Capitolo 7

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ALLISON POV.

Non ho intenzione di alzarmi dal letto. È sabato per quale strana ragione dovremo andare a scuola? Il sabato fa parte del week-end. Il week-end serve per riposare. Non per studiare. Ancora ."Allison alzati farai tardi" urla mia madre dalla cucina. Mi alzai è mi vestì. Feci colazione e andai alla fermata dell'autobus. Salutai il conducente e mi sedetti al mio solito posto. Lottie arrivò poco dopo e per evitare altri spaventi appena la vidi alla fermata tolsi le cuffie. La mattina precedente mi aveva fatto venire un mezzo infarto quando si è seduta e mi ha urlato nell'orecchio per attirare la mia attenzione. La guardai dopo averla abbracciata. I suoi occhi avevano ripreso il loro colore. Non erano più vuoti come ieri. Non erano spenti "Lunedì Niall da una festa. Tu e gli altri siete tutti invitati" disse lei. Niall.....Niall.....a si l'amico di Louis "Oh em. Si chiedo hai miei se mi lasciano venire." "No tu vieni e basta. Sarà la tua prima festa americana. Ti divertirai vedrai." mentre ne parlava potevi percepire l'emozione dietro la sua voce. Nei suoi gesti. Nei suoi occhi. Brillavano. Sembrava che il sole si riflettesse nel mare "Okay okay verrò" dissi scoppiando a ridere per la sua faccia. Scendemmo dal pullman e come sempre raggiungemmo i ragazzi. Salutai tutti con un grosso bacio sulla guancia "Allora ci siete tutti lunedì?" chiese Lottie "Bhe e ce lo chiedi anche. Stiamo parlando di Niall sonobellissimoeloso Horan" scoppiai a ridere per il nomignolo assegnato al ragazzo da Jessy e gli altri mi seguirono a ruota "Ei è un amico di mio fratello. Placa gli ormoni ragazza" disse Lottie facendo aumentare le nostre risate "Ha ragione. Se fossi gay me lo farei." disse Michael "Tu sei gay idiota" affermò Clary al suo migliore amico "Zitta troietta" disse lui. Stavamo ridendo come dei deficienti e ogni giorno non facevo altro che ringraziare il destino per avermi fatto incontrare Lottie quella mattina sul pullman. Erano tutti così affiatati. Avevo sempre voluto fare parte di una compagnia come quella. A Montreal non c'erano compagnie come questa. Ecco perché io non ne avevo una. Stavo con Stacy perché era l'unica che mi capiva. Quando mi sono trasferita e dovevo dirglielo avevo il cuore a pezzi. Non volevo lasciarla sola. Non volevo che lei mi lasciasse sola. Era l'unica a cui potevo dire tutto quello che mi passava per la testa.

"Tesoro ci trasferiamo. A New York. Hanno spostato l'ufficio di papà." quella frase non faceva altro che ronzarmi in testa dal primo momento in cui i miei genitori me la dissero. Il mio pensiero era diretto solo ad una persona. Stacy. Come avrei fatto a dirle che me ne andavo. Che la stavo abbandonando. Che andavo in un altro stato. Come potevo dirle che da quel momento io non sarei più stata lì pronta ad abbracciarla qualsiasi cosa avesse bisogno. Come potevo lasciarla andare. Non ero pronta ad affrontare un trasloco in un altro stato addirittura. Vorrei potere andare da lei e portarla con me. Giusto per essere sicura di non restare sola. Misi le scarpe e andai verso il nostro posto.

A Stacy:
Bellezza incontriamoci alla nostra panchina. Devo parlarti.

Da Stacy:
Arrivo bellezza.

La nostra panchina si trovava in un parco un po' sperduto vicino alla periferia di Montreal. L'avevo scoperto un giorno in cui ero davvero arrabbiata con i miei. Avevo preso la scorciatoia dietro casa mia curiosa di scoprire dove portasse quella stradina in mezzo agli alberi. Arrivata alla fine del sentiero avevo trovato questo piccolo parco isolato dal resto della città. Mi ero seduta sulla panchina su cui sono seduta anche adesso e avevo chiuso gli occhi. Quando lei si sedette accano a me chiedendomi come avevo scoperto il suo nascondiglio io le raccontai ogni cosa. Da allora questo è il nostro posto. Passai le dita lungo la scritta S+A incisa sulla panchina e le lacrime si formarono ai miei occhi al pensiero di lasciare tutto questo "Ei bellezza che fai?" la sua voce. Mi girai ed eccola lì. In tutta la sua bellezza che osservava attentamente che cose stessi facendo "Ei bellezza. Vieni siediti. Devo dirti una cosa. È...è molto importante" dissi trattenendo le lacrime "Ei mi stai spaventando. Che succede?" chiese avvicinandosi. No. Non potevo. Non riuscivo a lasciare tutto questo. Lei era l'unica amica che non mi avesse mai abbandonato nonostante i continui errori. E ora ero io. Io che le avevo promesso che saremo sempre state insieme. Ero io che la stavo abbandonando "Ally. Puoi dirmi che succede?" chiese ancora "Io...io...hanno offerto un lavoro mio padre" dissi "È magnifico Ally perché fai quella faccia!" "È a New York. Il lavoro é a New York Stacy. Ci trasferiamo lì" dissi tutto di un fiato. Ecco. Un lacrima. Due. Tre. Quattro. E tutto il pianto che stavo trattenendo si liberò. Mi guardava. Mi guardava così intensamente. Apriva la bocca per dire qualcosa. Ma non diceva nulla. I suoi silenzi erano peggio di qualsiasi parola avesse mai potuto dirmi. Credevo che se ne andasse senza rivolgermi più la parola. Invece si avvicinò a me e mi strinse tra le sue braccia. Potevo sentire le sue lacrime cadere sui miei vestiti. Bagnandoli. Ma non mi importava. Volevo solo che questo non finisse mai "Mi dispiace" sussurrai contro di lei "Mi dispiace tanto. Io non voglio lasciarti. Non posso" dissi singhiozzando "Ally. Ally guardami..." disse facendomi alzare la testa "....sempre ricordi? Non importa dove siamo. Durerà per sempre" disse sorridendomi. Un sorriso sincero. Il sorriso che mi faceva sempre quando avevo bisogno. Il sorriso che non avrei mai dimenticato "Sempre" dissi io ricambiando il sorriso.

Looking through his eyesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora