Axel inspirò, come un ballerino colto da una paura sottile, appena prima di salire sul palco.
<Non lo so, in realtà.>
Era difficile spiegare a parole un concetto complesso come quello che distruggeva la spensieratezza di Axel. Le lettere non avrebbero fatto altro che modificare il suo vero intento, lo avrebbero incrinato piano, e avrebbero finito per spezzettarlo in mille parti diverse.
Axel somigliava a un uccellino racchiuso in gabbia, incerto sul modo in cui il sole potesse bagnargli la pelle. Somigliava a un bambino confuso che alternava momenti di completa lucidità ad altri di totale dispersione. In fondo in fondo, Francesco gli somigliava.
Entrambi avevano qualcosa da nascondere agli altri e da tacere a se stessi.
Eppure Francesco, senza pensarci, parlò, di nuovo, solo per interrompere quel silenzio infranto unicamente da qualche gabbiano stridente.
<Okay.>
Axel fissò un'onda audace che gli sfiorava l'alluce. Aprì e chiuse la bocca un paio di volte, tentando di trovare vocaboli adatti. Si accorse che tutti i suoi sforzi sarebbero stati vani: le sillabe tentavano solo di palesare ciò che, in lui, era una composizione di sensazioni senza nome, posate l'una sull'altra, completamente all'oscuro di ogni canone ragionevole.
Le parole erano troppo oggettive per esprimere anche una sola parte della soggettività che aveva dentro.
Francesco mosse la testa dall'alto al basso, era normale che Axel non gli volesse dire qualsiasi cosa. Lo guardò, dai piedi sottili e lunghi, al viso che, almeno secondo lui, avrebbe potuto benissimo attribuire a qualche attore sconosciuto, uno di quelli che vedevi in un film anni '70 e che spariva subito dopo. Le sopracciglia dorate non erano corrucciate, ma distese, come se avessero già accettato l'inaccettabile. Le labbra rosee erano serrate, il naso dritto, gli occhi talmente trasparenti che Francesco li avrebbe potuti perforare con un solo sguardo.
Erano belli, quegli occhi. Parlavano di lui più di quanto facesse da solo. Francesco si chiese perché fossero così influenzati dal buio, glielo avrebbe chiesto, avrebbe parlato con lui fino a notte fonda, ma qualcosa lo spinse a guardare verso gli amici in mare. Scorse Lukas emergere dalle acque scure, i lineamenti perfettamente simili a quelli di Axel erano coperti da un sottile strato di liquido trasparente.
<Ma anche Lukas non era mai uscito con nessuno, qui?>
Axel fissò il fratello, senza muoversi.
<Lukas tende a dimostrare l'affetto in un modo strano.>
Francesco non comprese, si limitò a far passare un dito sulla sabbia umida. Si promise di non dimenticare quelle parole, di rendere quella conversazione un ricordo concreto, non un miscuglio di sensazioni astratte, come spesso gli capitava. Axel meritava di più, nonostante fosse lui stesso una sensazione astratta, esattamente come l'effetto che aveva sulla sua mente e sul suo corpo.
<Pensi che valga lo stesso con lei?> Il ragazzo allungò il collo accennando a Eva e Lukas.
<Non dureranno, Francesco.>
Lui tornò a guardarlo: <Perché?>
<Perché è ovvio. Eva vorrebbe cose che Lukas non è in grado di darle. Dieci giorni e chiudono.>
Il ragazzo chinò la testa e lasciò che alcuni ciuffi scuri gli ricadessero sulla fronte: <Ma magari hanno qualcosa che non vediamo.>
Axel si voltò verso di lui, ma Francesco non riuscì a reggere uno sguardo ricambiato e tornò a focalizzarsi sui granelli di sabbia. Axel sorrise, come se, ogni minuto, qualcosa di Francesco venisse a galla, lui faceva uso di questi particolari per avere l'illusione di prevedere i suoi gesti, per conoscerlo e per capire quanto fosse bello riuscire a dire tutto ciò che lui non aveva la forza per esprimere.
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Lux
RomancePer amore la gente fa cose strane. C'è chi stermina eserciti, chi piange per giorni, chi attraversa nazioni intere desiderando un solo bacio, chi legge libri in codice braille in lingue che non conosce. Francesco faceva parte di tutti e quattro i gr...