Trasparente

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A mali estremi estremi rimedi.

Non gli piaceva doversi alzare per spegnere la televisione dal tasto microscopico accanto allo schermo, anche perché, spesso, finiva per sbagliare pulsante e alzare il volume al massimo. Tuttavia, pensava che quella fosse un'occasione di emergenza in cui costringersi a rischiare. Aveva trovato il tasto giusto al momento giusto e la televisione si era colorata di un nero intenso. Per un istante aveva scorso il suo riflesso nello schermo scuro, le labbra tese, inconsapevoli di star trattenendo un sorriso, i capelli castani davanti agli occhi. Era rimasto fermo per qualche secondo, in attesa di trovare le parole giuste da dire quando si sarebbe girato.

Non era mai stato bravo a ragionare sotto pressione.

Mai.

Forse era un caso, forse un errore, forse ciò che lo avrebbe distrutto, ma Francesco aveva cercato lo sguardo di Axel. Voleva conforto, un tono canzonatorio, qualcosa di simile a una risata. Gli sarebbe piaciuto sentirlo ridere, gli avrebbe dato la conferma di non aver sbagliato a condurlo lì, di aver creato un piccolo spiraglio di allegria. Non aspirava alla felicità, non avrebbe mai osato. A quella ci avrebbe pensato qualcun altro. Lui si sarebbe accontentato di sentirlo ridere, in quel salotto troppo piccolo per quattro, ma troppo grande per due.

Però Axel non rise.

Si trattenne.

Si sforzò di mantenere seri quei due grandi occhi che, con la luce della lampada calda, sembravano più scuri. Lo stesso riccio color grano cadde, ancora, sulla fronte. E, a Francesco, ciò, parve ben più bello di un'allegria esternata che sarebbe sfumata in pochi secondi. Axel gli stava dicendo a dopo, quando saremo solo io e te. E un a dopo era più bello di un effimero adesso.

Niccolò aveva portato il busto in avanti, Marco si era improvvisamente interessato al ricamo di un cuscino e Francesco non aveva potuto biasimarlo. Si rivedeva in quel bambino: avevano bisogno di qualcuno che parlasse per loro, e Francesco era così tremendamente felice di sapere che Axel era in grado di infilare la sua voce in tutti i momenti in cui il silenzio copriva le attese.

<Ho fame.>

<Anche io.> Aveva fatto eco lui, sperando che almeno uno dei gemelli si aggiungesse al gruppo. Niccolò annuì esitando, poco convinto dell'interruzione improvvisa del film, ma evidentemente attratto dalle lasagne promesse. Anche Marco posò il cuscino.

Mentre percorrevano il corridoio verso la cucina, Francesco si rese conto, per la prima volta, che aveva comprato tre porzioni scarse di lasagne, e adesso loro erano quattro. Ripercorse mentalmente i vari scompartimenti del frigorifero, sperando in qualche miracolosa materializzazione di cibo nel freezer. Si ricordò di mezza confezione di wurstel e di qualche fetta di pane in cassetta. Cercava di fare mente locale anche sulla possibilità di avere mozzarelle o insalata, quando Marco gli strattonò piano il bordo inferiore della maglietta. Erano rimasti lievemente dietro rispetto ad Axel e Niccolò, e questo aveva, probabilmente, indotto il bambino ad annunciargli qualcosa.

<Non dovevi preoccuparti.>

<Di cosa?>

Marco abbozzò un sorriso timido: <Di prima. Non era un problema, per noi.>

Francesco sentì le guance avvampare e le gambe farsi pesanti. Per qualche assurdo motivo decise di arrampicarsi sugli specchi: <Non so a che ti riferisci.>

Marco lo squadrò completamente, un'espressione intelligente gli scintillò sul volto giovane: <Comunque, il film non era un granché.>

<Lo penso anche io.>

Il bambino annuì: <Niccolò ha gusti strani, ti giuro che non è sempre così seccante.>

Un piccolo sorriso crebbe sul viso di Francesco: <Non è seccante.>

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