7.5 𝙻𝚊 𝚖𝚒𝚊 𝚙𝚊𝚞𝚛𝚊 𝚑𝚊 𝚒𝚕 𝚝𝚞𝚘 𝚗𝚘𝚖𝚎

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...
<<va via>>
Urla un signore con il camice bianco, o meglio conosciuto come "dottore".
In una sala piena di persone in attesa, lui è il più isterico.

<<no, dov'è?>>
Chiede disperato, come se stesse per assistere alla morte di qualcuno. Con le mani sporche di sangue, segni delle dita sulla sua camicia e strisce rosse sul viso marcia avanti e indietro senza dar conto alle altre che lo guardano impaurite.
Da lontano ne vede un altro, che ha con sé un corpo immobile, e coperto dal telo.
Quando gli è vicino prova a fermarlo, ma non c'è tempo.

<<Ora no.>>
Il dottore va via, corre, corre, e sulla barella altro sangue che cola, che cade dalle dita fino a lasciare scie lunghe sul pavimento, nessun'altra scena sarà così dura da dimenticare. Neanche l'addio in sé

<<lasciatemi entrare, io son->>
Non riesce neanche a finire la frase che numerose lacrime gli rigano il volto.
Continua a dare pungi sulla porta bianca sperando che uno di loro possa uscire con una mascherina e guanti per dargli il consenso di operare lui stesso.
Un povero individuo con degli attrezzi sconosciuti in mano, fra tanti e tanti dottori.
Si gira, guarda in basso verso una bambina, dagli occhi grandi e neri, come i capelli. Dal corpo piccolo ed esule, la speranza che prova a dare ma che nello stesso tempo, toglie a sé stessa.

<<papà, cosa sta succedendo al nonno?>>
Chiedo con quella ingenuità di una piccola creatura di soli sei anni,e a poco a poco, capisco che c'è qualcosa di strano, troppo sangue, troppa paura, troppo dolore intorno a me.

<<il nonno sta dormendo.>>
Risponde con voce tremante, ed occhi stracolmi d'acqua, mentre prende la mia altezza e mi accarezza la guancia.

<<no. Non sta dormendo. Sei un bugiardo. Sei un bugiardo papà.>>
Lo spingo con quel poco di forza che ancora ho, lo guardo delusa e corro via fino ad arrivare senza fiato, sotto un albero di ciliegio.
Mi butto a terra, la testa mi gira, le lacrime scendono, dolore, una fitta potente al cuore. Proprio come i proiettili nel corpo di mio nonno.
...

<<Selvaggia>>
Spalanco gli occhi, e sono sola, nessun albero, nessun prato, né il mio papà. Solo una stanza, oggetti, tanti oggetti, e Christi che mi tiene il piede.

<<Do-dov'è?>>
Per alzarmi faccio peso sulle mani e solo dopo sento la ferita che è stata chiusa per bene da una fascia bianca.

<<Chi?>>
Chiede non riuscendo a capire le mie parole in codice.

<<Il...il mio papà>> sussurro fra me e me rendendomi conto di essermi ritrovata fra i miei sogni. Dove c'è ancora vita, ma anche dolore, morte, mancanze, ansia e paura.

<<Riesci a camminare?>>
Sembra che stia soffrendo più di me, mi sono fatta un taglietto non sto mica per morire?
Certo, potrebbe succedere di tutto... Ma per la miseria.....

<<Mi sono tagliata la mano non il piede e poi smettila di preoccuparti. È un graffietto>>
Si...un graffietto così tanto profondo da farmi perdere i sensi.
Corro ancora più stordita per l'intera casa, fino a quando non trovo un pacco di "bucaneve".

Apro la porta per andare fuori, e Johnny è lì. Seduto, con la testa bassa che posa sulla mano, una sigaretta in bocca e le altre cinque dita che tamburellano nervosamente.
Per richiamare la sua attenzione mi schiarisco per bene la voce, si volta subito e mi guarda come se fossi un fantasma.
<<Tutto bene?>> Chiedo mentre mi faccio spazio per sedermi accanto a lui.
Mi fissa, con rabbia prende la mano infasciata, la studia per bene, anche se non può vedere molto, la ritiro con forza e lo guardo spaventata.
Si passa istericamente una mano fra i capelli e successivamente toglie la sigaretta da bocca per spegnerla e metterla nel posacenere.

𝑇𝑖𝑒𝑛𝑖𝑚𝑖 𝑝𝑒𝑟 𝑚𝑎𝑛𝑜 ×𝖇𝖊𝖋𝖔𝖗𝖊 𝖞𝖔𝖚 𝖌𝖔× Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora