La paura più dolce del mondo

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<Siamo delle merde, Eva.>

<Se l'è cercata lui, eh.>

<Siamo delle merde lo stesso.>

Eva sorrise. Se lei e Lara non fossero state delle merde, adesso si sarebbero perse lo spettacolo di Francesco che le raggiungeva dopo essere andato a prendere Axel, con tanto di camicia color confetto, sotto casa.

E Francesco non andava mai a prendere la gente sotto casa. Certo, durante la notte avrebbe camminato chilometri per assicurarsi che non succedesse niente a nessuno, ma a quell'ora avrebbe volentieri evitato. E poi erano solo poche centinaia di metri, Axel avrebbe potuto benissimo percorrerli da solo come tutte loro, ma evidentemente Francesco aveva sviluppato la nuova necessità di non lasciarlo senza supporto neanche sotto tortura.

<Magari avevano già organizzato tutto... Metti caso che c'era in programma la confessione, adesso ci siamo noi a rompere i coglioni. Oppure fai conto che avrebbero dovuto darsi il primo bacio->

<Si sono già baciati.> Eva ne era sicura. Sicurissima.

Per accorgersene bastava guardare Francesco, con la coda dell'occhio, soltanto per mezzo istante.

Bastava guardarlo, inciampare con l'iride in quella fiammella di luce che gli ardeva negli occhi come un incendio intero.

Bastava guardarlo per accorgersi che, quella fiammella, non c'era mai stata prima.

Era semplicemente nata all'improvviso, nel momento esatto in cui Axel si era soffermato un po' più a lungo sul suo volto, per estrapolarne parte di quel piccolo, minuscolo, amore che Francesco avrebbe potuto dargli.

Eva lo sapeva. Lo sapeva e basta, anche solo perché quel pezzettino di Francesco che lei aveva imparato a stringere a sé non faceva altro che fremere felice, solo un po' turbato.

Lei riconosceva, in ogni tremolio, un riflesso dello stesso carattere di Francesco.

Per questo aveva paura.

Paura che si trattenesse, paura che spegnesse a forza quella fiammella del colore del tramonto, paura che respingesse quell'amore piccolino per il terrore di vederlo crescere, diventare enorme, incontenibile, non poterlo più nascondere.

Eva lo sapeva, ma forse Francesco era ancora troppo concentrato sull'euforia delle prime settimane per accorgersene.

Lei voleva solo dirgli va tutto bene.

Voleva scuotergli la faccia e sbattergli la mano sulla testa, fargli capire che non avrebbe mai dovuto azzardarsi a spegnere quella cazzo di fiammella perché altrimenti lei gli avrebbe tirato un calcio nelle palle che non si sarebbe dimenticato nemmeno se qualcuno gli avesse fatto il lavaggio del cervello.

Ecco.

Era questo che Eva pensava mentre Francesco le salutava, abbozzando un sorriso. Era questo che pensava mentre Axel gli si stringeva contro, cercando di non farsi notare.

Eva avrebbe voluto dirgli stringiti quanto ti pare, perché se vi stringete voi siamo più felici tutti.

E invece rimase zitta, ferma, a sorridere e a guardarli. A sperare che, un giorno, Francesco decidesse di parlarle e di regalare quanto più ossigeno possibile alla fiammella, al fine di farla bruciare, ardere, illuminare qualsiasi cosa come aveva imparato a fare.

Era bello accorgersi di quanto gli occhi di entrambi brillassero insieme.

Da una parte c'era Axel, retine velate per merito di un'eredità mai chiesta, troppo spaventate per poter guardare fuori. Dall'altra, invece, esisteva Francesco, iridi troppo in fermento per aprirsi e guardarsi dentro.

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