53 capitolo

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Presi la caffettiera dallo scaffale più alto alzandomi sulle punte per raggiungerlo. Niall dietro di me preparava la tavola mentre Chris era uscito poco prima per andarci a prendere delle brioche nel negozio sotto casa. La caffettiera aveva già iniziato a borbottare facendoci capire che il caffè era pronto ma il corpo di Niall alle mie spalle mentre mi stringeva e poggiava il suo mento sulla mia spalla aveva cancellato ogni segno del mondo esterno. Riprendendomi dal momento di tenerezza mi diressi ai fornelli mentre Chris varcava la porta urlando che aveva i cornetti. La colazione fu lenta e molto trascinata, eravamo tutti e tre stanchi e appena svegli.
"Oggi vado a lezione e il pomeriggio sono da Rob a studiare quindi non aspettatemi" ci salutò il mio migliore amico uscendo dalla porta e lasciandoci con un cenno di mano.
Dopo aver deposto le tazze nel lavandino io e Niall ci spostammo sul divano, lui si poggiò al bracciolo districando le gambe lungo il divano mentre io mi sdraiavo tra queste poggiandomi al suo petto.
Le mani di Niall presero a giocare con una ciocca dei miei capelli facendola roteare tra le sue dite, tirandola lievemente e riprendendo ad attorcigliarla, solo quel gesto riusciva a spazzare via il lieve mal di testa che stava iniziando a manifestarsi nel mio cranio; era cosi surreale essere cosi "intima" con lui, ma d'altronde mi sentivo come se fosse naturale.
Alzai gli occhi al cielo per incontrare i suoi innarcandomi verso di lui ma fui interrotta dalle sue labbra che bloccarono le mie intrappolandole in una dolce trappola. Sorrisi sotto a quel contatto e mi spostati per osservarlo meglio.
"Come mai mi sembra di conoscerti da molto tempo?" scherzai lasciandogli uno sbuffo sul petto.
La sua risata di rimando era estremamente imbarazzata e goffa come a non sapere cosa dirmi.
"In ogni caso" ripresi "ora mi devi raccontare tutto. Ogni cosa dalle origini ad ora!"

[Niall's POV]

Iniziai a raccontarle tutto ciò che mi sembrava utile sapesse. Gli raccontati delle caste, le divisioni secondo cui gli Angeli Custodi erano divisi, essenzialmente 3 per le tre tipologie di uomo (per la prima casta gli incontentabili, uomini la cui fortuna cresce con l'ego e di cui l'angelo deve tenere a bada; per la seconda casta i "per colpa della vita" persone tristi senza alcun motivo a cui gli angeli devono insegnare a vedere la vita solo da una nuova prospettiva; e infine per la terza casta i "dimenticati" coloro che vivono un esistenza tormentata per colpa di scene passate che li hanno feriti, gli angeli dovranno aiutarli a dimenticare queste ferite e aiutarli a mendicarsi da soli). Non le raccontai dei Savior, cioè quello che ero io, perché avrebbe implicato troppe nuove informazioni. Andai avanti a parlarle di come gli Angeli non erano altro che messaggeri di Dio e che dopo la morte potevi scegliere se andare in paradiso o dedicare la tua eternità agli altri. Lei mi guardava a volte incerta e a volte incredula e io provavo a confortarla, era cosi surreale per lei e i suoi occhi esprimevano tutto quello. Eppure annuiva e sembrava credermi, per quanto surreale e ignoto per lei si fidava a tal punto da credermi in tutto questo.
"Grazie" sussurra alla fine del mio discorso disastroso.
La guardo chiedendo cosa voglia intendere e la sua risposta é un semplice bacio seguito da un sorriso stupendo. Decido di non chiedere oltre e la assecondo nel gioco delle nostre labbra.
"Stasera devo andare con Sam, ti dispiace?" chiedo leggermente impacciato non sapendo come comportarmi.
"Certo. Io devo stare con Chris" mi sorrise intrecciando le sue dita con le mia in un gesto come quotidiano.
Passammo il resto della giornata a guardarci la tv commentando stupidi programmi e ridendo ai cartoni per i bambini.
In una situazione del genere tutto sembrava essere normale, sembravamo una semplice e tranquilla coppia che ride e si rilassa, non il casino che realmente siamo. Non l'angelo e la sua anima protetta, non il ragazzo distrutto e la ragazza rapita da un demone, non tutte quelle cose soprannaturali e strane...semplicemente noi due. Semplicemente e naturalmente noi, come da piccoli quando la stringevo per darle conforto dalla paura innata per le tempeste, come quando eravamo tranquilli prima che il maremoto si infrangesse su di noi. Quei tempi che lei non ricorda ma che io ho giurato di non dimenticare mai. E ora solo stringendola al mio petto, solo sentendo il suo battere attraverso la sua figura mi sento in pace, mi sento tranquillo, e anche se ho paura a dirlo mi sento libero.

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