Abbraccio

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Axel aveva svoltato tutto.

Francesco era convinto che avesse avuto l'idea del secolo.

Sarebbe stato tutto perfetto, stava per arrivare il momento meraviglioso in cui Francesco avrebbe fatto sentire Axel amato come mai gli era successo. Stava per arrivare e loro non riuscivano a trovare una giusta temperatura per l'acqua.

Francesco era giunto alla conclusione che Axel volesse fare una sauna.

<Ci bolliamo dentro, abbassa.> Francesco si sporse, cercando in tutti i modi di non toccare il flusso caldo con la pelle, per girare il rubinetto verso un compromesso decente: <Ma non ti fai male a farti la doccia con cento gradi di acqua?>

<Altrimenti poi è freddo.> Axel si infilò nello spazio che c'era tra Francesco e lo sportello della doccia, poi allungò il braccio e tirò la mano del ragazzo dall'altra parte.

<Mica la devi mettere gelata, facciamo a metà.>

<È freddo uguale.> Axel si girò, cedette il celeste dei suoi occhi a colui che lo guardava come se fosse sul punto di piangere lì, sul momento. Sul punto di appiattirsi contro le mattonelle del bagno e scivolare giù.

Piangergli addosso, piangergli negli occhi e dirgli sei bellissimo, dirgli abbracciami forte e facciamo finta di sommergerci.

Dirgli tutte le cose del mondo in un modo solo loro, prendersi tutto ciò che restava e pure ciò che non restava più. Voleva fare tutto, voleva guardarlo, voleva parlargli, voleva lasciare che l'acqua gli scivolasse addosso e che si mischiassero fino a fondersi e a non potersi staccare più.

Ma non sarebbe stato capace a dirlo, e Axel voleva arrostirsi.

<L'acqua fuma. Non penso che sia normale.>

<È normalissimo.> Lui passò la mano sotto al getto e la ritrasse subito.

Francesco sorrise: <Ti bruci.>

Axel avrebbe fatto di tutto pur di non dargli la soddisfazione di avere ragione. Lo guardò, lo guardò e lo riguardò ancora.

Poi entrò con un piede nella doccia, forse a voler dimostrare qualcosa che non sapeva neanche lui.

Il piede toccò l'acqua per due secondi e mezzo, poi venne brutalmente riportato indietro e Axel ebbe l'impressione che stesse per staccarglisi.

<Cazzo.>

Il cuore di Francesco pulsò irregolarmente, l'aria ad arrivargli fino alla bocca partendo dallo stomaco. Sull'orlo del pianto e già caduto in un baratro immenso, irreale. Il piccolo cuore di una piccola anima inquieta alla ricerca di una sua piccola felicità.

Ed ora che ce l'aveva lì davanti, la sua piccola felicità, la testa gli esplodeva. La pelle era un insieme di piccoli vulcani scoppiettanti e non era possibile strapparsi via, diventare qualcos'altro. Erano diventati insieme.

Diventati e basta.

Non erano diventati nulla, erano solo stati vittime di un divenire totalizzante, qualcosa di cui non si erano accorti sul serio. Divenivano ancora, senza rendersene conto. Divenivano l'un l'altro, insieme, e si aspettavano senza dirselo.

E cambiavano la temperatura dell'acqua senza staccarsi, con le pelli che si accapponavano toccandosi. E non ci facevano caso, e creavano pretesti per starsi accanto pur non sapendolo.

E si offrivano l'un l'altro una così vasta porzione di pelle nuda da sembrare interminabile, ma si concentravano sul tessersi le iridi come se non esistesse nient'altro. Sconvolti dall'attrarsi e dal sapere di volersi bene.

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