9. 𝙸𝚕 𝚋𝚒𝚟𝚒𝚘

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Ad oggi, se qualcuno mi dovesse parlare di Johnny, ricordo solo una cosa, le mie mani tremanti e la sua guancia rossa.
Un schiaffo così forte da farmi riportare all'istante a Los Angeles.
Aveva fra le sue mani ogni parte di me, stava per avermi completamente sua, ma lo stava facendo in un momento di debolezza. La mia.
Io non ero in me, le lacrime continuavano a cadere e il sangue a colare dal mio cuore spinoso.
I suoi occhi dopo che la mia mano gli ha arrossato il viso, erano sconvolti, forse delusi...ma ciò non mi aveva impedito di allontanarlo e farmi riportare finalmente a casa.

Il viaggio è stato lungo ma soprattutto silenzioso, è stato tremendo, come se dopo il nostro sguardo intenso, fosse svanito tutto. Persino la sua voglia di starmi accanto.
Ero in un angolo da sola a pensare come sia stata possibile una cosa del genere, a come siamo arrivati a tanto: lontani, vicinissimi e lontanissimi.

<<va via>>
Sussurai appena vidi il mio giardino enorme, la mia casa gigante e le due macchine ancora lì.

<<Selvaggia...>>
Le sue parole deboli, forse più delle mie, volevano chiarire, forse chiedermi scusa per aver pensato di poter approffitare di me

<<ti prego>>
Risposi senza neanche guardalo negli occhi.
Non volevo ricadere, non in quel momento che avevo capito ciò che stava diventando per me. Un tormento. Ed io non potevo e non posso uscire da una relazione per poi intraprenderne un'altra senza prima aver messo le idee a posto. Non posso entrare nella vita di un uomo che ha sbagliato, che ha detto di aver sbagliato e che...ama la sua ex moglie.
Non posso stare con lui, e poi vederlo andare via. Non ci conosciamo, io non so nulla di lui, nulla in più di quello che sanno tutti... non posso stare con lui, neanche per una notte. Soprattutto, perché lo so! Lo so che se avessimo davvero fatto l'amore, io non sarei più riuscita ad andare avanti e so perfettamente, che era ciò che volevamo.

Da quel giorno non ho saputo più nulla di lui, e a poco a poco, sono riuscita a scamazzare anche questo dolore, è stato tutto molto breve, ma sufficientemente sufficiente a farmi sentire ciò che neanche con Michele avevo mai sentito, la voglia di averlo mio, e sentirlo impossibile.

La campanella che indica la fine della lezione e i passi verso casa, inizia dopo aver sentito per due ore di fila, la voce instancabile del professor Papagni.
Sono al secondo anno di giurisprudenza e poco ci manca che abbandoni tutto. Troppo studio, troppo tempo da dedicare e neanche la voglia di continuare a lottare, né per me, né per il lavoro, né per nessun altro.
Aspetto pazientemente il pullman rosso, uno dei più veloci e belli, quelli con i sediolini che permettono alle persone di guardarsi in faccia, intanto nella mia mente rimbombano canzoni ad altissimo rumore per non sentire quello esterno.
Tante coppie che si amano, tanti ragazzi che litigato e ragazzi con testa bassa, occhiali e aria da secchioni. Poi ci sono io, ferma come un palo, con uno zainetto nero dietro le spalle e gli occhi fissi su un uomo strano che si guarda attorno come se qualcuno potesse uscire dal nulla e ucciderlo.
Fra numerose spinte a destra e a sinistra, ecco che riesco a prendere posto. Musica nelle orecchie, viso rivolto all'asfalto e pensieri deprimenti all'azione.
In questi luoghi le persone fanno fatica pure a riconoscermi e direi che era ora, da quando non vedo più Johnny, ho abbandonato il mondo dello spettacolo, dei riflettori e delle luci per dedicarmi allo studio, e nonostante Christi continui a mandarmi possibilità, io, continuo a rifiutare, con la semplice scusa "mi sembra banale", ho lasciato anche da parte le parole per i libri, ed ora...lavoro come cameriera in un bar non molto distante da casa mia, giusto per mantenere la casa e gli studi.

La mia vista furtiva, passa dal finestrino all'uomo di fronte a me: cappotto nero lungo, colletto alzato fino alle labbra, testa china e cappellone che ricopre il tutto. Inquietante.
Infilo i piedi fin sotto al sediolino e faccio finta di nulla, anche se il cuore continua a battermi forte per la paura.
Se dovesse cacciare un'arma, dovrò difendermi, e quale arma migliore se non un libro nuovo?! Inizio già col mettere una mano nello zainetto, mal che vada gli lancio i testi in testa.

𝑇𝑖𝑒𝑛𝑖𝑚𝑖 𝑝𝑒𝑟 𝑚𝑎𝑛𝑜 ×𝖇𝖊𝖋𝖔𝖗𝖊 𝖞𝖔𝖚 𝖌𝖔× Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora