Barbie e il castello di diamanti

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Tornò sdraiato accanto ad Axel e aprì leggermente i futuri fiori, in movimenti precisi che l'altro, in un primo momento, non capì.

<Che fai?> Ripeté lui, ottenendo, come risposta, solo un bacino rapido, appena accennato, sulla punta del naso. Gli sussultò il cuore intero e si avvicinò un altro po' al ragazzo, posando il piede sul suo e sentendolo piacevolmente freddo.

Quando Francesco gli fece aprire la mano e ci mise dentro una bambolina minuscola, nata dall'unione di due boccioli, uno usato per la testa ed uno per il vestitino ampio, colorato di rosso grazie ai petali del fiore, Axel rimase fermo a guardarla per un po'. Era carina, piccola, e non aveva idea di come Francesco avesse imparato a farla. Gli ricordava Pollicina, l'odore della primavera e quello dell'acqua sulle foglie, gli ricordava quel papavero che Francesco, una volta, gli aveva lanciato e che lui non era mai riuscito a prendere.

<Quella sono io.> Annunciò Francesco, indicando la bambolina che danzava silenziosamente tra le dita di Axel. <E questa sei tu.> Mormorò, riferendosi alla sua figurina.

Axel non sarebbe mai riuscito a distinguerle, gli sembravano identiche. Lo fece notare a Francesco, ma lui si rifiutò di aggiungere loro altri particolari. Andavano benissimo così.

<Una volta, alle elementari, le maestre ci avevano portato in gita in uno di questi campi.> Francesco non era bravo a raccontare storie, probabilmente non lo sarebbe mai stato, ma voleva che Axel sapesse qualsiasi inutile particolare della sua vita. Lui, con le storie, non ci sapeva fare, ma aveva sempre avuto la capacità di trovare un appiglio speciale nei ricordi speciali, anche in quelli che non gli piacevano per niente.

<Eravamo pochi, in classe, meno di dieci, e avevamo organizzato un picnic all'ultimo minuto perché i muratori dovevano riparare una parte della scuola e bisognava stare fuori per non prendersi un mattone in capo.>

Francesco continuò mentre Axel si lasciava andare ad una risatina: <Fatto sta che ci portano qui, finiamo la roba da mangiare, iniziamo a diventare rompicoglioni e le maestre, per farci zittire, ci insegnano a fare queste bamboline con i papaveri. Fin qui tutto okay (anche se penso di aver rotto come minimo tre papaveri perché ero il bambino meno aggraziato del mondo), ma, ad un certo punto, la maestra che mi stava sul cazzo dice ai maschi di regalare la propria bambolina alle femmine.>

Axel posò la testa sul suo stomaco e fece per dire qualcosa, ma Francesco lo interruppe: <Aspetta, so che pensi adesso: la società eteronormativa, i ruoli di genere eccetera, ma io avevo sette anni, giocavo con i Gormiti e a questa roba non ci facevo caso. Però ero comunque un imbecille paranoico->

<Imbecille paranoico carino, aggiungicelo, ché altrimenti non rende.>

Francesco gettò gli occhi al cielo e sentì Axel ridere sul suo petto. Gli accarezzò la fronte: <Come ti pare. Fatto sta che in classe mia c'erano solo quattro bambine: Eva, Lara e altre due con cui non parlavo mai. Il problema era che avevo litigato sia con Eva che con Lara perché la sera prima, a casa mia, volevano guardare il film di Barbie con le fate, ma a me non piaceva e volevo mettere per forza quello del castello di diamanti.>

<Guardavi i film di Barbie?>

<Di solito no, anche perché rompevano per guardare sempre quello che pareva a loro, però questo mi piaceva perché, all'inizio, arrivava un drago che distruggeva tutta la casa di Barbie e dell'amica.>

Axel annuì: <Roba cruenta.>

<Guarda che il drago era brutto parecchio, eh. Arrivava addosso a loro mentre cantavano una canzoncina. E poi non ero scemo: se dovevo perdere tutta la mia virilità almeno la perdevo con stile.>

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