5.2 𝙸𝚕 𝚙𝚊𝚛𝚊𝚍𝚒𝚜𝚘

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Mi fermo all'entrata per cercare di metabolizzare tutto, questo edificio bianco  sembra uno di quelli che si vedono nelle pubblicità, uno di quelli che quando vedi in TV ti chiedi "dov'è la fregatura?" poi però te li ritrovi davanti e come una sciocca credi di essere tu la fregatura.

Salgo le numerose scale accarezzando il corrimano fino a trovarmi al secondo piano, un corridoio lunghissimo, pieno di luci e quadri, c'è un mobile con specchio, piante e stanze infinite; dopo aver fatto il giro in tutte quelle presenti, apro piano la porta con vetro che mi teletrasporta nel mio giaciglio. Ottengo terreno verso all'armadio e scelgo di indossare un vestito color oro, lungo ma stretto, luminoso e scollato. Tacchi così alti e vertiginosi da portarmi dal mio metro e cinquantasei a 1.70; scendo facendo attenzione, al tacco, alle caviglie, al vestito, al pavimento e a tutto ciò che potrebbe rompersi con la mia semplice presenza.

Dopo un bel viaggio silenzioso, scendiamo dalla macchina e li seguo.
Nonostante Johnny non riesca a togliere lo sguardo da me, non osa parlare, cosa che risulta piuttosto facile anche per me.
So che se dovessi aggiungere parola è solo per urlare e non voglio.

Mi ritrovo ad osservare con la bocca aperta tre gradini di legno con basse ringhiere nere, ai lati due piante con due tavolini.
La facciata è senza dubbio qualcosa di ammaliante, l'insegna enorme è nera, presenta sopra due D che si intrecciano, sotto, al centro, c'è il marchio Dior che è formato da lettere nere contornate da oro.

Seguo i miei accompagnatori restando molto più dietro così da poter amminare ogni singolo oggetto che è stato posto con accurata dolcezza all'interno, ben illuminato ovunque, tutto ciò, fin quando non sbatto con la parte superiore del busto alla schiena di Johnny, indietreggio, quando si volta lo guardo arrabbiata ma non alzo la voce solo perché vengo preceduta:

<<Selvaggia?>> si fa spazio per accogliere le mie mani fredde fra le sue <<Selvaggia, tu dovresti essere Selvaggia, non è vero?>>
Arrossisco di colpo quando vedo che l'uomo dai capelli bianchi racchiusi in un codino basso, gli occhiali scuri e il sorriso generoso,

che mi sta tenendo le mani è <<Jean-Baptiste!>> Noto nel mondo della moda, della musica, delle foto con stile glamour, conosciuto inoltre per l'attento uso dei colori pastello, delle atmosfere delicate e delle luci morbide. Fotografo, regista e pubblicitario francese.

<<Sono io>> mi guarda o almeno credo, non riesco a vedere molto bene i suoi occhi, ma allarga le sue braccia e di conseguenza anche le mie mentre abbassa la testa come se stesse osservando il mio corpo. <<Che bello, mi hanno parlato motlo di te. La donna del momento. Già ti immagino in prima pagina!>> Esclama con l'aiuto delle mani formando una specie di arcobaleno trasparente <<Selvaggia Hanson, la donna delle donne.>>

<<Esagerato>> ridacchio silenziosamente, a rovinare tutto sono i miei occhi che da lui si spostano su Johnny, o meglio, su che sta facendo, infatti si avvicina ad una donna giovane: i capelli rossi le arrivano alle spalle, ha gli occhi verdi e un neo al lato del naso.

Il regista, vedendo il mio viso sconvolto si gira, intuisce la situazione e decide saggiamente di rassicurarmi <<Lei è Federica, si conoscono da tanto>>
La indica con il pollice ma quando nota che non ho il suo stesso sorriso lo fa scomparire  a sua volta.

<<...>>
No! Non mi ha rassicurata per niente.
Anzi! Non so perché ma...ma tu guarda come le prende la mano, oh! Adesso hanno pure il coraggio di venire da me, ci rendiamo conto?

<<Selvaggia?>> mi guarda accigliandosi e lo sento dalla pelle che brucia <<Selv->>
Lo blocco prima di dover risentire il mio nome ringhiato con più forza per ricevere attenzioni.

𝑇𝑖𝑒𝑛𝑖𝑚𝑖 𝑝𝑒𝑟 𝑚𝑎𝑛𝑜 ×𝖇𝖊𝖋𝖔𝖗𝖊 𝖞𝖔𝖚 𝖌𝖔× Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora