41 capitolo

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Non sentì provenire più alcun rumore dalla figura davanti a me.

Tutto taceva e solo i nostri pensieri terrorizzati vagavano per la casa.

Il telefono ruppe quel stato di agitazione per qualche secondo e prendendolo scorsi il nome di Sam.

-Pronto?

-Amico dobbiamo andare dallo stregone, mi ha detto che ha delle novità.

-Ti raggiungo al tuo negozio?

-Si fai veloce!

Misi il telefono nella tasca dei jeans stretti neri che indossavo e presi la giacca di pelle che era poggiata sul divano.

"Toro subito!" urlai a Chris uscendo di casa.

[Skyla'sPOV]

Il telefono voló via dalle mie mani come se qualcosa lo avesse strappato da queste. Era troppo lontano e senza l'uso delle gambe non riuscivo a raggiungerlo. Imprecai più volte allungandomi quanto potevo, ma riuscivo a spostarmi si e no di pochi centimetri insulsi costatando la meta finale.

Sbattei i pugni dal nervoso contro il letto, non potevo fare tanto in quelle condizioni e la cosa mi stressava ancora di più. Mi lasciai andare indietro puntando lo sguardo al soffitto.

La voce di Niall ancora risuonava nelle mie orecchie, la sua preoccupazione, la sua paura per cosa? Per poi abbandonarmi in quella casa da sola?

Mi ritrovai a pensare ai suoi occhi, non li avevo mai considerati più di tanto ma ora la loro mancanza pesava.

Le sue braccia e il ricordo del loro tocco confortevole sotto le coperte quando Liam si era comportato da stronzo.

Il suo sorriso rassicurante nel buio dei miei ricordi che risplendeva di luce propria.

Un vuoto mi prese la bocca dello stomaco e potevo sentire una voragine aprirsi risucchiando ogni cosa. Faceva cosi male non averlo vicino?

Dormire. Dovevo solo dormire e tutto sarebbe passato, dimenticato in una notte scordata dalle stelle.

Chiusi gli occhi ma i piccoli dettagli e le sue piccole perfette imperfezioni innondavano la mia vista cancellando tutto il resto.

Dopo poco finalmente ce la feci e mi addormentai dolcemente cullata dal ricordo delle sue braccia intorno a me.

Ero nella mia stanzafinalmente. La porta era aperta dava sul piccolo salotto dove le urla esaltate di Chris si espandevano, probabilmente un qualche tifo alla sua squadra di calcio preferita. Mi  alzai per raggiungerlo ma una figura si fece avanti nell' ombra della stanza.
"Papà?" chiesi sussultando.
"Ero ubriaco" mi risponse agitato.
"Papà cosa stai dice...."
"No davvero io non pensavo quello che facevo" alzò le mani facendo grondare sangue da queste.
Mi portai le mani alla bocca, ero scioccata.
"L'ho ucciso" sussuró "Ho ucciso William!"

Un nuovo incubo. Una nuova situazione in cui mai prima d'ora mi ero trovata. Non avevo mai sognato mio padre ne mi ero mai sorpresa a pensarci, ma allora perchè si trovava nei miei sogni?

Provai a tirarmi su a sedere ma qualcosa mi sfregò i polsi tenendoli ben saldi al materasso. Abbassai lo sguardo constatando che erano legati da una vecchia corda ai lati del letto e cosi anche la caviglie.

Iniziai a strattonare le mani e le gambe per distogliermi da quelle corde ma era troppo difficile. Le gambe erano troppo stanche per  muoversi e compivano gesti quasi impercettibili, mentre i polsi per quanto provassi erano troppo stretti dalle corde. Urlai il nome di Tom ma percepì che probabilmente era fuori. Ma perchè legarmi al letto? Sapeva che avevo le gambe bloccate ancora per il veleno e poi era...era stato cosi dolce con me, per quale motivo doveva legarmi al letto?

Urlai il nome del ragazzo pensando che forse dei ladri lo avevano tramortito e mi avevano legato o che magari mi aveva legato per il mio bene..ma quale bene?

La porta si spalancó velocemente creando un rumore sordo quando si schiantó sul muro laterale.

Era stata una folata di vento dal momento che al di là non scrutai nessuna figura ma solo un piccolo corridoio che si estendeva verso destra.

Le pareti erano rovinate dal tempo e varie macchie di umidità si estendevano giallastre rovinando la carta da parete. Oltre a questo non vedevo altro, i miei movimenti si erano già interroti bloccati dalla paura e la voce era morta in un punto indefinito della gola.

Scorrevo la vista lungo tutta la stanza cercando e ricercando qualcosa che potesse aiutarmi. La corda ai polsi iniziava a farmi male e aveva già iniziato a lasciarmi dei segni rossi sulla pelle. Il bruciore per quanto intenso, peró, era lasciato in secondo piano, sovrastato dalla paura che piano piano si estendeva.

Urlai un ultima volta aiuto ma dopo quello restó solo il rumore di un vento impetuoso e basta.

"E stai zitta!" si lamentó una voce seguita da una figura familiare.

Tom entró nella stanza ma senza quel sorriso cordiale che lo accompagnava sempre, senza i gesti delicati o le movenze silenziose.

Era più minaccioso ed il suo volto si era compattato allo sguardo crudele che lo infuocava e i passi erano più pesanti sul pavimento in legno.

Si portó su di me bendandomi la bocca con uno straccio sporco mentre sembrava ridesse compiaciuto del suo atto.

Dov'era il ragazzo che mi aveva salvato? Dov'era il ragazzo dolce di quei giorni? Che cosa stava succedendo?

Iniziai a divincolarmi sotto di lui muovendo il petto, le braccia, la testa..muovendo qualsiasi cosa pur di allontanarlo.

Provó a fermarmi il petto ma riuscí ad assestargli una ginocchiata fino a farlo piegare dal dolore.

"Troia!" sbiascicó portandosi una mano al punto in cui lo avevo colpito.

Si rialzó eretto sopra la mia figura e lasció che la sua mano colpisse in pieno il mio volto, lo sentí avampare immediatamente dal dolore ignorando qualche lacrima che da sola aveva deciso di scendere lungo le mie guance. Mi guardó grugnendo dal nervoso e mi colpí ancora una volta un fianco con la mano a pugno, credo più per il nervoso.

La guancia era in secondo piano mentre sentivo il fianco dolorante dove l'osso sporgeva,tremante osservai dove la sua mano si era protesa e già la chiazza rossastra iniziava a scurirsi più intensamente come il mio dolore.

Tom fece retrofront su suoi piedi ed uscí sbattendo la porta alle sue spalle con un urlo di rabbia.

Ero ferma con il corpo dolorante, non sapevo cosa fare e troppe cose mi frullavano per la testa, il livido si scuriva e il dolore si intensificava.

Non avevo più lacrime da versare, restavo immobile gelata dal dolore e dall'incapacità di apprendere ció che Tom diceva.

Scusate il ritardo ma la scuola mi sta uccidendo lentamente...anyway #

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