, allora però mi sembrava una cosa magnifica. Il giorno del mio quindicesimo compleanno ci mettemmo insieme, ero assolutamente felicissima di tutto questo: io stavo bene e lui pure. È andata così finche un giorno lui non -fece un respiro profondo- finché lui non provò ad andare a" le sue guance si arrossarono violentemente mentre chiudeva le mani in due pugni talmente stretti da far diventare le nocche bianche "Finché non provò ad andare a letto con me" disse tutto di un fiato. Trattenni il respiro per un po' aspettandomi altro, ma quando si girò verso di me con gli occhi lucidi rilasciai il respiro avvicinandomi leggermente "Non devi continuare se non vuoi" dissi reprimendo la curiosità che continuava a crescere dentro di me "N-no, sto bene. Voglio dirlo solo, aspetta un minuto" "Okay" sussurrai. Prese nuovamente un grosso respiro poi, volgendo la testa dall'altra parte, continuò "Io rifiutai, non ero pronta, avevo solo quindici anni ero spaventata e confusa e -sbuffò- e non me la sentivo, non ancora. Lui si infuriò e se ne andò, non lo vidi per una settimana intera finché non tornò chiedendomi di perdonarlo, io ero troppo stupida e forse troppo buona e così lo perdonai per la sua inutile scenata. Il giorno dopo dovevamo passare la serata insieme ma mi disse che non poteva, che lui lavorava perché la sua famiglia aveva bisogno di soldi" annuì anche se lei non poteva vedermi. Era più come se avessi bisogno io di rendermi conto che non mi ero perso nulla del suo racconto.
Si schiarì la voce prima di riprendere "Questa storiella del lavoro notturno durò un paio di mesi finché non venne fuori che il suo 'lavoro notturno' -disse facendo le virgolette- consisteva nell'andare dalla sua amichetta che poteva dargli quello che lui voleva e che io non ero pronta a dargli" "Oh" dissi semplicemente quando smise di parlare "Già -sospirò- oh" disse giocando con l'anello attorno al suo dito.
Il silenzio era opprimente, nessuno dei due sapeva cosa dire in proposito, tutto quello che mi aveva raccontato mi fece solo salire di più la rabbia verso quell'idiota che avrei preso molto volentieri a pugni prima se lei non mi avesse fermato. Durante il suo racconto non mi aveva mai guardato in faccia, non si era mai nemmeno rivolta verso di me, si era limitata a fissare un punto indefinito sulla strada davanti a noi, e come se stesse raccontando a lei aveva parlato della loro storia, facendone un breve riassunto probabilmente nascondendo i suoi sentimenti verso quest'ultima sentendosi in imbarazzo a volte, ma non importava se la sua voce si rompeva nel raccontare certe cose, non importava se gli occhi diventavano lucidi e le nocche delle mani bianche per lo sforzo di trattenere le lacrime che minacciavano di scendere lasciandola esposta completamente; nulla importava. Lei guardava davanti a se, come se avesse paura che l'avrei in qualche modo giudicata per i suoi sentimenti, oppure per paura di mostrarsi debole davanti ad altre persone. Lei rimaneva lì, lo sguardo fisso al di là della strada davanti a noi, le sue parole sospese nell'aria come se non fossero niente ma impresse nella mia testa come se fossero tutto.
Il conto alla rovescia ci fece girare improvvisamente entrambi verso il locale "Dovremo rientrare e trovare Stacy e Ed" disse lei girandosi per la prima volta nelle ultime ore verso di me "Si, si giusto" dissi schiarendomi la voce e sorridendole leggermente. Entrambi ci alzammo nello stesso momento, passai avanti a lei per tenerle aperta la porta facendo. Gli altri dentro il locale avevano quasi raggiunto la fine del conto alla rovescia che tutti aspettavano impazientì: mi voltai verso li lei guardandola avvicinarsi alla porta sorridendomi leggermente in imbarazzo. Era quasi arrivata quando inciampò costringendomi a lasciare la porta, che stavo ancora tenendo aperta per lei, per raggiungerla e afferrarla in tempo prima che cadesse atterra. I nostri occhi si incontrarono nuovamente e mi venne in mente la festa di Niall durante il quale cercando di scappare da Mark era caduta tra le mie braccia. Non sapevo mai come comportarmi in quelle situazioni: di solito non mi capitava di dover tenere tra le braccia qualcuno che non fosse Lux, anche quando stavo con Taylor non era mai capitato che io la tenessi in questo modo, non di mia spontanea volontà intendo.
All'intero del locale si sentirono gli ultimi tre conteggi "3,2,1!" e poi un boato rimbombò tra le pareti del locale arrivando forte e chiaro anche a noi due, ancora lì fuori, lei tra le mie braccia, gli occhi di uno persi in quello dell'altro, così vicini da lasciare che i nostri respiri si mischiassero. "Buon anno" sussurrò rompendo il silenzio "Già, buon anno" dissi sorridendo mentre i nostri visi si avvicinavano sempre di più facendo scontrare leggermente i nostri nasi: in quel momento nulla aveva più un peso, se non noi due. Ero stanco di pensare sempre al dopo, ero stanco di pensare alle conseguenze, volevo solamente smettere di pensare a qualsiasi cosa per un attimo, e fu esattamente quello che feci. Osservai per un attimo i suoi occhi chiusi prima di chiudere anche i miei.
STAI LEGGENDO
Looking through his eyes
Teen FictionAllison Leerman si è appena trasferita da Montreal a New York con i genitori e il fratello minore Logan per il lavoro del padre. Si spostavano continuamente e ormai aveva imparato a non affezionarsi troppo alla gente. I suoi occhi esprimono esattame...