Più

343 36 7
                                    

A Francesco mancò un battito. Li avevano visti.

Il buio era stato sufficiente per mettere un velo sulle guance arrossate di timidezza e imbarazzo, ma non per preservarli dal mondo esterno al loro piccolo ecosistema, fatto di sguardi e sorrisi sussurrati.

Non avrebbe saputo dire perché, ma la cosa non gli piaceva per niente.

Sapeva come funzionavano le teste delle persone, e sapeva anche che tipo di collegamenti e idee la gente tendesse a fare.

Qualcosa lo spinse a ricordare Matteo e il suo succhiare cazzi detto tranquillamente, con una leggerezza ironica e terribilmente preoccupante.

D'istinto guardò verso Axel, sperava avesse sentito, sapeva che non sarebbe restato in silenzio, ma che avrebbe focalizzato su di sé tutte le attenzioni, nonostante non fosse sua intenzione. Lo vide curvare le labbra in un sorriso e posare la mano allungata sulla gamba, nell'istante in cui si sporse in avanti e fece per parlare.

Quello fu un attimo in rivoluzione.

Nella frazione di secondo che precede la parola, Francesco comprese più di quanto avrebbe capito in un anno.

Axel temeva più di lui: sapeva che un suo errore, un passo troppo vicino al dirupo, avrebbe fatto cadere Francesco prima di lui.

Non si aspettava di guadagnarsi gli sguardi di coloro che ridevano tra le onde, così come poteva immaginare la situazione di Francesco, che non era sicuro di nulla, fragile come una canna esposta al vento di tramontana. Il suo obiettivo era quello di stargli accanto senza scalfirlo in alcun modo, eppure si accorse, in quel preciso istante, di quanto la sua copertura fosse sottile.

Ma non avrebbe permesso a nessuno di forarla.

Francesco scorse Axel voltarsi verso Eva, un'espressione di apparente fermezza in volto, gli occhi spalancati al di sotto delle ciglia folte, una sicurezza che lo spingeva a non temere. Axel era un bambino convinto di avere la situazione in mano, di poterla modellare a suo piacimento e di poterla poggiare sul ripiano più alto dello scaffale, dove solo lui l'avrebbe potuta riprendere.

Axel sapeva rassicurare più gli altri che se stesso.

<Riccioli d'oro sarei io?>

Eva rivolse il volto verso Axel e sorrise. Tutto le sembrò perfetto, esattamente secondo i piani che aveva immaginato.

<Altrimenti chi?>

La ragazza distese un braccio e passò la mano, candida come le unghie tinte di un bianco perlato, tra la chioma di Axel, il quale abbassò piano lo sguardo, sollevando gli zigomi arrotondati. La luce intermittente di un Autogrill deserto perforò i vetri sporchi del veicolo, facendosi largo tra le facce giovani. Si posò, rapidamente, come se avesse paura, sulla fronte di Axel, colorata di rosso per il sole e l'emozione. E anche Francesco, per un attimo eterno nella sua breve durata, ebbe paura. Fu terrorizzato perché gli era sembrato tutto così intimo e distante al contempo. I polpastrelli tremarono, quasi come se sentissero, loro stessi, la febbricitante emozione del poter captare la realtà, seppur da lontano, seppur incomprensibilmente.

Nulla era evidente e nulla era irreale.

Esistevano solo infinite possibilità, tanti piccoli sogni sparsi in quell'aria calda e pesante. E il sogno, almeno in quel momento, non era altro che una rivisitazione della realtà.

Per la prima volta, Axel gli parve bello.

Bello.

Reale e inesistente.

Come un pensiero.

Il pensiero di un principe, di un re, di un guerriero e di un musico, tutto nello stesso istante.

LuxDove le storie prendono vita. Scoprilo ora