Voglio dire che ci baciamo

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Se avesse potuto ricominciare tutto dall'inizio, da quando Francesco indossava ancora quella maglietta sgualcita di Spiderman, lei l'avrebbe fatto.

Erano passati più di sette anni dall'ultima volta che gliel'aveva vista addosso, sette anni da quando l'aveva portato per la prima volta nel monolocale a Roma, quel buco nel quale lei avrebbe, da lì a poco, trascorso una porzione troppo grande delle sue giornate.

C'era di sicuro stata una mattina in cui Francesco si era svegliato ed aveva indossato, per l'ultima volta, quella maglietta che aveva portato fino allo sfinimento. C'era di sicuro stata una mattina in cui Francesco si era svegliato senza più essere un bambino. C'era stata, e lei non l'aveva mai vista.

Aveva perso centinaia di ultime volte senza che Francesco se ne accorgesse.

E quel senso di vuoto, di amarezza sorta da un'occasione persa, che adesso inondava lei, forse aveva già inondato anche Francesco. E lei non lo sapeva.

Magari, mentre era via, erano avvenute centinaia di prime volte per quel ragazzo che, seduto in un angolo del divano, adesso le raccontava di ciò che era divenuto normale mentre i loro universi erano stati separati. Francesco era cresciuto ancora di qualche centimetro, adesso la superava di una spanna abbondante. Era sempre stato alto, slanciato, gli occhi del colore delle castagne e i lineamenti che si indurivano troppo in fretta.

Ilenia lo guardava mentre iniziava a ridere e mentre le espressioni sul suo volto si fondevano in una, mentre avvicinava le sopracciglia e mentre ascoltava lei, quelle volte in cui osava interrompere il flusso tumultuoso delle sue parole.

Le raccontava tanto.

Di Eva, di Lara, delle cose divertenti che gli erano successe.

Le raccontava tanto, eppure teneva per sé tutto ciò che era importante.

Aveva preso da lei la tendenza a occupare il minore spazio possibile, come se si impegnasse con tutto se stesso a non scomparire senza dire una parola. Era cresciuto in tutte quelle prime volte a lei taciute, nella conclusione di cicli che lei non aveva mai visto aprirsi.

Francesco era sempre stato un adulto, solo che adesso ne aveva anche l'aspetto.

Si chiese quanto spesso dovesse radersi, se il suo cuore avesse cominciato ad aumentare i battiti per la vicinanza ad una ragazza, se avesse già fatto l'amore.

Più lo guardava, più non ne aveva idea.

Francesco non gliene avrebbe mai parlato di sua volontà, non l'aveva mai fatto.

Ilenia si domandò se, invece, qualcuno sapesse qualcosa di lui che non sapeva nessun altro.

Non aveva idea neanche di questo.

L'unica persona che le veniva in mente era Eva. La ricordava, da bambina, quando chiedeva a Francesco di mostrarle il modo più semplice per creare delle coroncine con le margherite. Francesco, d'altro canto, non aveva mai avuto modo di imparare, aveva solo scoperto che era divertente infilare lo stelo di un fiore in quello che chiamavano il tondino giallo di un altro.

Li aveva guardati a lungo quando, seduti sotto il tavolino, sfogliavano le riviste dei negozi di giocattoli per scegliere il regalo di Natale. Eva andava a sentimento, preferiva il più bello, quello che l'affascinava anche solo per il modo in cui le avrebbe permesso di sciogliere l'immaginazione. Francesco faceva una lista di pro e contro accanto ad ogni giocattolo per scegliere quello oggettivamente migliore.

La donna, in cuor suo, aveva sempre sperato che s'innamorassero, un giorno, sin da quando erano alti poco più di un metro.

Eva era buona, intelligente, capiva Francesco meglio di quanto lo facesse Ilenia. E anche l'altra ragazza, Lara, le sarebbe andata bene. Andava avanti nella costante speranza che, un giorno, Francesco si sarebbe fidanzato con una delle due, ammazzando quelle voci che giravano sul suo conto.

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