Alba

294 22 6
                                    

Aveva sempre avuto quella strana abitudine che la portava a svegliarsi all'alba. Non sapeva per quale motivo lo facesse, né cosa ne ricavasse. Le piacevano le sfumature rosee che assumeva il cielo, illuminando le nuvole da dietro. Diventavano una sorta di paralume soffice, un batuffolo di cotone impregnato di sogni e speranze. Aveva provato, più di una volta, a trasmettere quello strano senso di felicità a Lara e Francesco, durante le notti che trascorrevano insieme, guardando film di cui nessuno ricordava il finale. Lara non si svegliava neanche, teneva le coperte tirate fin sotto il naso e agitava la mano per allontanarla, mormorando frasi che non le sembravano particolarmente delicate. Francesco le faceva compagnia, nonostante comprendesse ben poco il motivo della sua inusuale ossessione.

Dalla finestra di camera sua, i campi coltivati a grano si estendevano fino a dove il cielo si confondeva con il mare. Uno, in particolare, aveva la forma di un panettone schiacciato, costellato di balle di fieno rotonde e compatte. Poco più in là, un casolare fatiscente ospitava una colonia di rondini, le loro code biforcute volavano via dai muri pesanti ogni volta che qualcuno si avvicinava alla struttura.

Eva pensava che non succedesse spesso, dal momento che nessuno giungeva mai da quella parte del suo piccolo infinito. L'unico cretino che si divertiva a osservare le traiettorie delle rondini era Francesco. Non che ciò la sorprendesse, ovviamente.

Eppure, da mesi non ci andava più neanche lui, sommerso dallo studio e da quella cosa di cui non parlava, ma che, sapeva, sarebbe venuta fuori, prima o poi.

Forse, più probabilmente prima che poi.

La tazza di tisana le fumava ancora fra le mani, lei attese qualche secondo prima di sorseggiarla. Scorse un capriolo saltellare ai margini di una macchia di arbusti, rimase immobile qualche secondo, con il collo flessuoso eretto, per poi scomparire in un boschetto di castagni.

Se avesse avuto un binocolo avrebbe saputo riconoscere sesso ed età dell'animale, ma scoprì, ben presto, di non avere la minima voglia di alzarsi e cercare lo strumento.

Era stato suo nonno a insegnarle la caratterizzazione dei vari ungulati che popolavano i dintorni, ma non si era mai accorta di quanto fosse bello perdere lo sguardo tra le distese dorate, prima di trovarsi costretta a farlo da sola.

Osservò il suo riflesso nel vetro della finestra, i capelli scuri cadevano arruffati sulle spalle, a loro volta coperte da una felpa stinta e decisamente troppo grande per lei. Su di essa troneggiava la scritta Dodicesima Corsa delle Lucciole, 2001, si chiese a chi appartenesse, dal momento che lei era abbastanza convinta di non aver mai partecipato a nessuna Corsa delle Lucciole nel 2001. Non era nemmeno nata, nel 2001.

Il sole si alzava all'orizzonte, così anche Eva decise di abbandonare il davanzale della finestra sul quale era solita sedersi.

Gettò un ultimo sguardo alle nuvole che si univano al cielo appena nato, allungò un dito e accarezzò il dorso di un batuffolo, percorrendo la linea che tentava, inutilmente, di separarlo dall'orizzonte. Quel piccolo cumulo bianco le sembrava, prima, un grappolo d'uva, poi la chioma flessuosa di un ciliegio, infine un occhio candido, cinto di ciglia allungate.

Si chiese cosa vedesse lui da lì, sarebbe stato in grado di scorgerla? Di vegliare su anime sconosciute, anime che viaggiavano insieme verso una meta inesistente? Si domandò perché, lei, fosse felice di cercare, con la consapevolezza di non raggiungere nulla. Sapeva che non sarebbe arrivata da nessuna parte, ma era strana quella sensazione che la spingeva a camminare, sfiorando le acque e i fiori con le unghie scheggiate, cosparse di smalto bianco e rovinato. Il suo viaggio non aveva un termine, e sarebbe stato egoista affermare di star cercando la felicità, dal momento che non si aspettava minimamente di trovarla. Non la stava attendendo, la compiutezza non era l'alba.

LuxDove le storie prendono vita. Scoprilo ora