1.0 𝚁𝚎𝚐𝚊𝚕𝚊𝚛𝚎 𝚞𝚗 𝚜𝚘𝚛𝚛𝚒𝚜𝚘

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Ripenso a tutte le pazzie che ho fatto per lui, tutte le volte che pur sapendo che aveva iniziato a vivere di nuovo senza me, irrompevo nel suo giardino in lacrime per urlare al mondo quanto l'amassi, non avevo vergogna di farlo, era amore, e l'amore non è mai ridicolo; fortunatamente, però, ormai è passato...nel senso, ci sono ancora momenti in cui arrivo sotto casa sua, ma questa volta in punta di piedi: uso per esempio la scusa del negozio al fianco o il vecchietto che deve attraversare la strada proprio in quel punto.

Sbuffo rendendomi conto di avergli regalato troppo potere, gironzolando per la stanza non faccio altro che pensare e ripensare allo scorrere del tempo: nulla potrà darmi indietro mio "marito", non eravamo nulla, eppure ci speravo tanto.

In tutto ciò sono già le 11.28 e non sono ancora pronta, devo andare in ospedale per regalare sorrisi e parlare con qualcuno di reale. Dopo il mio ultimo film "trilli e la ricerca dei sogni", i bambini sono letteralmente impazziti per me; sapere di poter andare lí, tenerli compagnia e aiutarli a volare, mi riempie di gioia. Non ho ancora capito se sono io che aiuto loro o sono loro che aiutano me, ma una cosa è certa: quando raggiungo quel posto, tutti i miei pensieri si dissolvono nell'aria.

Esco in giardino per osservare la mia bellissima Maserati GranCabrio (blu notte con cerchioni e vetri scuri) mi ci piombo dentro stringendo il volante - ancora oggi, dopo circa un mese, mi luccicano gli occhi. Questa semplice auto per quanto banale possa essere, riesce a farmi sentire libera...ed io amo essere libera: Selvaggia! Selvaggia non è solo un nome, ma un vero e proprio stile di vita che da sempre mi ha caratterizzata: scappatelle notturne, dispetti senza fine, tatuaggi senza permesso, nasi rotti, mura imbrattate, giorni in cella, canne, spinelli, droga, pugni... tutto ciò che fa di me una vandala, una teppistella... e no! Non ne sono per niente fiera, col tempo si cresce, si matura, si cambia, vorrei poter ricominciare da zero e impedire molte mie azioni che hanno fatto male me e chi mi stava attorno.

Una volta arrivata nel grande parcheggio, alzo il cappuccio - così da evitare i paparazzi sempre pronti - e aggiungo la sciarpa nonostante ci siano 40 gradi all'ombra, dentro sarà diverso, però adesso non posso perdere altro tempo.
Afferro la busta dal cofano, che sembra più grande di me, mi intrufolo all'interno e corro in direzione del bagno per la trasformazione.

<<Scusami, ehi tu!>> sento chiamarmi da uno dei dottori, forse penserà che sono una terrorista.

<<FOTTITI>> urlo senza mai fermarmi, sono già in ritardo, non posso permettere che i miei bambini smettano di credere in me.
Continuo a correre fin quando non dice esplicitamente che non posso farlo perché è vietato e potrei far del male a qualcuno, se non fosse successo davvero una cosa del genere col cavolo che mi sarei fermata.
Mi ha distratta, non è stata colpa mia... Allungo una mano verso il signore che è a terra, l'afferra dopo svariati secondi che ha usato per aggiustarsi il cappello.
<<Perché non fate più attenzione?>>
Chiedo scaricando tutta la colpa su di lui, povero essere innocente, mi volto verso l'infermiere per lanciargli i coltelli che sono nei miei occhi e alzo il dito medio per il suo portamento da "te lo avevo detto".

Quando guardo meglio l'uomo, ormai in piedi per spolverarsi i pantaloni scuri, mi rendo conto di averlo già visto da qualche parte: Stivali, pantalone largo e marrone, camicia bianca con maniche arrotolate e petto visibile, tanti tatuaggi, tatuaggi, tatuaggi ovunque, cappello, capelli lunghi e poco curati - probabilmente perché si tratta di una parrucca - perline, due treccine che penzolano dal mento, un bel sorriso e...un bel sorriso...proprio un bel sorriso! Mi riprendo solo quando vedo la sua mano penzolare davanti a sé per ricevere una stretta di mano.

<<Se corri devi anche guardare dove vai, non trovi?>> abbozza un chiaro sorriso di circostanza.
Lo guardo un po' scossa e porto le braccia dietro la schiena per evitare palesemente di toccarlo, con la mano destra inizia a giocare con una treccina e la sinistra la sposta in basso senza ricevere la stretta che tanto desiderava.

<<Avresti potuto guardare tu>> lo lascio dietro le spalle pur continuando a sentire i suoi occhi bruciare sulla mia pelle. Non ero venuta per fare amicizia con un pirata, né per litigare.

Sciacquo frettolosamente la faccia così da potermi truccare per bene ed indossare il vestitino verde con le ali.
Solo dopo aver fatto ogni passo necessario per assomigliare alla trilli che tutti conoscono mi dirigo in una stanza bianca come le altre, busso e mi affaccio con un bel sorriso: <<Cu-cu>>
Vedo la bambina saltare in piedi ed arrivarmi alle ginocchia per abbracciarmi. Mi abbasso alla sua altezza e sento invadermi da un calore così forte che riesce a mettere in ordine ogni pezzo fuori posto.

<<Ciao>>
urla stridula mentre si allontana un pochino per guardarmi meglio.

<<Ciao, come ti chiami?>>
Chiedo con voce dolce, richiamando appunto quella che ho nel film.

<<Stefania>>

<<Ma che bel nome che hai>> sorride alla sua mamma che a breve piangerá per l'emozione.

<<Posso farvi una foto? Siete bellissime>>
Si intromette educatamente già pronta con il suo cellulare, trattenuto a stento fra la mano che trema.

<<Certo>>
Sorrido e mi avvicino alla piccola, stringendola. Dopo le numerose foto, ne approfitto per strapparla via dalla realtà, prendo la sua piccola mano e fisso i suoi enormi occhi blu <<Sono sola. Vuoi venire a fare un giro con me?>> Chiedo concludendo con un visino triste e sconsolato. Con la coda dell'occhio osservo un attimo la mamma che estremamente felice, unisce le mani come segno di gratitudine per aver visto la figlia sorridere dopo chissà quante sofferenze. Fa' un cenno con la testa, è veloce, leggero, quasi invisibile, ma potente abbastanza da scaldarmi il cuore mentre voliamo fuori dove ascolto con piacere le sue poche parole. O almeno fino a quando di lei non ci sono più tracce! Per qualche secondo sembrato eterno pensavo di star avendo un infarto, poi la sua vocina acuta si è fatta spazio in questo caos enorme:

<<Trilli?>>
Mi giro spaventata e la trovo fra le braccia del pirata, non sono mai stata così felice di vederlo. Giuro.

<<Stefania!>> Corro da loro col chiaro intento di volerla di nuovo mia.

<<Quindi ti chiami Stefania?>> la bambina annuisce <<puoi provarmelo?>> chiede accigliandosi per capirla.

«Stefania...» risponde incerta.

<<Vuoi una caramella?>> domanda con uno strano timbro di voce aggiungendo un'espressione buffa che purtroppo fa sorridere anche me. Dopo una lunga chiacchierata con lui, dove io sono rimasta a guardarli da molto vicino, scende e la riporto dalla madre.
Dopo di lei seguono molti altri bambini e l'ultimo, Salvatore, mi supplica di portarlo fuori, in giardino, posto dove ci sono molti altri esseri umani oltre noi.

Senza alcun dubbio, colui che risalta, colui che brilla di luce propria è il capitano, occupato in una battaglia con Lorenzino mentre tutti gli altri attorno gridano e ridono come matti, stringo la porta che mi nasconde la maggior parte del corpo, mi limito a sorridere per non voler rovinare il loro momento magico. In questo posto, per quante sofferenze ci siano dentro, sembra tutto perfetto.

Verso le 15.00, ormai finito il mio turno, vado in terrazza per fumare una sigaretta e scaricare la tensione. Da qui si possono osservare tanti e tanti alberi, strade in lontananza e persone ovunque, alcune che ridono a squarciagola, altre che urlano con altri che si trovano dall'altro capo del cellulare, coppiette che di felice non hanno nulla e anziani mano nella mano. Nello stesso tempo, una tristezza mi assale vedendo quanti bambini arrivano ogni 10 secondi, quanti perdono la vita ed altri la speranza.

<<Ne hai un'altra?>> a questa domanda che mi prende alla sprovvista, mi giro buttando la schiena alla ringhiera gialla per affogare nei suoi occhi scuri che mi scrutano restando lontano.

Bello, alto, moro!

Illegale:
Johnny Depp.

𝑇𝑖𝑒𝑛𝑖𝑚𝑖 𝑝𝑒𝑟 𝑚𝑎𝑛𝑜 ×𝖇𝖊𝖋𝖔𝖗𝖊 𝖞𝖔𝖚 𝖌𝖔× Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora