...
<<va via>>
Urla un signore con il camice bianco, o meglio conosciuto come "dottore".
In una sala piena di persone in attesa, lui è il più isterico.
<<no, dov'è?>>
Chiede disperato, come se stesse per assistere alla morte di qualcuno. Con le mani sporche di sangue, segni delle dita sulla sua camicia e strisce rosse sul viso marcia avanti e indietro senza dar conto alle altre che lo guardano impaurite.
Da lontano ne vede un altro, che ha con sé un corpo immobile, e coperto dal telo.
Quando gli è vicino prova a fermarlo, ma non c'è tempo.
<<Ora no.>>
Il dottore va via, corre, corre, e sulla barella altro sangue che cola, che cade dalle dita fino a lasciare scie lunghe sul pavimento, nessun'altra scena sarà così dura da dimenticare. Neanche l'addio in sé
<<lasciatemi entrare, io son->>
Non riesce neanche a finire la frase che numerose lacrime gli rigano il volto.
Continua a dare pungi sulla porta bianca sperando che uno di loro possa uscire con una mascherina e guanti per dargli il consenso di operare lui stesso.
Un povero individuo con degli attrezzi sconosciuti in mano, fra tanti e tanti dottori.
Si gira, guarda in basso verso una bambina, dagli occhi grandi e neri, come i capelli. Dal corpo piccolo ed esule, la speranza che prova a dare ma che nello stesso tempo, toglie a sé stessa.
<<papà, cosa sta succedendo al nonno?>>
Chiedo con quella ingenuità di una piccola creatura di soli sei anni,e a poco a poco, capisco che c'è qualcosa di strano, troppo sangue, troppa paura, troppo dolore intorno a me.
<<il nonno sta dormendo.>>
Risponde con voce tremante, ed occhi stracolmi d'acqua, mentre prende la mia altezza e mi accarezza la guancia.
<<no. Non sta dormendo. Sei un bugiardo. Sei un bugiardo papà.>>
Lo spingo con quel poco di forza che ancora ho, lo guardo delusa e corro via fino ad arrivare senza fiato, sotto un albero di ciliegio.
Mi butto a terra, la testa mi gira, le lacrime scendono, dolore, una fitta potente al cuore. Proprio come i proiettili nel corpo di mio nonno.
...
<<Selvaggia>>
Spalanco gli occhi, e sono sola, nessun albero, nessun prato, né il mio papà. Solo una stanza, oggetti, tanti oggetti, e Christi che mi tiene il piede.
<<Do-dov'è?>>
Per alzarmi faccio peso sulle mani e solo dopo sento la ferita che è stata chiusa per bene da una fascia bianca.
<<Chi?>>
Chiede non riuscendo a capire le mie parole in codice.
<<Il...il mio papà>> sussurro fra me e me rendendomi conto di essermi ritrovata fra i miei sogni. Dove c'è ancora vita, ma anche dolore, morte, mancanze, ansia e paura.
<<Riesci a camminare?>>
Sembra che stia soffrendo più di me, mi sono fatta un taglietto non sto mica per morire?
Certo, potrebbe succedere di tutto... Ma per la miseria.....
<<Mi sono tagliata la mano non il piede e poi smettila di preoccuparti. È un graffietto>>
Si...un graffietto così tanto profondo da farmi perdere i sensi.
Corro ancora più stordita per l'intera casa, fino a quando non trovo un pacco di "bucaneve".
Apro la porta per andare fuori, e Johnny è lì. Seduto, con la testa bassa che posa sulla mano, una sigaretta in bocca e le altre cinque dita che tamburellano nervosamente.
Per richiamare la sua attenzione mi schiarisco per bene la voce, si volta subito e mi guarda come se fossi un fantasma.
<<Tutto bene?>> Chiedo mentre mi faccio spazio per sedermi accanto a lui.
Mi fissa, con rabbia prende la mano infasciata, la studia per bene, anche se non può vedere molto, la ritiro con forza e lo guardo spaventata.
Si passa istericamente una mano fra i capelli e successivamente toglie la sigaretta da bocca per spegnerla e metterla nel posacenere.
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𝑇𝑖𝑒𝑛𝑖𝑚𝑖 𝑝𝑒𝑟 𝑚𝑎𝑛𝑜 ×𝖇𝖊𝖋𝖔𝖗𝖊 𝖞𝖔𝖚 𝖌𝖔×
Любовные романыEstratto dal capitolo 23. Non importa la distanza, non importa il tempo, non interessa proprio un cazzo di nulla, lui sarà inciso per sempre sulla mia pelle. Lui...un uomo che è riuscito a cambiare totalmente la mia vita e guardarlo mi fa inumidire...
